Spesso, leggendo i manuali di storia della musica, i lettori provano una strana sensazione di incompletezza, ma non sanno che effettivamente nel racconto che hanno di fronte esiste molto di non-detto. Storia della musica e musicologia, come discipline scientifiche e strutturate, nascono solo intorno alla metà dell’Ottocento, in ambito tedesco – dove era nata la filologia – e i criteri in base a cui si è scelto di raccontare o non raccontare eventi e storie riflettono la mentalità dei primi compilatori. Questi erano uomini della restaurazione, che esclusero dalla narrazione donne, persone non-eurodiscendenti, personaggi ritenuti “effemminati” e produzione musicale che giudicavano “inferiore”, e produssero una versione dei fatti né falsa né vera.
Nell’ineguagliata vivacità musicale occidentale occorsa fra la seconda metà del Settecento e il periodo della Restaurazione, contemporaneamente all’attività di personaggi quali Mozart, Beethoven o Schubert, esistevano invece numerose personalità musicali la cui configurazione professionale presentava caratteristiche uniche – e Montgeroult ne è un esempio lampante.
La perdita nella memoria collettiva di questi nomi non ha mai avuto a che fare con ragioni qualitative, ma con l’intento – probabilmente non programmatico – di determinare l’immagine che i posteri dovessero avere del passato[1]. La musica del periodo classico non è stata solo quella viennese, ed il gusto alla base della composizione dei lavori spagnoli, francesi, italiani, danesi o boemi, varia radicalmente – nonostante la grande fluidità stilistica data da scambi culturali costanti.
Hélène Antoinette Marie de Nervo, poi Marchesa di Montgeroult[2] (1764-1836) nasce a Lione in una famiglia della piccola nobiltà, i cui titoli erano stati acquistati da poco più di una generazione, e studia a Parigi con Nicolas-Joseph Hüllmandel, Jan Ladislav Dussek, e con buona probabilità Muzio Clementi durante il suo breve soggiorno in città nel 1780 – e forse composizione con Antonin Reicha dopo il 1807.
Osservando il suo stile compositivo e la sua filosofia pedagogica, traspare una formazione improntata sulla conoscenza tanto della musica antica quanto della contemporaneità, nella quale allo sviluppo di una buona capacità di sostenere le forme compositive e il contrappunto veniva affiancata l’esplorazione delle potenzialità del pianoforte, strumento ancora piuttosto giovane ed al quale i musicisti della generazione precedente erano approdati in seconda battuta, arrivando dal cembalismo.
Negli anni Ottanta è già attiva come virtuosa in alcuni contesti concertistici privati, come i salotti della celebre ritrattista Elisabeth Vigée-Lebrun o della rinomata Madame de Stäel[3], entrambe amiche intime, dove si esibisce in improvvisazioni solistiche e cameristiche ed ha l’occasione di collaborare con musicisti di altissima caratura – ed è probabilmente in questo periodo che inizia la sua collaborazione con Giambattista Viotti.
Lo sviluppo della musica a cavallo della Rivoluzione francese e la genesi di alcuni elementi proto-romantici, possiedono con lei numerosi collegamenti: la realtà concertistica privata, legata agli albori del concertismo pianistico, era la stessa in cui Montgeroult aveva raggiunto la fama prima dei vent’anni d’età. Fu a stretto contatto coi protagonisti dell’evoluzione artistica del periodo e la sua attività come didatta pose le basi per la creazione di un nuovo tipo di virtuosismo strumentale e di gusto musicale, insegnando a importanti pianisti quali sono stati Johann Baptist Cramer, Alexandre Boëly o Louis Pradher[4].
Oltre che nello sviluppo di un nuovo modo di intendere il tocco e la tecnica per il nuovo strumento, presente nelle sale da concerto da pochissimo, Montgeroult potrebbe aver influenzato anche lo sviluppo dello strumento stesso, avendo commissionato a Sébastien Érard, un importante costruttore di strumenti musicali, un fortepiano che, con l’applicazione di pedali multipli, le permetteva l’esplorazione di una vasta gamma timbrica ed effettistica.
