jova beach party

Musica e natura, quando l’uomo le fa litigare

La musica e l’ambiente naturale sono ciò che di più maestoso la vita può donarci per rendere i momenti dell’esistenza ricchi di emozioni. Due entità tanto diverse ma simili nel ritmo: così come un suono diventa musica se articolato in pause e tonalità, la natura definisce cadenze e mutamenti in base al tempo, allo spazio, alle relazioni che le forme vitali in essa inserite definiscono. La musica esiste grazie alla natura così come i musicisti in quanto gli esseri umani esistono grazie ad essa, eppure negli ultimi decenni sembra che ci sia un particolare disprezzo, o meglio, un fraintendimento, nei confronti di questo dono speciale che ci è stato dato.

Il Jova Beach Party è solo l’ultima questione emersa a riguardo, ma percorrendo la storia degli ultimi trenta, quarant’anni possiamo delineare un quadro generale della situazione. Come ci spiega già Mirco Calvano in un articolo di iCompany del febbraio scorso, organizzare un concerto ha un impatto sull’ambiente a prescindere dal livello di attenzione posto alla questione. A cominciare dall’inquinamento sonoro per passare ai rifiuti prodotti durante la serata dall’ingente numero di spettatori, che durante il momento di estasi nel seguire con anima e corpo i propri idoli, poco pensano a dove riporre la lattina e la bottiglietta della bevanda appena finita.

Pensiamo al concerto dei Pink Floyd del 1989 organizzato in laguna a Venezia: oltre ad un’installazione non propriamente semplice da ottenere a livello tecnico (palco e attrezzature sono state poste su una chiatta galleggiante) piazza San Marco ha avuto serie difficoltà a contenere una folla impressionante di spettatori quale era, proprio perché il promoter Fran Tomasi aveva scelto di rendere l’evento gratuito per concludere il tour della band con una data italiana. Quando il pubblicò rincasò e la band si incamminò per il ritorno in Inghilterra, Venezia rimase con il volto stanco e sporco.

Le opere di pulizia furono intense e laboriose, anche per la poca organizzazione a monte a livello di igiene e sicurezza. Il giorno successivo al concerto il Gazzettino di Venezia propose una prima pagina su cui dominava la scritta “Mai più così” con lo sfondo di piazza San Marco ricoperta di rifiuti ed escrementi. Significativa parentesi in cui interessi economici e politici hanno portato musica e ambiente verso lo scontro.

Gazzettino venezia concerto pink floyd

Molto più recentemente, come si diceva, ha acceso dibattiti la questione del tour di Jovanotti organizzato sulle spiagge italiane. Analizzando il web troviamo davvero molte sfumature sulla questione. Appare evidente che la moltitudine di punti di vista può confondere il giudizio del comune lettore che scorre social network, siti, riviste, giornali, ponendolo in difficoltà nel distinguere ciò che è vero da ciò che è falso.

Testate giornalistiche che trovano assurdo cancellare concerti per qualche sprazzo di fauna e flora presente nelle zone limitrofe o altre che definiscono l’evento totalmente sostenibile; associazioni ambientaliste che minimizzano i danni, altre profondamente realiste, altre ancora dai toni allarmanti, tanto da entrare in contrasto. Ne abbiamo esempio leggendo su Facebook il post di WWF Italia a cui prontamente risponde la Lipu in un commento. Definire l’evento ripetendo alcune frasi (in inglese perché, si sa, è una lingua smart) come Plastic Free, Green e via discorrendo non pone davvero l’accento sulle priorità da affrontare.

LIPU

La questione profonda stanzia nel modo in cui l’uomo pensa all’ambiente. Se facessimo il gioco delle associazioni mentali molti a questa parola risponderebbero di getto “turismo” o “divertimento”, ed è qui il problema. L’ambiente non sta aspettando il nostro passaggio, la nostra impronta dettata dal “fare esperienze”, dallo sperimentare ogni emozione possibile. La natura non vuole essere esperita, vuole essere luogo accogliente per ogni forma di vita.

