Picasso Guernica: l'arte e la guerra

L’arte e la guerra: l’umanità che sconfigge la morte

Il bombardamento di Guernica durante la Guerra Civile spagnola. La situazione postuma al congresso di Vienna. Le fucilazioni dei patrioti spagnoli che resistevano all’invasione napoleonica. La prima Guerra Mondiale.

Apparentemente non hanno nulla in comune. Sono azioni, avvenimenti messi lì disordinatamente. E invece li unisce la violenza. La guerra, i soprusi, l’odio.

È la Storia, è la politica che bussa alla porta dell’artista, e a cui l’artista deve rispondere. E Hayez, Goya, Ungaretti, Eluard e Picasso decisero di rispondere attraverso un’arma semplice, ma efficace, capace di riaccendere la speranza: l’umanità.

Picasso personificò il dolore attraverso pennellate cubiste. Il 26 aprile 1937 gli aerei tedeschi bombardarono la piccola città basca e con essa l’intera Spagna (il toro), l’intera natura (il cavallo), l’umanità tutta (la donna con il bambino) e soprattutto la gioventù (il soldato caduto). Il sole smise di splendere per Guernica quel giorno (il bianco e nero, la lampada e il lume), tuttavia il pittore volle inventarne uno: il fiore.

Ad accendere il sole inventato da Picasso fu Paul Eluard. Con un solo grande respiro (eliminò la punteggiatura) e attraverso un unico grido surrealista, invocò la speranza. Contrappose i colori e le qualità delle vittime con le atrocità dei carnefici. Divise l’umanità dalla disumanità; la alimentò e le promise la vittoria e la rinascita.

Guernica dopo i bombardamenti
Guernica dopo i bombardamenti

Vittoria di Guernica

1
Bel mondo di tuguri
Di miniere e di campi

2
Visi buoni al fuoco visi buoni al freddo
Ai rifiuti alla notte agli insulti alla frusta

3
Visi buoni a tutto
Ecco il vuoto vi fissa
La vostra morte servirà d’esempio

4
Morte cuore rovescio

5
Vi han fatto pagare il pane
Il cielo la terra l’acqua il sonno
E la miseria
Della vostra vita

6
Dicevano di volere il buon accordo
Razionavano i forti giudicavano i pazzi
Facevano l’elemosina spartivano in due un soldo
Salutavano i cadaveri
Si colmavano di cortesie

7
Perseverano esagerano non sono del nostro mondo

8
Le donne e i bimbi hanno lo stesso tesoro
Di primavera verde e latte puro
E di durata
Nei loro occhi puri

9
Le donne e i bimbi hanno lo stesso tesoro
Negli occhi
Gli uomini come possono lo difendono

10
Le donne e i bimbi hanno negli occhi
Le stesse rose rosse
Mostra ognuno il suo sangue

11
La paura e il coraggio di vivere e morire
Tanto difficile la morte tanto facile

12
Uomini per cui questo tesoro fu cantato
Uomini per cui questo tesoro fu sprecato

13
Uomini reali cui la disperazione
Alimenta la fiamma divorante della speranza
Apriamo insieme l’ultima gemma dell’avvenire

14
Paria la morte la terra l’orrore
Dei nemici hanno il colore
Monotono della nostra notte
E noi li vinceremo.

(Traduzione a cura di toscano27)

Il Bacio Hayez
Francesco Hayez, Il bacio, 1859

Hayez emplificò l’amore nel disegno completo di un bacio e con esso sconfisse la violenza e la diversità. In seguito al congresso di Vienna del 1814-15, l’Italia fu frammentata in molteplici stati governati dagli Asburgo d’Austria. Le società segrete quali la Carboneria e la Giovine Italia tentarono di riscattare l’orgoglio italiano. La posizione dei protagonisti e della sorgente di luce (esterna alla scena) e le tonalità (calde nello sfondo e fredde nel vestiario dei protagonisti) distaccano la passione dei due amanti: l’uomo e la donna attraverso l’impeto del loro bacio incarnano l’ardore patriottico. Ancora una volta l’umanità sconfigge la morte attraverso la morsa di una donna innamorata che tenta di trattenere il proprio uomo, combattente volontario.

Ungaretti, invece, non modellò alcuno sfondo, anzi squarciò l’interiorità universale attraverso la fulmineità di quattro parole:

Mattina

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

M’illumino
d’immenso.

(Giuseppe Ungaretti, Vita di un uomo, Milano, Mondadori, 1969, p. 103)

Ungaretti esprime un senso di pienezza e apertura, un istante di sintonia tra l’uomo, un atto di elevata umanità, a dispetto delle inquietudini della prima Guerra Mondiale. Il poeta prova un grande amore per l’esistenza, anche nella guerra, nei suoi orrori:

Veglia

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata
buttato vicino
da un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

(Giuseppe Ungaretti, op. cit., p. 63)

Francisco Goya, 3 maggio 1808, olio su tela, 1814
Francisco Goya, 3 maggio 1808, olio su tela, 1814

La medesima fulmineità è quella delle truppe francesi di Napoleone che invasero la Spagna, catturarono i cittadini e li fucilarono. Il fuoco non riempie il quadro di Goya di calore, bensì di morte. Tuttavia Goya volle sottolineare l’umanità anche in una situazione così tragica, perché non si smette mai di essere umani: i fucilati esprimono i propri sentimenti e si incoraggiano.

La genialità del pittore, però, sta nel riscontrare umanità in alcuni carnefici, di non fare “di tutta l’erba un fascio”, come si suol dire: i soldati, pronti a fare fuoco, eseguono gli ordini dei superiori, sono burattini in mano di persone crudeli, dunque essi non possono mostrare il loro volto nel quadro, come non possono mostrare la loro contrarietà nel lavoro.

Oggi è il 25 Aprile, la festa della liberazione d’Italia, la vittoria delle forze partigiane contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione nazista.

Questo c’entra con con la prima guerra mondiale. C’entra con Guernica, e forse anche con le truppe francesi di Napoleone e gli insorti spagnoli che vennero fucilati. E c’entra con quegli artisti che decisero di esprimere tutto questo, di resistere attraverso il senso di fratellanza, l’amore, l’attaccamento per la vita. In una parola, l’umanità.

Ieri come oggi, stringiamoci e resistiamo: noi li vinceremo.

 


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