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Trash: bambini-spazzatura contro polizia-spazzatura

Jorge Luis Borges, in una sua opera del 1970, affermò che «la letteratura non è altro che un sogno guidato[1]». Di conseguenza, possiamo asserire che un libro può essere considerato come un viaggio mentale che ci consente di essere chiunque e qualunque cosa desideriamo e ci fa conoscere posti a volte incantati e paradisiaci, altre volte oscuri e spaventosi.

Giorni fa si concludeva per me uno di questi cosiddetti “viaggi” che mi ha condotto nei pressi di Behala, una fittizia città ubicata in un altrettanto indefinito paese del Terzo Mondo e che fa da sfondo agli avvenimenti raccontati in Trash, avventura thriller partorita dalla penna dell’autore inglese Andy Mulligan pubblicata nell’anno 2010 e dalla quale, recentemente, vi è stata tratta un’omonima trasposizione cinematografica.

La storia di base di Trash è abbastanza canonica per il genere e si sviluppa attraverso le memorie di Raphael, Gardo e Jun-Jun detto Ratto, tre adolescenti provenienti dalle favelas che sormontano una sterminata discarica a cielo aperto nella quale tutti i ragazzini della città lavorano, rovistando tra i rifiuti alla ricerca di scarti plastici o ferrei da rivendere per garantire alle loro povere famiglie un boccone di cibo al giorno.

La discarica: il punto di partenza ed epicentro dal quale si dirama il susseguirsi degli eventi che, in un giorno di ordinaria amministrazione trascorso tra la spazzatura, consegna nelle mani dei tre amici l’occasione di poter cambiare le proprie vite e, addirittura, il destino di una città straziata da una nube tossica di povertà e corruzione politica che sta stroncando il futuro di tutti i suoi abitanti.

Andy Mulligan TrashAttraverso gli occhi dei nostri giovani e scaltri protagonisti, Mulligan ci offre la cruda e spietata realtà dei paesi sottosviluppati, regolata da poliziotti immorali disposti a torturare persino un bambino pur di ottenere il loro fine e da politici senza scrupoli che trascorrono la propria esistenza rinchiusi in tenute di lusso ricavate dal denaro sottratto ad una popolazione destinata a sprofondare nell’oblio dello squallore e della fame, colpevole soltanto di essere troppo poco colti e troppo bisognosi per ribellarsi. Come avrete sicuramente avuto modo di intuire, l’aria che si respira in questo libro è fortemente drammatica e accompagnerà il lettore fin dai primi istanti trascinandosi, sempre più pesantemente, fino all’epilogo del romanzo e che viene percepita considerevolmente anche grazie alle indiscusse qualità descrittive dell’autore.

Tuttavia, al di là di questa funzionale cappa di drammaticità che racchiude l’opera, Trash rimane comunque un racconto d’avventura senza troppe pretese, fatto di inseguimenti ed enigmi da risolvere e che, cosa più importante, invita il lettore a sentirsi fortunato di quel che ha ottenuto nella sua vita anche se non è quello che ha sempre desiderato. La famosa “morale della favola” è proprio questa: accontentarsi sempre di ciò che abbiamo, senza desiderare nulla di più, poiché è quando meno ce lo aspettiamo che la nostra vita può capovolgersi in un lampo.

E credetemi, per quanto possa sembrare abbastanza scontato per un libro ambientato in una città povera come Behala, quando ad impartire una lezione del genere è un bambino che si sente il più felice del mondo solo perché con i pochi spiccioli racimolati smistando spazzatura adesso è seduto nella sua baracca con la sua famiglia a mangiare un pugno di riso, il messaggio colpisce tanto da farvi realmente riflettere su quanto siate fortunati in questo momento a stare comodamente distesi sul divano, con una coperta calda sulle gambe e un libro stretto tra le mani.

Volendo trarre delle conclusioni, c’è poco altro da aggiungere: Trash non è l’evento letterario per eccellenza seppur figurando tra gli otto finalisti del Carnegie Medal 2012, uno dei riconoscimenti più importanti per la letteratura per ragazzi. Non si distingue per originalità o per una scrittura eccelsa tuttavia funziona, e alla grande anche; nella sua semplicità e immediatezza, il romanzo brilla comunque di luce propria e non saranno pochi i momenti in cui vi lascerà in uno stato di tranquillità subito dopo una grande suspense o vi farà emettere un sospiro di sollievo al termine di una scena di forte violenza.

Probabilmente questo romanzo non cambierà la vita del lettore così come è accaduto a Raphael, Gardo e Ratto ma Andy Mulligan confeziona comunque un piccolo gioiellino che si lascia leggere tutto d’un fiato e al cui termine, in un modo o nell’altro, vi avrà lasciato qualcosa di positivo e, perché no, vi avrà convinto che dopotutto quel cellulare di nuova generazione che tanto agognate come regalo di Natale non è propriamente indispensabile.

Mi chiamo Raphael Fernández e sono un ragazzo della discarica. La gente mi dice: «Non si può mai sapere cosa si trova a frugare tra i rifiuti, giusto? Oggi potrebbe essere il tuo giorno fortunato!». Al che io rispondo: «Io lo so, invece, cosa si trova tra i rifiuti».

(Andy Mulligan, Trash, traduzione di Mariella Martucci, 2010, Rizzoli)

 


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