Nessun poeta sarebbe stato lì a intonare ispirati versi in metrica in onore della pietra, nessun artista su un’impalcatura avrebbe dipinto il sudore acre di questi poveri cristiani sullo sfondo dei mattoni rossi e della malta grigia, nessun compositore avrebbe accordato i propri strumenti con il moto urlante del Lavoro e il grido senza voce di quegli uomini in tuta.
Scrive così Pietro Di Donato in Cristo fra i muratori, che nel 1939 vinse il premio Pulitzer con questo libro, che definire bello è riduttivo.
Chi era Pietro di Donato? Un immigrato, un muratore, prestato alla letteratura, nato nel 1911 in America da genitori abruzzesi. Il padre muore sul cantiere, quando ha poco più di dodici anni e lui per mantenere la famiglia prenderà il suo posto, come il protagonista del suo libro. Di Donato è poco più di un autodidatta, ma la sua curiosità e intelligenza lo faranno diventare padrone di una prosa davvero eccellente.
Sono parole le sue che odorano di sudore, di malta, di sangue e di morte. T’investono impietose, mentre gli occhi voraci inseguono la storia appassionata e appassionante.
Edito da ReaderforBlind, casa editrice di Ladispoli, fondata dai temerari Adria Bonanno, Valerio Valentini e Dario Antimi, già nota al nostro blog per essere una scopritrice di grandi autori dimenticati, da questa cultura sciatta e distratta.
La prefazione è stata curata da Sandro Bonvissuto, scrittore romano.
I ponteggi non sono sicuri perché i ricchi devono sempre trovare un modo per guadagnare di più
Il telegiornale tutti i giorni elenca i morti sul lavoro, dovuti per lo più alla mancanza o inattivazione dei dispositivi di sicurezza, che siano stati schiacciati nelle presse o volati giù da un ponteggio, che siano stati travolti da macchinari impazziti o sfracellati sulle strade di città, non è importante quanto l’assurdità dell’ossimoro di morire per vivere.
Il sistema consumistico/capitalistico occidentale è da anni in forte recessione economica. Logica conseguenza sembrano essere le guerre, le carestie e quella in Ucraina, dopo la pandemia, non sta facendo altro che peggiorare la situazione. L’odore del regresso sta erodendo giorno dopo giorno le conquiste, ottenute nei luoghi di lavoro dalle lotte dei lavoratori, e forse proprio per questo il libro di Di Donato è drammaticamente attuale e i personaggi sono fratelli e sorelle, volti che ci camminano accanto, storie che ci corrono dentro.
Nell’America del 1923, quando Paul italoamericano si affaccia al mondo del lavoro, gli italiani erano manodopera da sfruttare, scarsamente considerati. Sarà in questa realtà di soprusi e di riscatti, che la fede, acquisita nei lontani paesi dell’Abruzzo, si fa speranza e sostegno. Cristo è un compagno di cantiere, è tra quelle mani callose e brutte che spezza il pane. Sono gli occhi, gonfi di speranze dei reietti, fuggiti alla miseria delle loro terre aride, gli stessi che negli anni del nostro secondo e fasullo boom degli anni a cavallo fra il 1980 e il 1990 hanno visto arrivare nei nostri territori rumeni, africani, albanesi, russi, ucraini, filippini, pachistani.
Siete nati nel peccato, le rispondevano i muri. Siete nati nel peccato, diceva il buio. Nati nel peccato, diceva l’aria. Nati nel peccato, diceva la paura.
La condizione della fatica, della paura, dello sfruttamento è vissuta come un peccato, una condizione di eterno supplizio, nel quale vivono gli ultimi della terra, che nella preghiera, nell’affidarsi trovano la quiete della speranza, che spesso si rivela fallace e complice del potere.
Fissando il crocefisso, Annunziata si stringeva il cuore.
«Non viviamo e soffriamo invano, e una ricompensa ci attende…»
«Voglio giustizia qui! Voglio felicità qui! Voglio la vita qui!»
Questo dialogo tra madre e figlio, sofferto, concitato, pieno di rabbia del figlio, nato e cresciuto troppo in fretta in un mondo, che macina vite umane come grano, verso la religiosità ottusa della madre, nata e cresciuta in una terra di contadini e povera come l’Abruzzo dei primi del Novecento.
Tutto il libro è animato da un ritmo forte, fatto di dialoghi, descrizioni e tanta poesia.
