Quando Jerome mandò tre uomini a zonzo in Germania

Caspar David Friedrich

Tre uomini… – “…e una gamba!” – direte voi in coro, insieme alla maggior parte degli italiani. È vero sì, ma prima che il trio di Aldo, Giovanni e Giacomo realizzasse il film di culto del 1997, c’era già un altro titolo che cominciava con queste due parole e che era famoso in tutto il mondo: Tre uomini in barca (per non parlar del cane) di Jerome K. Jerome, pubblicato nel lontano 1889 e ambientato sul Tamigi. Un fulgido esempio del miglior humor britannico, un libricino che ancora oggi fa ridere migliaia di lettori e che, se non l’avete mai sfogliato, vi invito a prendere in mano questa estate perché è proprio la lettura perfetta per chi è in cerca di svago.

Dopo l’enorme successo del suo primo romanzo, che consentì anche all’autore di ottenere finalmente la tanto agognata stabilità economica, Jerome pochi anni dopo riprende i suoi tre personaggi (questa volta senza il cane però) e li spedisce a fare i turisti in Germania: esce così nel 1900 Tre uomini a zonzo, basato sulle impressioni ricavate da un breve viaggio che egli stesso aveva compiuto. Il titolo originale è Three Men on the Bummel e la parola tedesca presente nel titolo viene spiegata ai lettori proprio a conclusione del libro:

Un Bummel – spiegai – potrei definirlo come un viaggio, lungo o breve che sia, senza una meta precisa. L’unica caratteristica che ha è quella per cui, alla fine, ci si ritrova al punto di partenza. Si può viaggiare per le strade affollate di una città, attraversare campagne o percorrere sentieri; può durare poche ore o pochi giorni. Ma, indipendentemente dalla durata o dai luoghi che si visitano, i nostri pensieri sono sempre dedicati al tempo che scorre. Sorridiamo o facciamo cenni di saluto alla gente che incontriamo; con alcune persone ci fermiamo a scambiare qualche parola, con altre ci accompagniamo per brevi tratti. Abbiamo visto molte cose interessanti e spesso ci siamo sentiti un po’ stanchi. Ma, nel complesso, è stato un giro piacevole e ci dispiace che sia finito[1].

Caspar David Friedrich, Paesaggio con arcobaleno, 1810
Caspar David Friedrich, Paesaggio con arcobaleno, 1810, olio su tela.

Non lasciatevi trarre in inganno da questa chiusa quasi filosofica, il romanzo presenta lo stesso stile del suo famoso predecessore e sebbene abbia avuto un po’ meno successo, garantisco che è altrettanto divertente. La vena comica di Jerome emerge soprattutto nella prima metà del libro, ovvero l’ideazione e la preparazione del viaggio da parte dei tre amici George, Harris e J. (il quale narra la vicenda in prima persona), dove troverete situazioni paradossali e personaggi assurdi che a più di un secolo di distanza non hanno perso la loro irresistibile comicità.

Three Men on the Bummel è conosciuto anche con il titolo Three Men on Wheels, dato che il viaggio progettato consiste appunto in un giro in bicicletta della Germania, per l’esattezza utilizzando una bici e un tandem. I protagonisti osservano e giudicano lo stile di vita tedesco dal loro punto di vista britannico, e riscontrano quelle peculiarità e caratteristiche tipiche che ritroviamo ancora oggi negli stereotipi e nelle barzellette; ogni descrizione dei paesaggi, della cultura, del cibo e della lingua diventa materia di un riso bonario e impertinente. Solo un capitolo assume toni più seri e cupi, quello in cui si assiste alla pratica del Mensur, un duello fra studenti universitari il cui scopo è ottenere più cicatrici possibili per dimostrare il proprio valore.

In questa seconda parte del romanzo Jerome inserisce anche alcuni commenti che letti a distanza di tempo, con la consapevolezza di ciò che avvenne, risultano persino profetici. Provo sempre una strana e inspiegabile sensazione quando un autore riesce a intuire qualcosa del futuro: non parlo di divinazione certamente, ma di quella particolare sensibilità artistica che allarga lo sguardo e consente di cogliere elementi che conducono a riflessioni di profonda portata.

“Il senso del dovere è alla base di ogni insegnamento: si tratta certamente di un valore che ogni altro popolo potrebbe condividere ma, prima di assumerlo come contenuto dell’insegnamento, sarebbe bene avere un’idea precisa di quale tipo di dovere si tratta. L’idea del dovere che hanno i tedeschi sembra che sia qualcosa come ‘obbedienza cieca a qualunque uniforme’. […] Sino a ora il tedesco ha avuto la fortuna di essere governato in modo eccellente: se questo stato di cose continuerà, sarà un bene per lui. I guai cominceranno quando, per qualche motivo, qualcosa nella macchina statale non funzionerà al meglio[2]”.

Georg Mülberg, Mensur tra studenti tedeschi, 1900. lL mensur era una pratica di duello menzionata in tre uomini a zonzo
Georg Mülberg, Mensur tra studenti tedeschi, 1900, olio su tela.

Non ho intenzione di generalizzare, il discorso è molto più ampio e complesso, ma è evidente come queste parole si adattino a ciò che avvenne in Germania più di trent’anni dopo la pubblicazione di questo libro ed esprimono un concetto che si avvicina alla “banalità del male” teorizzata da Hannah Arendt. Forse è anche per questo motivo che questo sequel non ha avuto tanto successo quanto il primo libro, perché con il passare dei decenni costringeva a riflettere su una realtà sempre più scomoda e perdeva la funzione di leggero passatempo.

Jerome è attento a tutti gli aspetti della società che osserva e mi hanno colpita le sue riflessioni sul ruolo della donna, in un’epoca in cui le prime battaglie femministe cominciavano a farsi sentire:

Ma, se cominciasse a rendersi conto che il destino di una donna non è quello di sacrificare tutta la propria esistenza alla gestione della casa, come non è destino dell’uomo trasformarsi in una macchina per fare soldi; se nascesse in lei l’ambizione di partecipare alla vita sociale e politica, allora l’influenza di una compagna del genere, sana di corpo e quindi vigorosa di mente, si farebbe sentire e porterebbe anche molto lontano[3].

Il Bummel di Jerome è dunque un divertissement solo all’apparenza, ma si presta anche a un piano di lettura più interessante e approfondito, che merita di essere riscoperto per il suo sguardo lucido e attuale.

 

Leggi tutti i nostri articoli sulla letteratura


In copertina: Caspar David Friedrich, Mattina, 1821, olio su tela, Lower Saxony State Museum, Hanover, Germania. 

Erica Rinaldi
Erica Maria Rinaldi

Classe 1993, sono cresciuta a Novara dove ho frequentato il liceo classico, poi mi sono trasferita a Pavia per studiare Lettere e mi sono laureata in Filologia Moderna con una tesi su Mario Pomilio; amo leggere (ovviamente, sennò che ci starei a fare qui), mangiare, vedere film e quando possibile spettacoli teatrali, fare sport ed essere estremamente pigra a fasi alterne. Il mio motto: Il mondo è bello perché è vario!