Il bene che ti voglio, tra stravaganza e straniamento

Il bene che ti voglio sandro frizziero

Ho sempre trovato estremamente affascinante leggere più romanzi dello stesso autore, così da coglierne le scelte stilistiche, scovare i punti di contatto tra le varie storie e personaggi, e seguirne l’evoluzione. Ancor più interessante è leggere tutti i romanzi di un determinato scrittore. Devo ammettere che non mi e successo troppe volte… ma nel caso dell’autore di cui vi parlerò oggi si. Si tratta di Sandro Frizziero, di cui in passato ho recensito Confessioni di un Neet e Sommersione. Sul nostro sito trovate persino un’intervista a cura di Gabriele (se doveste esservela persa, potete recuperarla qui) in cui Frizziero racconta delle sofferenze interiori dei suoi personaggi e di quella che definisce l’“etica del folle”.

Quest’ultima definizione cattura alla perfezione l’essenza delle storie di Frizziero, la cui costante è una perspettiva sul mondo data dalla follia di un personaggio principale; un ragazzo misantropo auto relegatosi nella sua camera in Confessioni di un Neet, un pescatore violento e volgare in Sommersione, e Alessio, protagonista di Il bene che ti voglio, che è (o perlomeno racconta a se stesso di essere) un’anima buona, che desidera solo il bene di chi gli sta intorno.

Alessio produce pensieri in continuazione, vorticosamente, ed ogni minuscolo aspetto della quotidianità è fonte di riflessioni esistenziali, per lo più dal sapore amaro. Dice di aver due cervelli ruminanti, esattamente come le mucche hanno due stomaci ruminanti. Solo così potrebbe spiegarsi come possa digerire l’enorme mole di informazioni che attraversano la sua testa.

Guarda in su come per un residuo di romanticismo incastrato tra i denti: cielo in stato avanzato di tramonto, cielo puntinato di luci d’aereo, cielo graffiato di gas come da unghie di Titani a cui sta scivolando il mondo.

Sandro Frizziero Il bene che ti voglio

Non solo il protagonista, ma anche il linguaggio, presenta tratti di stravaganza a tratti così accentuati da risultare stranianti. Giochi di parole, frammenti poetici, scelte lessicali inconsuete e lunghissimi elenchi si mescolano, rendendo le immagini estremamente vivide. A ciò contribuisce sicuramente anche l’ampio uso di turpiloqui: la lingua di Frizziero è cruda, senza fronzoli, quotidiana con tutti gli sprazzi di volgarità che ne conseguono.

A questo punto, dice Barbara una volta, mi vien da pensare che il passato non sia una retta come lo disegnava il maestro a scuola. Il passato è una macchia che si allarga, si allarga sempre più; un lago dai contorni indefiniti che inghiotte. O che si interra.

Il bene che ti voglio affronta in modo curioso lo scorrere del tempo, costituendo di fatto un collage di tanti brandelli di ricordi e traumi infantili, passioni adolescenziali, preoccupazioni del presente e viaggi mentali. Il lettore viene sobbalzato avanti e indietro nel tempo, dai pensieri di Alessio a quelli della sua amante Barbara, fino a essere travolto da un turbinio in cui ricordi, sogni e realtà si sovrappongono irrimediabilmente. Durante tutti questi salti, sono molteplici i temi trattati: dalla rivoluzione digitale all’individualismo che pervade la società, dall’elaborazione del lutto al capitalismo sfrenato. La chiave è l’uso massiccio dell’ironia, che permette di creare implicitamente nuovi interrogativi.

Insomma, è un romanzo stravagante, di quelli che si vorrebbe leggere contemporaneamente a un amico o un parente, per provare poi a confrontare le proprie interpretazioni, a venirne a capo insieme. Consigliato solo se siete disposti a un (bel) po’ di follia.

 

In copertina: illustrazione creata da Dall-e


Sandro Frizziero, classe 1987, insegna Lettere negli istituti superiori di Chioggia, la sua città.  Il suo primo romanzo è Confessioni di un NEET, pubblicato da Fazi Editore, seguito da Sommersione, sempre per Fazi.  In occasione della fiera di Roma Più Libri più Liberi, nel 2018 abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo. Il suo ultimo libro, Il bene che ti voglio, è edito da Mondadori, che ringraziamo per averci inviato il romanzo.

Vittoria Pauri
Vittoria Pauri

Alla domanda “Qual è il tuo motto?" non avrei esitazione a citare una frase di Gandhi: il miglior modo per trovare se stessi é perdersi nel servizio degli altri. Le due cose di cui non posso fare a meno sono la curiosità di capire ciò che mi capita intorno e un quadernetto su cui scrivo tutto quello che mi passa per la testa e su cui colleziono frammenti di libri, poesie e conversazioni.