Le vicende biografiche, che la videro vedova per due volte e ultima prigioniera della Rivoluzione in una serie di imprese diventate – e forse sempre state – leggenda, si fondono con un’esperienza professionale ineguagliabile ed un’arte di grande riconoscibilità, a formare un personaggio storico estremamente influente e tuttavia ignorato dalla trattazione tradizionale.
La macchina economica legata alla musica della sola Parigi, già negli anni precedenti la nascita di Montgeroult, dava lavoro ad un numero impressionante di personalità, mentre l’evoluzione musicale fu generalizzato a livello continentale e le differenze stilistiche fra luoghi, prima polarizzate, vanno a fluidificarsi: troviamo violinisti francesi a Torino, compositori italiani in Spagna, musicisti boemi in Italia… una realtà molto più complessa rispetto alla semplicistica immagine austro-centrica che trapela da certa letteratura.
In questo contesto la nobiltà fungeva ancora da committenza, favorendo lo sviluppo di una versione francese dello Stile Galante, con ramificazioni che porteranno al “sonatismo delle dame” e alla strutturazione di una pedagogia e didattica musicali – eredità raccolta da Montgeroult e da alcuni suoi colleghi – accogliendo la dimensione intima inaugurata da C. P. E. Bach (il maggiore dei figli musicisti di Johann Sebastian) la forma sonata alla Galuppi e Paradisi, e impostandosi sull’esperienza di Johann Schobert.
Questo, al servizio del principe Conti, sviluppa ad esempio un cembalismo cameristico, dallo stile lontanissimo rispetto a Rameau e Couperin, creando opere che richiedono l’accompagnamento del violino ad libitum e dove la struttura tripartita/bitematica della forma-sonata, estesa anche nell’uso dell’armonia riguardo la modulazione ai toni lontani, si fonde a quella della suite – caratteristiche di cui si sente risonanza nelle Sonate di Montgeroult.
Contemporaneamente all’affermarsi del monopolio dell’Opera, italiana e francese, Parigi offriva spazio e interesse alla musica strumentale[5] e personaggi poliedrici: Marie-Emmanuel Bayon-Louis (1746–1825)[6] ad esempio, fu una pianista e cembalista di ottima fama, insegnante e amica di Angelique Diderot, attiva in concerti pubblici e come compositrice di brani strumentali, sinfonici e opéra-comique.
Oltre ai già citati maestri di Montgeroult, fra gli strumentisti e compositori attivi a Parigi vi erano Pierre Rode, Pierre Gaviniès, Ladurner, Jadin, Luigi Cherubini, Étienne Nicolas Mehùl (poi suoi colleghi in Conservatorio) e ovviamente Gian Battista Viotti, famosissimo violinista con cui istituì uno stabile duo da camera, Louis Adam e Jean-Frédéric Edelmann.
Nel periodo pre-rivoluzionario l’attività concertistica della città si divideva fra contesto pubblico e privato, e mentre ai musicisti di estrazione nobile era consentito esibirsi solo nel primo, per ragioni di immagine, era possibile ascoltare artisti provenienti dall’ambiente borghese in entrambi.
Con la Rivoluzione, in teoria, le differenze di impostazione delle serate fra questi due contesti andò affievolendosi, ma il mondo dei salotti privati rimase sinonimo di alta qualità.
Nel 1725 vennero fondati nel castello delle Tuilerie da Anne Danican Philidor i Concert Spirituel (che ospitarono anche Mozart e Viotti) la cui attività coincideva con la chiusura dei teatri relativa alla Pasqua e che chiusero quando, dopo la Rivoluzione, alla religione cristiana venne tolto il potere di determinare spazio e tempo pubblici. Fu in questo contesto che si tenne il primo concerto di pianoforte della storia a Parigi, con Mademoiselle Lechante alla tastiera, nel 1768[7].
Altre realtà di grande importanza furono quelle del Salon di Madame de Genlis, in Rue de Grenelle (principale luogo dei concerti di Bayon-Louis), il Salon del Principe Conti (sede dell’orchestra curata da Schobert), del barone de Bagge, quello di Madame de la Tour du Pin (dove Montgeroult si esibiva settimanalmente), La Pupliniere, i già citati salotti di Vigée-Lebrun e Stäel, e i Concert des Amateurs (poi de la Loge Olimpique) che acquistando le opere degli autori contribuirono all’affermazione di un nuovo modello di professione musicale, e che furono committenti delle sinfonie dette “parigine” di Haydn. Anche Montgeroult, finiti gli anni del Terrore, istituirà un proprio importante Salon.
