La nostra felicità

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La fe-li-ci-tà, si, la felicità. A proposito di felicità, cercatela, tutti i giorni, continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora, si metta in cerca della felicità, ora in questo momento stesso perché è lì, ce l’avete, ce l’abbiamo, perché l’hanno data a tutti noi, ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli, ce l’hanno data in regalo, in dote ed era un regalo così bello che l’abbiamo nascosto, come fanno i cani con l’osso quando lo nascondono, e molti di noi lo hanno nascosto così bene, che non si ricordano dove l’hanno messo, ma ce l’abbiamo, ce l’avete.

Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che c’avete dentro, vedrete che esce fuori. C’è la felicità, provate a voltarvi di scatto, magari la pigliate di sorpresa, ma è li. Dobbiamo pensarci sempre alla felicità, e anche se lei qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei, fino all’ultimo giorno della nostra vita[1].

È con queste profonde e toccanti parole che il famoso Roberto Benigni elogia la felicità, una felicità che spesso tendiamo a sottovalutare e dimenticare. Forse perché non sappiamo riconoscerla? O perché pensiamo che sia passeggera e scontata?

Nella costituzione americana del 1776 la felicità è ritenuta diritto inalienabile dell’uomo, insieme alla vita e alla libertà.

Ma come riconoscere la felicità?

Maurizio Ferraris, in Felicità, cos’è la ricerca della felicità? suggerisce tre elementi. Primo, la felicità necessita un oggetto. Essa dipende dall’esistenza di qualcosa nel mondo: una persona, una cosa, una speranza, un’idea. Secondo, non può essere un fatto puramente individuale. Freud diceva che non si ride e non si piange mai da soli, e questo accentua la definizione di uomo come animale politico, animale radicato nella società. Terzo, ricercare la felicità in modo ossessivo implica tristezza. Infatti Adorno, filosofo, musicologo e aforista tedesco, afferma che per raggiungere la felicità è necessario un distacco da essa stessa.

Roberto Benigni

Passiamo ora alla definizione di felicità… beh. Non saprei. Ecco che quando vogliamo definirla, si presentano molte difficoltà e incertezze.

Ognuno associa la felicità ad oggetti diversi, questo per il suo carattere soggettivo. Nella storia della filosofia spiccano le celebri frasi e pensieri di Socrate, Platone, Aristotele ed Epicuro in merito. L’etica greca pone la felicità come fine ultimo dell’agire umano, per questo motivo è definita eudaimonistica[2]. Per raggiungere la felicità però dobbiamo sapere ciò che è bene per noi, per questo Socrate era solito affermare che siamo felici quando si ha la conoscenza di ciò che ci permette di raggiungere la felicità. In questo modo ci fa riflettere sull’importanza delle nostre scelte durante il corso della nostra vita.

Platone, d’altro canto, sembra prestare molta attenzione al bene comune, un bene generato da felicità individuali. In modo analogo: quando le differenti parti dell’anima sono in armonia fra loro, ecco che si nota la felicità. La nostra felicità emana un pensiero e un’energia positiva nei confronti dell’altro e del mondo stesso. Una felicità interiore trasmette una potenza tale da far sentire in armonia anche il mondo circostante e per questo un potenziale bene comune.

Aristotele, invece, la identifica con il bene umano, che va pensato in relazione a un modo di vivere (modus vivendi) che è in grado di dare un senso all’esistenza. Spesso ci chiediamo quale sia il senso della nostra esistenza e a volte, invano, non troviamo risposta e spostiamo la nostra attenzione altrove. Condurre una vita virtuosa, compiere azioni buone e giuste (tralasciando il dubbio su chi realmente stabilisca il giusto), potrebbe svelarci il senso della nostra esistenza. Infine Epicuro, che identifica la felicità con il piacere. Epicuro pensa sì ai piaceri dei sensi,  ma questi, per portare alla felicità, devono essere determinati da un equilibrio, superato il quale avremmo solo dispiacere e infelicità.

Riprendendo quindi il discorso di Roberto Benigni, è importante ricordare che la felicità è molto più vicino di quanto pensiamo. Impariamo a riconoscerla, ad apprezzarla e a rinforzarla con valori umani necessari affinché si realizzi e si espanda nel resto della nostra società.

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Sabrina Cifarelli

Nata a Varese nel 1990, Sabrina Cifarelli è laureata in Filosofia e Giornalismo presso l’Istituto degli Studi Filosofici di Lugano. Attualmente frequenta il master in Communication, Management and Health presso l’Università della Svizzera Italiana (USI) di Lugano.