Mesdames et messieurs, benvenuti al consueto appuntamento con L’Esprit de Finesse, la rassegna culturale dedicata alle opere che hanno fatto la storia del buon gusto su questo meraviglioso sasso bagnato sospeso nell’immensità dello spazio. Oggi, per la gioia dei nostri lettori, ci occuperemo di un testo in cui molti sogliono ravvisare una delle massime vette mai raggiunte dalla poesia inglese d’ogni tempo.
Sulla figura del suo autore, John Wilmot secondo conte di Rochester, non sarà qui il caso di dilungarsi: rimando ad un futuro articolo ciò che, anche a volerci provare, non potrebbe comunque essere racchiuso in poche righe. Animo irrequieto, spregiudicato libertino e raffinatissimo poeta, Rochester sembrò racchiudere nell’angusto spazio di un solo cranio tutte le contraddizioni di un secolo. Per anni questa bizzarra figura d’aristocratico imperversò nella corte di re Carlo II d’Inghilterra, croce e delizia dei cortigiani e dei ministri che temevano la sua penna non meno che la sua spada. Poi, nel 1674, un singolare incidente mise in serio pericolo la posizione del nostro nobiluomo.
Un giorno di febbraio il re chiese a Rochester di fargli pervenire una copia di uno dei suoi ultimi componimenti, una satira su certe donne della corte, e il poeta si mostrò ben lieto di accontentarlo. Il problema è che in quel momento – così come in ogni altro momento di ogni altro giorno dell’anno – Rochester era completamente ubriaco. Invece di porgere al re la satira richiesta, si cavò fuori dalla manica una poesia tutt’affatto diversa: trentatré deliziosi versi in rima baciata in cui, con garbo e ironia, si descriveva come ogni notte, nel chiuso del talamo reale, le amanti di re Carlo si affaticassero a risvegliarne la declinante virilità a suon di raspe a sei mani. Con garbo e ironia.
Nulla sappiamo del componimento che fu alla base del colossale qui pro quo, la satira sulle donne della corte. Tuttavia il professor David Vieth, che nel 1968 curò la prima edizione integrale delle opere poetiche del conte libertino, suggerì en passant nella sua introduzione al volume[1] che quella satira fosse da identificarsi con un’altra ben nota poesia di Rochester, l’opera di cui oggi, per rinfrancare il vostro spirito in modo onesto e costruttivo, vi presentiamo un corposo estratto corredato di commento[2].
You ladies all of merry England
Who have been to kiss the Duchess’s hand,
Pray, did you lately observe in the show
A noble Italian called Signior Dildo?This signior was one of Her Highness’s train,
And helped to conduct her over the main;
ut now she cries out, “To the Duke I will go!
I have no more need for Signior Dildo.”Voi tutte, signore dell’allegra Inghilterra / Che siete state a baciare la mano della nuova Duchessa, / Ditemi, vi prego, vi è capitato di vedere / Un nobile italiano di nome signor Dildo? / Questo tale era nel corteo di Sua Altezza / Ed ebbe una gran parte nell’accompagnarla oltre il canale; / Ma ora ella dice: ‘Me ne vado dal Duca, / Non ho più bisogno del signor Dildo!’
La poesia di Rochester prende le mosse da un avvenimento ben preciso: il matrimonio tra Giacomo duca di York, fratello di re Carlo, e la principessa italiana Maria d’Este che, dopo una prima cerimonia per procura officiata in Italia, venne celebrato in gran pompa il 21 Novembre 1673, allorché la nuova duchessa di York passò la Manica tirandosi dietro tutto un codazzo di paggi, damigelle e cavalieri. Rochester si sofferma su questi ultimi, raccontandoci le prodezze di un… un particolare nobiluomo che si era distinto per i servigi resi alla signora duchessa mentre ella si trovava ancora sul suolo italiano. Quale oltraggio, però, per il nostro eroe! Con mostruosa ingratitudine, Maria decide di sbarazzarsi di lui appena assicurata la propria posizione tra le braccia del duca. Il dramma si fa subito palpabile.
At the Sign of the Cross in St. James’s Street,
When next you go thither to make yourselves sweet
By buying of powder, gloves, essence, or so,
You may chance t’get a sight of Signior Dildo.You’ll take him at first for no person of note
Because he appears in a plain leather coat,
But when you his virtuous abilities know,
You’ll fall down and worship Signior Dildo.All’insegna della Croce, a St. James’s Street, / Quando passate di lì per cercare di farvi belli / Comprando polveri, guanti, profumi e così via, / Potrebbe capitarvi sott’occhio il signor Dildo. / All’inizio potrebbe sembrarvi un uomo di poco conto / Perché si mostra vestito di un semplice mantello di cuoio, / Ma quando scoprirete le sue segrete abilità / Cadrete in ginocchio, e adorerete il signor Dildo.
