Era il 26 novembre 2016, quasi 7 anni fa, quando usciva qui sul blog Storie Sepolte la mia prima recensione, in cui raccontavo di un libro che ho amato molto, Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal. A quella prima recensione ne sono seguite molte altre, che mi hanno dato la possibilità di scoprire autori ed esplorare nuovi generi. E oggi, con cinquanta articoli alle spalle, posso affermare con certezza che le saghe familiari sono il genere che in assoluto mi entusiasma di più.
I motivi sono molteplici: mi affascina l’esplorazione dei rapporti ingarbugliati e del loro evolversi, ma ancor di più l’approfondimento dei cambiamenti storici e sociali tramite l’impatto che questi ultimi hanno sulle vite dei personaggi. Il continuo intrecciarsi tra le vicende storiche e la quotidianità degli eventi rende la lettura interessante e alimenta costantemente la curiosità per i destini dei personaggi, che si imparano a conoscere pagina dopo pagina, anche grazie alle loro minuziose descrizioni. Credo che il successo di questo tipo di romanzo sia largamente dovuto alla facilità dell’identificazione con i protagonisti e con le loro azioni, essendo la narrazione focalizzata sulla vita quotidiana, le piccole gioie, gli inevitabili screzi e tutto lo spettro dei sentimenti.
Ma facciamo un passo indietro e ripartiamo dalla definizione: “una saga familiare è un genere letterario che narra le vicissitudini di una o più famiglie interconnesse tra di loro in un dato contesto storico”. A primo impatto, molti associano le saghe familiari a drammi amorosi e romanzi rosa, ma questo genere include anche capisaldi della letteratura quali I Malavoglia di Verga, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Lessico Famigliare di Natalia Ginzburg o Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez.
La casa editrice Fazi si distingue per la pubblicazione di celebri saghe familiari, avendo curato negli scorsi anni le edizioni italiane de La saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard, ambientata nella prima metà del Novecento, La saga degli Aubrey di Rebecca West, che racconta di una famiglia fuori dal comune nella Londra di fine Ottocento, e Figlie di una nuova era di Carmen Korn, il racconto delle vite di quattro donne che attraversano due guerre mondiali. Non stupisce quindi che sia proprio la Fazi a pubblicare la saga in due volumi di Carmen Korn di cui vi parlerò oggi.
Le vicende narrate nel primo volume, Quando il mondo era giovane, prendono avvio nel 1950. Tre sono le famiglie protagoniste, una a Sanremo, una ad Amburgo e una a Colonia, connesse da parentela o amicizia.
Siamo nella fase di ricostruzione e ripartenza a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Le macerie sono ovunque e le conseguenze emotive si trascineranno a lungo negli animi dei nostri personaggi. D’altra parte, c’è però l’auspicio e la speranza per un nuovo decennio di pace. Gli edifici iniziano ad essere ricostruiti, i fori di proiettile coperti, e passeggiare tra le strade di Colonia comincia nuovamente ad essere piacevole.
Gli strascichi della storia si riversano sulle tre famiglie: c’è chi è stato esiliato, chi ha dovuto assistere a massacri di innocenti, chi è stato ferito irrimediabilmente. I segni psicologici e fisici sono indelebili. Eppure, ogni personaggio trova il suo personale modo di andare avanti, che sia rifugiandosi negli affetti o cambiando città per lasciarsi alle spalle i terribili ricordi.
Il secondo volume, Tra l’oggi e il domani, prende avvio nel 1960 ed è ambientato nel decennio successivo. Nelle città tedesche convivono ancora strade dilaniate con aree sottoposte a una caotica ricostruzione.
Era sera quando accesero il televisore. Agenti della Volkspolizei che spostavano betoniere e rotoli di filo spinato, fermate della metropolitana chiuse, facce sconvolte alle finestre e ai balconi. Ceste di roba di ogni genere che venivano portate in fretta e furia dall’Est all’Ovest. Videro il sindaco di Berlino, Willy Brandt, ma Adenauer, il cancelliere, si teneva ancora alla larga.
Anche in questa seconda parte si susseguono pezzi di storia: la rinascita delle città, la costruzione del muro di Berlino, l’esondazione del fiume Elba ad Amburgo, il Festival della Canzone a Sanremo alle sue prime edizioni (la prima fu nel 1951).
All’inizio del romanzo si trova l’albero genealogico che riassume tutti i nomi e le relazioni tra i protagonisti. Nei romanzi familiari capita talvolta di avere decisamente troppi personaggi e vicissitudini, e di perdervisi durante la lettura. In questo caso invece i personaggi non sono troppi, e sono talmente ben caratterizzati da rimanere impressi. Ciò è anche merito del modo inusuale in cui Carmen Korn alterna le varie storie, non dedicando un capitolo a ciascuna famiglia, ma solo un paio di pagine.
Ogni due o tre pagine cambia quindi la famiglia di cui sta narrando, così da far procedere le vicende a Sanremo, Colonia ed Amburgo in modo sincrono. Ho trovato questo espediente decisamente utile sia per il suo impatto sul ritmo narrativo, sia perché consente di non perdere mai di vista i personaggi. Così facendo l’autrice riesce inoltre a interrompere ogni micro-capitolo lasciando un senso di suspense, che invoglia a procedere per scoprire il seguito.
Mi sento dunque di consigliare questa dilogia agli appassionati delle saghe familiari, a chi sia curioso di scoprire questo genere e a chi non sia intimorito dall’affrontare quasi mille pagine (in totale!) perdendosi nei dialoghi, negli sprazzi di Storia e nelle attorcigliate dinamiche familiari.
In copertina: Coby Whitmore (1913-1988) Illustrazione