Nella seconda metà del secolo infatti i compositori europei, da servitù d’alto rango con incombenze e restrizioni varie, si trasformano via via in liberi professionisti dalle molteplici attività, adottando uno stile di vita incerto che cambiò gli equilibri fra musica, lavoro e qualità artistica, creando competizione e dipendenza dalle correnti del mercato.
A ciò contribuì anche l’avanzare della tecnica di stampa musicale, più veloce ed economicamente accessibile grazie alla litografia, che permise a numerose personalità, soprattutto donne e nobili, di autofinanziarsi, contribuendo alla circolazione di musica che altrimenti sarebbe oggi perduta – come quella che non ha ricevuto altre ristampe oltre la prima copia e che non è stata oggetto di studio da parte della filologia.
Il sistema che si affermò maggiormente prevedeva che, senza una legge sul diritto d’autore, gli introiti della propria musica provenissero o dalla dedica ad allievi e finanziatori influenti o dall’investimento dell’editore stesso[8].
La Rivoluzione fu un netto spartiacque nella strutturazione della vita privata e professionale di Montgeroult: morto il marito in una prigione austriaca – dalla quale alcune fonti riportano si sia liberata arrampicandosi fuori – e tornata in patria per subire un processo come nemica della rivoluzione, si racconta sia scampata alla ghigliottina improvvisando delle variazioni sulla Marseillaise in tribunale, per poi diventare docente al neonato Conservatoire in qualità di membro irrinunciabile della società.
La fonte di questo racconto leggendario non gode di grande affidabilità, ma è certo che le investigazioni sui costituzionalisti marchesi Montgeroult non abbiano confermato una loro azione cospirativa e che l’interesse della Commissione per la sua attività come pianista abbia contribuito alla sua assoluzione.
Una volta rinunciato ai titoli tuttavia l’autrice non si ricostruì una carriera improntata sulle esibizioni in pubblico: da resoconti di seconda mano sappiamo che non apprezzava questi ambienti, probabilmente perché il mercato musicale francese, fino alla Restaurazione, venne saturato dalla liberalizzazione di generi musicali fino ad allora poco importanti, creando un ambiente caotico al quale Montgeroult non apparteneva.
Il nuovo gusto si concentrava sulla musica trionfale e fu l’inizio di un importante sviluppo per la musica per fiati e percussioni (per le quali Montgeroult non scrisse mai), missione riscontrabile nella fondazione di una rivista di musica patriottica, che promuoveva la pubblicazione di metodi per legni ed ottoni, creata da quegli stessi 27 ex membri della Guardia Nazionale che fondarono il Conservatoire nel 1795.
Superata una selezione, Montgeroult divenne la prima donna ad insegnare al Conservatorie – anche se pare che vi insegnasse già quando l’istituzione si chiamava ancora Accademie Royale – costituendosi per molto tempo l’unica a tenere le lezioni per allievi uomini[9]. La sua attività didattica per il neonato Stato durò poco più di un anno: anche se ufficialmente dichiarò di rinunciare al posto per problemi di salute, è altresì probabile che le ragioni fossero di tipo politico.
Il primo nucleo di strumenti e corpus della Biblioteca Nazionale constava dei possedimenti di nobili giustiziati o fuggiti – questione che è possibile abbia messo in difficoltà una Montgeroult che aveva rinunciato a tutto per sopravvivere – ma è possibile anche che invece, abbia continuato ad insegnarci accettando di non comparire nei registri.
La pubblicazione delle opere che ci sono pervenute, avvenuta in quattro momenti, attesta tanto la sua attività come compositrice di opere d’intelletto, create come faceva Beethoven per i posteri, quanto la sua competenza in materia strumentale e didattica.
Le nove Sonate furono composte fra il 1795 e il 1811, pubblicate dal Conservatoire e poi da Erard, e mostrano l’evoluzione stilistica dell’autrice, che dal modello sonatistico chiaroscurale assimilabile allo stile post-galante si immerge in sonorità spigolose e volumi corposi, sperimentando con la forma soprattutto nella sua accezione armonico-strutturale[10].