Da bravo aristocratico, al cavaliere piace tenersi al passo con le ultime mode: spesso lo si può veder bazzicare il quartiere di St. James, il paradiso dello shopping nella Londra del ‘600. Se si è fortunati ci si può addirittura imbattere in lui sbirciando nelle vetrine delle botteghe. Queste due quartine ci rivelano anche la natura ammirevolmente modesta del buon italiano, che alla pacchiana ostentazione della propria ricchezza tramite abiti costosi preferisce una frugale cappa di cuoio, lasciando ai suoi meriti – e che meriti! – il compito di parlare per lui.
My Lady Southesk, heavens prosper her for’t!
First clothed him in satin, then brought him to Court;
But his head in the circle he scarcely durst show,
So modest a youth was Signior Dildo.The good Lady Suffolk, thinking no harm,
Had got this poor stranger hid under her arm.
Lady Betty by chance came the secret to know,
And from her own mother stole Signior Dildo.Lady Southesk – che il cielo gliene renda merito! – / Prima lo vestì di raso, e poi lo portò con sé alla corte; / Ma lui osava a malapena farsi vedere nell’alta società / Tanto era modesto, il giovane signor Dildo! / La buona Lady Suffolk, con le migliori intenzioni, / Nascose il povero straniero sotto il proprio braccio. / Ma Lady Betty per caso scoprì quel segreto, / E alla sua stessa madre portò via il signor Dildo.
Le due quartine seguenti, se non gettano ombra alcuna sulla reputazione del signor Dildo, lo vedono però invischiarsi nelle sordide trame della corte inglese. Vi viene coinvolto dalla contessa di Southesk, una nobildonna tanto avvenente quanto promiscua la cui lista d’amanti è una sorta di dizionario Zingarelli. Voci insistenti vorrebbero che il marito, il conte di Southesk, abbia volontariamente contratto la sifilide per il solo gusto di passargliela e infettare così tutta la sua copiosa teoria di cavalier serventi.
Cosa ha a che fare con questa zoccola un essere di spiccata moralità come il buon signor Dildo? Ben poco, e infatti il pover’uomo cerca in tutti i modi di non farsi vedere in compagnia della sua protettrice, che però non si tira indietro davanti a nulla e si mostra comunque smaniosa di introdurlo tra le sue grazie[3].
In breve tempo, tuttavia, le dame della corte cominciano a rendersi conto del valore del caro italiano e a contendersene i favori. Lady Elizabeth Howard, una delle damigelle al servizio della regina, non esita nemmeno a strapparlo dalle braccia della propria madre che – orrore degli orrori! – per goderne in modo esclusivo lo teneva addirittura nascosto tra le vesti[4].
That pattern of virtue, Her Grace of Cleveland,
Has swallowed more pricks than the ocean has sand;
But by rubbing and scrubbing so large it does grow,
It is fit for just nothing but Signior Dildo.The Countess o’ th’ Cockpit (Who knows not her name?
She’s famous in story for a killing dame),
When all her old lovers forsake her, I trow
She’ll then be contented with Signior Dildo.La Duchessa di Cleveland, quel modello di virtù, / Ha ingoiato più minchie che granelli di sabbia il mare; / Ma sfrega e strofina, le si è fatta così larga / Che ora può riempirla solo il signor Dildo. / La contessa di Cockpit (E chi non la conosce? / La storia la celebra come una vera femme fatale), / Quando tutti i suoi amanti l’avranno abbandonata, io penso / Che potrà accontentarsi del signor Dildo.
Qui vediamo chiaramente come il signor Dildo, che prende molto sul serio il proprio titolo di cavaliere, presti sempre volentieri e in modo del tutto disinteressato il proprio aiuto alle damigelle in difficoltà. La duchessa di Cleveland ha problemi con la sua vita amorosa?
Ecco che il nobile italiano corre prontamente in suo soccorso, aiutandola come nessun altro ha potuto fare. La vezzosa Nell Gwyn, la favorita del re, detta ironicamente “Contessa di Cockpit[5]” perché amante del teatro e attrice ella stessa, viene abbandonata dai suoi cicisbei? Il signor Dildo offre pronto il suo braccio – ma che dico? Tutto il suo corpo per assisterla nella sua solitudine!
St. Albans, with wrinkles and smiles in his face,
Whose kindness to strangers becomes his high place,
In his coach and six horses is gone to Borgo
To take the fresh air with Signio Dildo.Tom Killigrew’s wife, north Holland’s fine flower,
At the sight of this signior did fart and belch sour,
And her Dutch breeding farther to show,
Says, “Welcome to England, Mynheer Van Dildo!Il Conte di St. Albans, tutto rughe e sorrisi, / La cui cortesia verso gli stranieri si addice al suo titolo, / Nel suo tiro a sei cavalli è andato a Borgo / A cambiare aria con il signor Dildo. / La moglie di Tom Killigrew, il bel fiore dell’Olanda, / Al vedere quel signore scoreggiò e fece un gran rutto, / E per mostrare ancor più le sue origini olandesi / Esclamò: ‘Benvenuto in Inghilterra, Mynherr Van Dildo!’
Ma basta parlare di donne: non bisogna certo pensare che la compagnia di un raffinato gentiluomo come il signor Dildo venga ricercata solo dal gentil sesso! Persino il conte di St. Albans, uno dei maggiori diplomatici del regno d’Inghilterra, è un fervido ammiratore di questo bravo giovane, e non esita a condurlo con sé nel proprio viaggio in Italia, tanto è desideroso di godere della sua familiarità.
