Non dimenticatevi di lui

Giuseppe Guidi Concerto Domingo Simoni de Croubelis

Nell’anno del Signore millesettecentoottantaequalcosa, in una notte che esigenze drammatiche ci spingono ad immaginare buia e tempestosa, un tizio giunge a Copenaghen. Sarebbe qui opportuno il fornirvi una seppur sommaria descrizione dei suoi tratti somatici, un accenno alla sua età e alle cause che l’abbiano spinto sin qui dalla terra natìa (qualunque essa sia stata), ma, i lettori non se n’abbiano a male, nessuna di queste informazioni è disponibile: come avrete certo notato, nemmeno l’anno del suo arrivo in quel di Danimarca è certo. Su questo signor nessuno abbiamo solo due informazioni, e queste ve le dico con piacere: il suo nome è (più o meno) Domingo Simoni Dall Croubelis, la sua professione è quella di musicista.

Se volessimo usare un’espressione un po’ abusata, ma sempre buona, diremmo che la vita di Croubelis fino al suo arrivo in Danimarca è avvolta nell’ombra. Un’unica, fioca luce è data da tre piccole raccolte di musica da ballo da lui pubblicate ad Amsterdam (probabilmente intorno agli anni ’50) il cui frontespizio definisce il nostro eroe «maestro di musica e di danza». Poi basta.

Croubelis ricompare in Danimarca una trentina d’anni dopo: il manoscritto dell’unica sua composizione datata riporta, oltre alla firma, la dicitura «à Coppenhage, le 16 May 1785». Quando sia arrivato lì e perché, sono evidentemente fattacci suoi. Da questo momento, invece, i manoscritti delle sue composizioni ci aiutano parecchio, e possiamo sapere con una certa approssimazione cos’abbia combinato il buon Simoni in un paese che ai tempi rappresentava per il panorama internazionale dei compositori famosi ciò che l’isola di Bora Bora rappresenta in quello della produzione delle racchette da neve.

Croubelis ha la fortuna d’incappare in (fate un bel respiro) Werner Hans Rudolph Rosenkrantz Giedde, ciambellano alla corte danese e responsabile della sua orchestra, nonché flautista dilettante. Al signor ciambellano evidentemente la sua musica piace, e il nostro uomo non lesina inchiostro per fornirgliene in quantità. Le composizioni di Croubelis (per quel che ne sappiamo, mai pubblicate durante la sua vita) riposano oggi in una bella collezione di manoscritti della Biblioteca Reale Danese: nessuna di esse è stata incisa su cd, poche sono state pubblicate in questi ultimi anni, pochissime eseguite in concerto. Ma basta sfogliare quelle vecchie pagine per capire che, anche se della sua vita non si sa quasi nulla, il signor Domingo Simoni doveva essere senz’altro un tipo particolare.

Evaristo Baschenis, Natura morta con strumenti musicali
Evaristo Baschenis, Natura morta con strumenti musicali

Per prima cosa, il suo nome. Il suo nome è anch’esso un problema.

Le partiture che portano il nome di Croubelis sono circa un centinaio, quasi certamente vergate di suo pugno, e sebbene la grafia prevalente sia quella di Simoni Dall Croubelis il nostro non manca di firmarsi anche Croebelis, Simono Dal Croubelis, Sig.r Dominique Antoine, Dominique Simoni de Croubelis, Le Sieur d’Argent Court («il signor Senzaquattrini»).

Sul frontespizio di una partitura si definisce pomposamente «Maitre de la Chapelle de Monseigneur Nisni Novgorod & Silingensky» (curandosi poco del fatto che Nižnij Novgorod sia una città e non un Monseigneur), su quello di un’altra «Maitre de Chapelle de Silenskij & Dinisni Novogorod au Service de sa Majesté l’emperatrice de toutes les Russies. etc. etc. etc. etc. etc. etc. etc.».

Anche volendo credergli (la corte russa vantava effettivamente, ai tempi, un vivace ambiente musicale animato anche da compositori stranieri), i sette «etc.» ci permettono quantomeno di dubitare che ci stia un po’ prendendo per i fondelli. Tra le sue composizioni figurano una stramba Symphonie Chinoise e una Dans le Gout Asiatique. Un altro frontespizio, quello di un quartetto, riporta sotto il titolo una breve linea di canto scarabocchiata da Croubelis il cui testo, approssimativamente tradotto dal francese, recita: «Signor Ciambellano, io sono con tutto il cuore il vostro servo Simoni, che se ne va per non bisticciare. Ma, allo stesso tempo, voi ridete di lui a denti stretti»[1].

Dopo alcuni anni di carriera in Danimarca, Croubelis uscì di scena come ci era entrato: in punta di piedi. Senza scarpe. Con le pattine. Un censimento del 1787 riporta il suo nome, fornendoci gli unici ritagli della sua vita privata di cui possiamo disporre. In esso si cita un Dominique Simono Compositeur ved Musiquen di 60 anni (un piccolo appiglio che ci permette di inferire con un po’ di approssimazione la sua data di nascita), sposato con una Chanel Simono di vent’anni più giovane che gli ha dato un figlio, Jean, di 8 anni.

Cleto Luzzi, La musica toccò il mio cuore
Cleto Luzzi, La musica toccò il mio cuore

Un altro più tetro registro, quello dei decessi conservato nella chiesa di San Pietro, cita la figlioletta treenne di un Dominique Simonaux Catoliquen und Musicus, uccisa dal vaiolo nel febbraio di quello stesso anno. Per quanti giorni, mesi o anni ancora dopo quella data il buon Simoni abbia potuto spirare l’aure vitali, non ci è dato saperlo.

A questo punto, giunti alla fine della storia, l’accorto lettore potrà chiedersi: che senso ha ricordarsi di Croubelis? La sua musica è graziosa, curiosa e piacevole, ma non è certo l’opera di un genio. È musica scritta nel consueto stile dell’epoca, non ha influenzato nessun grande e, forse, nessun piccolo compositore e non ha avuto forza sufficiente per sopravvivere al suo autore. Perché, allora, dovremmo parlarne ancora?

Perché, signori miei, negli anni in cui l’Austria applaudiva Mozart, la corte danese applaudiva Croubelis. Perché, nel grande libro della Storia della Musica, i grandi compositori danno il titolo ai capitoli, ma i piccoli ne scrivono i paragrafi. Croubelis non ebbe la pretesa di scrivere musica immortale, ma riuscì perfettamente nel suo intento di scrivere musica d’uso per chi gliela chiedeva: ogni composizione, ogni brano, ogni nota che sia stata scritta nella storia è il parto dell’ingegno di un essere umano che si è messo al servizio del gusto generale della propria epoca o se n’è distaccato per seguirne uno proprio.

E voi pensatela come volete, ma a me questo basta perché nei meandri della mia memoria io mi senta di poter regalare uno spazietto anche a Domingo Simoni, maestro di ballo ad Amsterdam, servitore umilissimo di un ciambellano melomane in Danimarca, maestro di cappella di una corte russa che non sappiamo se davvero vide mai[2].

 

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In copertina: Giuseppe Guidi, Concerto, 1881

Federico Franchin
Federico Franchin

Sono nato a Monza nel 1991 e vivo a Milano. Ho una spiccata tendenza a occuparmi di scrittori e musicisti giudicati minori o semisconosciuti, perché seriamente convinto che anche a loro faccia piacere sentir pronunciare il proprio nome, ogni tanto.