L’eticità: «l’idea della libertà[1]» che sa se stessa, il «bene vivente[2]», il «concetto della libertà divenuto mondo sussistente e natura dell’autocoscienza[3]». Hegel non è certo parco di definizioni per descrivere il momento conclusivo del percorso della volontà verso la piena realizzazione della sua libertà.
Si potrebbe dire che in realtà Hegel non è mai parco di definizioni. Ma in questo caso notiamo una febbrile tensione che pervade il testo, quasi un’eccitazione che dà corpo alle parole hegeliane. Un «Siamo giunti!» che risuona di sottofondo a mo’ di un basso continuo.
E in effetti il «Regno dell’eticità» è il fine, e al tempo stesso la fine, di un processo di emancipazione dalla mera accidentalità (il caso) e dalla mera necessità (il piegarsi alle circostanze esterne). Emancipazione che per Hegel significa riconoscimento, comprensione, dell’intrinseca politicità del soggetto, dell’essenzialità della volontà generale nella determinazione della volontà singolare.
Se nel diritto astratto infatti avevamo un individuo che, come una monade, entrava in relazione con un altro individuo e istituiva legami accidentali basati sullo scambio o sul dolo; se nella moralità avevamo individui che riconoscevano una legge (l’espressione di una volontà generale) come una costrizione della loro volontà e decidevano se seguirla o non seguirla; nell’eticità abbiamo una società. Abbiamo cioè un tutto che è superiore alla somma delle singole parti e sussume la singola parte alle proprie esigenze.
Il Vero, non bisogna dimenticarlo, per Hegel è solo l’Intero. E l’eticità è un intero che racchiude in sé (e così facendo supera) le contrapposizioni proprie delle figure precedenti[4].
Dolo-riparazione, costrizione della volontà libera in nome di una legge morale-affermazione della propria libertà nel rifiuto della legge morale.
Queste scissioni, che si agitano in seno alla volontà individuale, trovano requie nell’eticità. Dolo e riparazione grazie alla legge che si sceglie liberamente di seguire[5]. Ma la requie dell’eticità non significa immobilità. In quanto Intero, Totalità, l’eticità è in perpetuo differenziarsi e progredire.
Ma quali sono i suoi momenti? Famiglia, società civile e Stato, risponde Hegel. I pilastri del processo verso l’assoluta affermazione della propria libertà individuale nell’universalità della collettività.
Sono tematiche che già si trovano nella filosofia precedente. Si pensi alla differenza posta già nel Seicento tra societas civilis e società politica e alla distinzione, contenuta nelle Costituzioni della Francia rivoluzionaria, tra citoyen e bourgeois.
Ma in Hegel, questi temi vengono assimilati e rielaborati, trovando una nuova collocazione teorica e un nuovo senso. Dall’immediatezza naturale della famiglia («lo spirito etico immediato o naturale[6]» lo definisce), il percorso della coscienza si snoda attraverso il «collegamento dei membri come autonomi individui in una universalità […] formale[7]» della società civile, per giungere infine alla «realtà dell’universale sostanziale, e della vita pubblica dedicata al medesimo[8]»: allo Stato. Un tutto, appunto, le cui parti ne compartecipano alla determinazione.
Non abbiamo tempo e spazio per descrivere minutamente l’intero processo descritto da Hegel. Vi è però una questione su cui vale la pena soffermarci: il modo in cui viene delineata l’azione dell’individuo immerso nei rapporti pubblici della società civile.
«L’animale – scrive il nostro – ha una cerchia limitata di mezzi e modi dell’appagamento dei suoi bisogni in pari modo limitati. L’uomo dimostra anche in questa dipendenza [con il mondo] in pari tempo il suo andare al di là [della dipendenza] e la sua universalità, dapprima attraverso la moltiplicazione dei bisogni e mezzi, e poi attraverso la scomposizione e differenziazione del bisogno concreto in singole parti e lati, che divengono particolarizzati, quindi più astratti[9]». Sono parole potenti quelle di Hegel, che mostrano come l’individuo, immerso in relazioni sociali per lui necessarie (sostanziali), si realizza spiritualmente nel lavoro.
È un tema, quello del lavoro, che già era presente nella Fenomenologia dello spirito, dove il servo, nel rapporto con il signore, si emancipava dall’immediatezza naturale (dalla sua “animalità”) proprio in virtù del lavoro: per la sua capacità di modificare il mondo secondo i suoi scopi; di insufflarlo di un elemento spirituale e così elevarlo dal suo essere mera materia bruta.
Questo concetto torna nei Lineamenti di filosofia del diritto, divenendo uno dei passaggi fondamentali nella determinazione dei rapporti sociali. Destinato al lavoro, l’individuo si trova, secondo Hegel, necessitato ad occupare una certa posizione nella società, a compiere un certo lavoro e non un altro.
La scelta di quale lavoro compiere non è però né frutto della mera accidentalità (dipende dal talento, scrive Hegel), né è indifferente dal punto di vista della totalità. Fare un certo lavoro significa non farne altri. Significa, detto altrimenti, che è necessario che altre individui siano in grado di fare gli altri lavori, cosicché vengano soddisfatti tutti i bisogni umani. Sorge e si perpetua una divisione del lavoro e perciò una divisione sociale. Nella differenza però si dà completezza e ognuno, per quanto può e riesce, compartecipa alla sopravvivenza della collettività.
Ma la differenza così istituita non può essere lasciata al caso e ridursi alla mera accidentalità del lavoro svolto. È necessario che la posizione sociale che il singolo occupa trovi una sua universalità non soltanto formale, bensì sostanziale. Che non si tratti soltanto di una differenza di azioni compiute, ma che vi sia la consapevolezza della totalità che si partecipa a costituire.
Sorge la necessità della corporazione: il riconoscimento di questa necessità da parte dell’istanza universale par excellence, lo Stato.
Qui l’individuo, compreso nel lavoro, interiorizza realmente la volontà universale. Interiorizzazione che si traduce nella coincidenza della volontà individuale con la volontà generale, sua universalizzazione. «Lo stato – scrive Hegel – [è] la realtà della volontà sostanziale[10]». È ciò che più propriamente realizza la sostanza individuale, la sua verità.
Da questo tema prenderà le mosse pochi anni dopo la critica marxiana della filosofia di Hegel. Da questo partiremo nel prossimo articolo per vedere in cosa consista.