Aspetto cruciale è la sovrabbondanza di informazioni che la nostra epoca è in grado di contenere, legata alla scarsa qualità delle informazioni stesse. Soprattutto riferendoci ai problemi ecologici, i dati a nostra disposizione sono vari e talvolta nebulosi: esprimono punti di vista e sfuggono all’oggettività, oppure definiscono complesse questioni senza fonti certe o volutamente false.

Riguardo il tour estivo di Jovanotti le notizie prolificano giorno dopo giorno, ma per contenere il discorso prendiamo un solo esempio. Leggiamo un esposto del 7 luglio 2019 scritto da AsOER (Associazione Ornitologi Emilia Romagna), Italia Nostra, Lipu, Legambiente riguardo la data del 10 luglio del Jova Beach Party a Rimini e Riccione, per la tutela di quattro pulcini di fratino (Charadrius alexandrinus), in cui vengono spiegate approfonditamente le ragioni della preoccupazione delle associazioni nei confronti di questa specie di cui in Emilia-Romagna rimangono trenta, quaranta coppie, un decimo rispetto agli anni Ottanta.

Prontamente l’organizzazione del concerto ha riferito di monitorare la zona di nidificazione attraverso volontari, infine l’11 luglio AsOER ha comunicato che uno dei pulcini è morto per cause da accertare, i restanti sono sopravvissuti e hanno intrapreso i primi brevi voli. Il monitoraggio è avvenuto solo nel giorno del concerto, durante il montaggio e lo smontaggio purtroppo l’osservazione delle aree interessante non è stata garantita. Dopo tutto ciò possiamo leggere sul sito de “Il Foglio” un articolo di Antonio Pascale in cui da un iniziale tono ironico prosegue definendo il contesto intriso di «purezza ambientale».

Foto aerea del concerto di Rimini (credits: Corriere Romagna)
Foto aerea del concerto di Rimini (credits: Corriere Romagna)

Il problema in realtà è molto più ampio del caso delle famiglie di fratino disturbate dal tour di Jovanotti, se pensiamo all’impatto ambientale che eventi di tale portata possono avere. Il comunicato stampa del 17 luglio di cinque associazioni ornitologiche descrive un quadro esaustivo: «Le direttive comunitarie 43/92/CE “Habitat” e 147/2009/CE “Uccelli” nonché le convenzioni di Bonn e Berna vietano espressamente il disturbo delle specie protette» e ancora «La costa e le sue spiagge sono oggetto di specifica tutela paesaggistica in base al D.lgs.42/2004 “Testo Unico dei Beni Culturali”, che ha conosciuto una pesantissima trasformazione negli ultimi decenni e continua a subire una pressione del tutto insostenibile».

Dunque, tornado alla questione etica che sta sopra ogni altro avvenimento più o meno recente, l’utopica proposta è tacere per un attimo il nostro vociferare continuo, il nostro polemizzare qualsiasi frase con altre ugualmente contestabili, mettere in pausa il nostro passaggio sulla Terra per ascoltare il silenzio e i suoni che esso contiene: potremmo accorgerci che musica e natura vivono in perfetta armonia. La cultura ci insegna di poter dare il nostro contributo attraverso strumenti musicali e le loro melodie, come già da secoli facciamo, per questo è opportuno legare le nostre azioni al rispetto. Molti artisti si impegnano già in questo, lo stesso dovrebbero fare gli spettatori e ancor di più i politici.

Una semplice e concreta proposta è di proseguire i concerti all’interno di teatri, palazzetti, stadi indoor, dove l’acustica è certamente stupefacente e l’organizzazione può essere di certo maggiore su tutti i fronti.

Propongo dunque una riflessione. Saremmo in grado di scegliere consapevolmente cosa è meglio, anteponendo alla nostra distorta voglia di benessere il vero benessere basato sull’equilibrio degli ecosistemi che solo la specie umana ha la capacità di alterare? Saremmo obiettivi se si trattasse della nostra band preferita?

Ogni prodotto umano riferibile all’arte ha il diritto e il dovere di esistere per il bene della cultura, a patto che il pubblico ne possa usufruire senza recare danni.

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