Copertina per I provinciali di Jonathan Dee. Edward Hopper Collina e case Cape Elizabeth Maine

I provinciali di Jonathan Dee: America Today

Ne I provinciali, edito da Fazi la settimana scorsa, Jonathan Dee racconta di nuovo l’America, come nel precedente “I privilegiati”, l’America dei primi anni Duemila, attraverso un caleidoscopio di personaggi nei quali è facile immedesimarsi e che nell’insieme formano un mosaico cangiante fatto di sogni, desideri e grandi fallimenti.

La narrazione percorre poco meno di un decennio, dal 2001 al 2008, immettendo il lettore in un’atmosfera sospesa all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle, tra le strade di una New York deserta in preda alla paura.

Le conseguenze di quell’attacco, per l’America e per il resto del mondo, le abbiamo sotto gli occhi ancora oggi. Lo stesso evento è stato mostrato e analizzato dai media, raccontato in fiumi di inchiostro, in km di pellicola che hanno donato agli USA se non un mito di fondazione, certamente una grande tragedia nella quale riconoscersi e alla quale fare ricorso per giustificare tutta una serie di scelte politiche e sociali che hanno condotto ad una grande insoddisfazione popolare. L’autore, di fatti, analizza questa insoddisfazione diffusa, riuscendo a sviscerare le emozioni contrastanti che tormentano il popolo americano e lo fa con una chiarezza disarmante, infilandosi a fondo nelle crepe delle vite dei provinciali che racconta, mostrandoci la desolazione che domina e ammorba le loro esistenze.

Edward Hopper, Casa di Fort, Gloucester, 1924
Edward Hopper, Casa di Fort, Gloucester, 1924

Dopo un inizio che impressiona, soprattutto grazie ad una scrittura ruvida e magmatica, colma di invettive, turpiloqui che ben si amalgama con il carattere dell’anonimo newyorkese attraverso lo sguardo del quale siamo introdotti nella vicenda, la scena si trasferisce in provincia, nei Berkshire, uno dei paradisi naturali frequentati da ricchi villeggianti, croce e delizia degli abitanti del luogo. Lì, tra i diversi personaggi che formano il coro di voci variegato che compongono il mosaico, ci sono i diversi componenti della famiglia Firth, tra i quali spicca Mark, artigiano abbagliato dal sogno americano, un sogno che non esiste più e a cui si ostina ancora a credere, nonostante tutte le difficoltà che nel corso degli anni dovrà affrontare.

Sono vite comuni quelle di cui ci parla l’autore, vite di gente ossessionata dal denaro: soldi che servono per sbarcare il lunario, soldi che servono per mantenere un certo status sociale, soldi che vanno moltiplicati sull’esempio dei ricconi di Manhattan, soldi che sono l’obiettivo ultimo al quale puntare perché si è veramente liberi solo se ricchi.

Soldi grazie ai quali un broker, Philip Hadi, riesce a mettere le mani sull’amministrazione del paese, che riceve il favore dei paesani diminuendo le tasse e aiutando i piccoli imprenditori dei dintorni, uomini e donne tanto disperati (non tutti!) da accettare i soldi di un forestiero. Hadi è il motore dell’azione, il mezzo brutale attraverso il quale Dee ci dimostra come il sistema capitalistico sia sbagliato, o meglio, come questo ormai non sia più sostenibile per gli americani di provincia, divisi tra la necessità di un contatto con l’esterno, con la città, e la volontà di farsi isola, di distaccarsi dal mare inquinato nel quale sono infissi, come degli spilli e con il quale sono costretti a interfacciarsi.

Edward Hopper, Casa di Adam, 1928
Edward Hopper, Casa di Adam, 1928

Tra i diversi personaggi, tutti ben descritti anche grazie ad uno stile che si adatta alle voci di ognuno di loro, al loro carattere, spicca Gerry, fratello rivale di Mark, leone da tastiera che, in un quadro desolante fatto di solitudine e disoccupazione, si siede dietro uno schermo e da anonimo si fa voce della comunità, fomentando odio dal cantuccio sicuro del suo appartamento. Una voce che ci permette di cogliere quanto il Web nell’arco di una manciata d’anni abbia cambiato le nostre vite, il nostro modo di intendere e di inserirsi in un dibattito (anche) politico.

Attraverso l’intreccio delle vite che immagina, delle piccole tragedie di cui parla, Dee ci restituisce gli anni di un passato recente, gli anni che hanno formato il volto dell’America di oggi e sui quali è impossibile non soffermarsi a riflettere. Ha scritto, in altre parole, un romanzo americano in cui da americano parla di altri americani, spesso criticandoli con ferocia. Un aspetto, quest’ultimo, che lo avvicina a Gore Vidal, altro scrittore che in circa trent’anni è riuscito a comporre una vera e propria controstoria degli Stati Uniti.

I provinciali, in ultimo, è un romanzo da leggere non solo perché piacevole, godibile sotto ogni aspetto, ma anche perché – almeno così è avvenuto per chi scrive – ci racconta la realtà di una nazione senza tralasciare nulla, neanche la più piccola tessera di un vasto mosaico.

 


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