Incontriamo Sandro Bonvissuto, un amico oltre che un ottimo scrittore, e Valerio Valentini come portavoce della casa editrice.
Silvia: Ho letto la prefazione che hai scritto per questo libro e devo farti i complimenti per l’intensità, che mi ha ricordato il Prologo delle tragedie greche. Quanto della tua storia di scrittore lavoratore, che con fatica e sudore coltiva la buona letteratura, hai rivissuto leggendo Cristo fra i muratori di Pietro di Donato?
Sandro: Nella vita ognuno si sceglie i maestri che vuole; la scrittura, una volta messa su carta, non può sapere in quale libreria finirà, ma chi legge può decidere chi e cosa leggere. Tutto questo per dire che Di Donato, per me, è l’esempio più grande che esista, unico esemplare del suo genere, scrittore prodigioso, e lavoratore totalmente normale e integrato con i suoi simili. Un genio letterario, considerando la forma sintattica e la sostanza che ha impresso al suo romanzo, ma individuo calato nella vita del cantiere senza ombra di finzione. La storia di Di Donato non ha eguali. Una figura umanamente vicina a noi eppure circondata dalla leggenda, che riesce nel miracolo di raccontare il verismo e sublimarlo nel mito. Perché lui stesso è così, un manovale che contiene dentro al suo interno uno scrittore, umiltà e vocazione letteraria nello stesso corpo. Un santo della scrittura.
Silvia: Mi ha molto colpito l’incipit della tua prefazione:
Si dice che quando perdi un genitore da bambino e resti orfano, diventi subito adulto. Ma non è vero […] perché quando ti muore mamma e papà da piccolo poi resti sempre bambino, e non cresci più. […]
Mia madre si è ammalata e praticamente ha smesso i suoi panni di madre, che avevo otto anni e questa tua frase mi ha aperto molti ragionamenti. Perché ritieni che questo bambino, catapultato nel mondo degli adulti, sia in fondo rimasto sempre bambino? Eppure nella costruzione della sua esistenza dimostra una maturità commovente.
Sandro: Ma i bambini sanno averla la maturità, la responsabilità, la dirittura morale, sono gli adulti ad essere corrotti. Per questo i più piccoli sono così facilmente vittime del lavoro e dello sfruttamento capitalista, perché sono soldatini buoni. Il bambino è erroneamente considerato un inesperto della vita, e ogni cosa che appartiene all’infanzia la consideriamo infantile nel senso deteriore del termine. Ma il fanciullo conosce la vita molto meglio di noi che siamo piedi di sovrastrutture mentali e culturali. Il bimbo che ci abita dentro vive con noi da più tempo dell’adulto maturo che siamo, e in realtà è proprio il bambino la parte più anziana e più antica di noi. Quando parla lui parla il pezzo più autorevole e puro della nostra anima. Solo per questo dovremmo ascoltare solamente questa creatura interiore, perché difficilmente si sbaglia.
Silvia: Sono tante le frasi che mi sono sottolineata del tuo pezzo. Si percepisce il battito del cuore, il tarlo che corrode il pensiero di chiunque sbatte contro la cruda realtà della vita.
Di Donato ha scoperto che il lavoro salariato, nelle moderne democrazie capitaliste, è la morte inclusa già nella vita…
E in un mondo dove dio è fasullo, agli uomini non resta che Cristo
Al giorno d’oggi, con tutte queste morti sul lavoro, siamo ritornati indietro e forse è solo l’inizio, vista la recessione economica che erode diritti e libertà oltre alla dignità del lavoro e del salario. Se come tu dici a Di Donato lo ha salvato la scrittura, che ai suoi tempi aveva un valore e aveva molti occhi che leggevano. Per te oggi come scrittore, per noi come appassionati e lavoratori, ci salverà un Cristo?
Sandro: Non credo, perché Cristo siamo noi, e purtroppo, o per fortuna, bisogna salvarsi da soli. E in più, aiutare qualcuno attorno a noi a salvarsi a sua volta. La vita è bella e spietata, e in questo circo noi siamo le vittime e anche i salvatori. Prendi il caso di Di Donato: è stato ai vertici della società letteraria americana, poi è decaduto. In quel momento il muratore ha salvato lo scrittore. E così poi lo scrittore ha ricambiato la cortesia al manovale, rendendo la sua opera e il suo nome immortali nel tempo. Oggi bisogna sdoppiarsi, è necessario saper cantare e portare la croce. Dare fondo a tutto quello che siamo, per campare la vita e sfidare la morte ogni giorno, a testa alta, come gli operai e i muratori a inizio turno; tutti sanno che alla fine della settimana qualcuno sarà morto, ma bisogna lo stesso avere coraggio, per dare conforto agli altri. La morte ha paura dei coraggiosi. La morte è vile, la vita è eroica. Anche nell’umiliazione del cantiere. Anzi, nel cantiere sembra splendere ancora di più.