Il periodo napoleonico non influenzò particolarmente l’autrice, ma fu d’impatto nella scena circostante: il periodo che seguì vide l’inizio del vero successo del pianoforte come strumento prediletto dall’alta società, costituendosi elemento educativo non solo delle nobildonne ma anche delle giovani borghesi, favorendo il fiorire di letteratura dedicata tanto ai principianti quanto ai professionisti più virtuosi.
Questo significò anche la pubblicazione di una quantità mai vista i Metodi e trattati, molti dei quai usciti per mano di alcuni dei personaggi succitati – ma un posto particolare lo occupa proprio quello pubblicato da Montgeroult, il cui titolo completo è Corso completo per l’insegnamento del pianoforte forte, che conduce progressivamente dai primi elementi alle maggiori difficoltà, con 972 esercizi e 114 études e 9 pezzi.
Gli esercizi, suddivisi in 16 suite, affrontano problematiche relative alla scrittura musicale in generale applicata al movimento digitale, comprendendo approfondimenti sull’uso degli abbellimenti – da usarsi almeno per la realizzazione dell’ornamentazione presente nel 9 Sonate – dei trilli o della polifonia in una stessa mano.
Gli studi invece, immaginati come successivi alla pratica degli esercizi, possiedono la rara caratteristica di affrontare problematiche di tipo tecnico senza rinunciare alla piacevolezza estetica e creativa, esaurendosi in un numero accettabile di battute e permettendo all’elemento pianistico in esame di venire ripreso più avanti in modo più evoluto – facendo uso di una sorta di proto-didattica “a spirale”.
I brani successivi, composti in stile o come variazioni su tema, mostrano come per l’autrice tecnica pianistica, ricerca espressiva e sviluppo di capacità compositive fossero inscindibili nella formazione di un allievo.
L’opera, mastodontica, impegnò Montgeroult fra il 1788 e il 1820, ed ebbe una certa diffusione – certamente usata da Wieck, presa come spunto da Cramer e conosciuta da Hans von Bulow, una personalità musicale con influenza a livello continentale, attivo soprattutto nella diffusione di musica strumentale.
Il primo novembre 1833, all’uscita del suo primissimo numero, la rivista Le pianiste pubblica, fra una litografia del ritratto di Muzio Clementi e le ultime notizie riguardo Friedrich Kalkbrenner, la prima recensione degli Studi op.10 di un giovane Fryderyc Chopin.
Prima della sua entusiastica analisi, chi scrive elenca 18 tra i Metodi per tastiera più conosciuti all’epoca, letteratura pianistica essenziale per chi volesse affrontare dei seri studi musicali. Fra queste raccolte, molte delle quali di autori oggi piuttosto dimenticati, compare anche quella di Hélène de Montgeroult – della quale alcune fonti recenti non verificate attestano che Chopin stesso avesse una copia.
Partita per Firenze nel 1836 col figlio, collezionista d’arte, a 78 anni la pianista, che fra i propri amici includeva Maria Antonietta, Vidée-Lebrun, Mdame de Staël, Viotti, Mocheles, Erard e Marie Bigot, Hélène de Montgeroult morì, secondo alcune fonti, dopo un incontro con Hans von Bulow, venendo seppellita nel chiostro della Chiesa di Santa Croce – e li giace tutt’oggi.
In copertina: Vittorio Reggianini, Il concerto in salotto, olio su tela, collezione privata.
Per approfondire:
J. Dorival, La Marquise et la Marseillaise. (préface par Geneviève Fraisse). Symétrie, Lyon 2006.
G. Pestelli, L’Età di Mozart e di Beethoven, Società Italiana di Musicologia, EDT, Torino, 1991.
M. F. McVicker, Women Composers LF Classical Music, 369 Biographies from 1550 into the 20th Century. Jefferson, North Carolina, USA, Mc Farland & Company, 2011.
S. Pierini, libretto per il CD “De Montgeroult: Complete Piano Sonatas”, Brilliant Classics, 2023.
Les Amis d’Helene De Montgeroult
Profilo biografico su Concours Helene de Montgeroult