È più che evidente, d’altronde, che le virtù del signor Dildo siano tali da risplendere travalicando i confini nazionali: Charlotte de Hesse, la bella moglie olandese del drammaturgo Thomas Killigrew[6], lo accoglie in Inghilterra con un benvenuto tipico del suo paese. Il fatto che, a quei tempi, gli Olandesi passassero per bifolchi zotici agli occhi degli Inglesi non deve trarci in inganno, e non deve inficiare ai nostri occhi la sincerità del trasporto provato dalla signora Killigrew per il caro italiano.
He civilly came to the Cockpit one night,
And proffered his service to fair Madam Knight.
Quoth she, “I intrigue with Captain Cazzo;
Your nose in mine arse, good Signior Dildo!”Una notte, animato dalla cortesia, andò al Cockpit, / E offrì i suoi servigi alla bella signora Knight, / Ma lei disse: ‘Me la faccio con capitan Cazzo; / Baciatemi il culo, buon signor Dildo!’
Ebbene sì, signori miei: alla corte inglese c’era anche chi osava sdegnare i favori del più servizievole dei nobiluomini. Mary Knight, una sciantosa da due soldi e – occasionalmente – un’amante del re, oppone un secco rifiuto alle profferte galanti del signor Dildo, preferendogli un oscuro ufficiale di ambigui meriti. Che smacco! Che oltraggio! È a partire da questo spiacevole episodio che le fortune del nostro uomo cominceranno, ahimè, a declinare inesorabilmente.
Count Cazzo, who carries his nose very high,
In passion he swore his rival should die;
Then shut up himself to let the world know
Flesh and blood could not bear it from Signior DildoIl Conte Cazzo, sempre col naso all’insù, / Giurò in un eccesso di rabbia che il suo rivale doveva morire; / Quindi si ritirò dal mondo, per far sapere a tutti / Che la sua carne e il suo sangue non avrebbero tollerato il signor Dildo.
Scure nubi si addensano sul futuro del signor Dildo. L’orgoglioso conte Cazzo si è recato a offesa il profluvio di grazie che le dame della corte hanno fatto piovere sul capo del suo rivale, e ora va meditando vendetta. La critica sta tuttora sudando sette camicie per cercare di scoprire chi si celi dietro il nome di questo irascibile cortigiano. Sarà forse imparentato con quel capitan Cazzo amante della schizzinosa Mary Knight? Forse non lo sapremo mai. Sta di fatto che la rapida ascesa sociale del signor Dildo gli ha fatto montare il sangue alla testa. Letteralmente.
A rabble of pricks who were welcome before,
Now finding the Porter denied ‘em the door,
Maliciously waited his coming below
And inhumanly fell on Signior Dildo.Nigh wearied out, the poor stranger did fly,
And along the Pall Mall they followed full cry;
The women, concerned, from every window
Cried, “Oh! For heaven’s sake, save Signior Dildo!”Una masnada di cazzoni, prima benvenuti a corte, / Quando videro che il portiere negava loro l’ingresso, / Aspettarono pieni d’odio il suo arrivo / E si lanciarono all’attacco del signor Dildo. / Quasi stremato, il povero straniero si diede alla fuga, / E lungo la strada di Pall Mall quelli lo inseguirono con furia; / Le donne, preoccupate, da ogni finestra / Gridarono: ‘In nome del cielo, salvate il signor Dildo!’
Oh, per l’amor del cielo, il signor Dildo! Salvate il signor Dildo! L’invidia verso il gentile italiano ha sobillato contro di lui un intero manipolo di canaglie armate fino ai denti. È dunque questa la fine? È questa la ricompensa che tocca alla virtù? Così viene ripagato un uomo che si è sempre eretto a difesa di donne e uomini soli, privi ormai d’ogni altra speranza? Così dovrà morire colui che con la sua infaticabile disponibilità ha fatto breccia nelle parti più intime… del cuore di tutti? No, miei signori. Non dubitate. Gli dèi proteggono l’innocenza, e i nemici del signor Dildo saranno forse meglio equipaggiati di lui, ma non possono competere con la sua destrezza.
The good Lady Sandys burst into a laughter
To see how the ballocks came wobbling after,
And had not their weight retarded the foe,
Indeed ‘t had gone hard with Signior Dildo.La buona Lady Sandys scoppiò in una gran risata / Vedendo come le canaglie ballonzolavano sui propri coglioni, / Ma se il loro peso non li avesse rallentati / Sarebbe stata dura per il signor Dildo![7]
Grazie per essere stati con noi in questa nuova puntata de L’Esprit de Finesse, il faro del buon gusto in un internet fatto di sesso, porcherie e “qual è” scritti con l’apostrofo. Nella prossima puntata, su richiesta delle giovani educande del Collegio delle Fanciulle di San Piroconofobo al Monte, un’approfondita analisi poetico-stilistica di “Fottiamci, anima mia, fottiamci presto” di Pietro Aretino. Non perdetevela.
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