Silvia: Grazie Sandro per il contributo e passo la parola a Valerio.
È doveroso ringraziare la Rdb per avermi fatto conoscere questo libro, che mi ha lasciato senza parole e molti pensieri. Raccontaci, com’è nata l’idea di ristampare Di Donato, visto che come per Pia Rimini, altra superba scrittrice da voi ristampata, anche per Cristo fra i muratori era calato il sipario dell’obblio.
Valerio: La scintilla scattata con Cristo fra i muratori (ma in realtà con tutta l’opera di Di Donato) ha radici molto lunghe, Erano diversi anni che con Adria Bonanno lavoravamo alla riscoperta e alla ripubblicazione di Pietro Di Donato, prima come testo inserito in una collana poi quando abbiamo fondato Readerforblind. In realtà sarebbe dovuto essere il primo testo della collana le polveri ma più per inesperienza, difficoltà nell’acquisizione dei diritti all’estero e infine per i tempi lunghi ma necessari affinché la nuova, integrale e inedita versione di Cristo fra i muratori, uscisse in libreria , si sono allungati di circa un anno, anno che, però, ci è servito sia per fare esperienza, sia per reintrodurre, uno stratosferico autore (ancora attuale) che purtroppo era stato totalmente dimenticato. E siamo fieri di averlo riportato noi in Italia.
Silvia: Durante la presentazione, presso la libreria Scritti e Manoscritti di Ladispoli del 1° Maggio, hai raccontato le avventure per ottenere il permesso di procedere nella ristampa. Puoi raccontarle brevemente ai nostri lettori?
Valerio: La difficoltà principale è stata l’ostacolo della lingua con gli eredi di Di Donato, durante le varie riunioni, tenutesi via Skype, le difficoltà di comprensione hanno allungato i tempi anche, e soprattutto, per la fiducia, che si doveva instaurare con gli stessi. Purtroppo gli eredi erano “scottati” da varie vicissitudini che avevano visto questo testo sfortunato in Italia: dalla traduzione incompleta e vetusta, dalla distribuzione che il testo non aveva avuto, alla mancanza di rilievo a livello nazionale. Sono stati mesi di trattative lunghe in cui abbiamo dovuto e voluto dimostrare che il nostro progetto e la nostra casa editrice ha aspirazioni alte e che avremmo trattato quest’opera con tutto l’amore, la passione e l’impegno che meritava e che merita. Credo che tutti gli articoli su le testate nazionali e giornali importanti lo stiano dimostrando appieno.
Silvia: Volutamente ho solo accennato alla vita di Pietro Di Donato, soprattutto alle sue persecuzioni politiche, in quanto comunista nell’America di Sacco e Vanzetti, per lasciare a te questo onore, visto che insieme ad Adria e Dario avete fatto una scrupolosa ricerca.
Valerio: Pietro Di Donato è stato un proletario e un operaio, un uomo che ha saputo per tutta la sua vita cosa voleva dire lavorare con sangue e il sudore e rischiare la vita tutti i giorni, non solo per pochi soldi, per il lavoro ma per la vita stessa. Sapeva quanto il capitalismo creava, ogni giorno, nuovi schiavi e quanto le comunità e le persone potevano e facevano una nazione. Non i soldi, non la politica ma il popolo. Per questo Pietro Di Donato è stato un uomo scomodo in patria (con le censure e l’oscurantismo) e all’estero (nella terra del capitalismo più spietato) Pietro Di Donato è stato il primo fra gli ultimi, l’ultimo di una generazione che stava sparendo sotto le macerie del capitale. Un comunista che, senza accorgersene in vita, ha spiattellato in faccia al mondo (letterario e non solo) quanto il sacrificio degli uomini può essere croce.
Ringraziamo questi giovani e coraggiosi editori, per il loro prezioso lavoro del quale torneremo a parlare.
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