I ragazzi crescono insieme al loro paese
I ragazzi crescono,
imparano al loro paese
imparano le note
sognano la loro Belle Epoque
leggono “Fiori per Algernon”
ricordano le vacanze romane
con la madre che lavora all’estero
(il paese è ancora giovane
e del potere non ci si può fidare)
ora, la madre è volontaria
perché all’Est c’è la guerra
ora piange di notte:
il figlio è la reincarnazione di Chopin –
dotato e nobile
iscritto al reggimento dei volontari
per difendere la patria
lei asciuga le lacrime
e raccoglie la polvere sul davanzale,
ascolta “Vivo per lei”
di Andrea Bocelli
soprattutto questi versi:
…attraverso un pianoforte
la morte è lontana
(i tasti del pianoforte
tengono lontana la morte)[1].
Parlare di Ucraina in questo momento crea tanti problemi e altrettanti ne ha chi scrive, che crede nella pace e non accetta questo conflitto che poteva e doveva essere evitato. Rimangono però le persone, la gente comune che corre sotto le metropolitane e che si aggira tra le macerie. La poesia è voce di chi voce non ha, perché persa nel fragore delle bombe e della storia. Per noi è uno strumento di conoscenza di usi e costumi, di cultura che affratella e non divide, perché abbatte i muri della paura e della diffidenza.
Tuffiamoci quindi nell’atmosfera che si respira in Ucraina, con questa lirica di Olga Kis, classe 1961, la cui drammaticità non ha alcun tono patetico ma piuttosto asciutto, come scritto da occhi privi di lacrime.
Olga Kis è poeta, drammaturga e scrittrice; laureata in Scienze Naturali, ha lavorato in diversi istituti d’istruzione e presso enti pubblici. Ha inoltre collaborato con la casa editrice Misioner dei Padri Basiliani. Dal 2000 è membro onorario dell’Unione Scrittori dell’Ucraina ed è vincitrice di premi illustri sia come poeta che come scrittrice e drammaturga. La conquista recente dell’indipendenza, avvenuta nel 1991, minacciata dall’imperialismo russo, tornato nel nuovo secolo a riaccendere i conflitti, in un déjà vu che avrebbe stupito Gian Battista Vico, è alla base della poetica di Olga. La miscela di metafore e riferimenti, di libri o di canzoni e cantanti, serve alla poesia per pungere l’animo del lettore, per renderlo fratello e consentirgli di capire, di andare oltre se stesso.
La lirica I ragazzi crescono al loro paese è uno sguardo senza filtri sull’Ucraina di questi giorni, sulle sue contraddizioni, i suoi sogni. È un paese giovane con gravi problemi economici e sociali, che guarda allo stile di vita capitalista, consumista occidentale, come a un modello da contrapporre a quello sovietico. Lo sguardo del poeta esamina con amara realtà la sua gente che si nutre di utopie, costruite sulla letteratura e la musica di altri paesi, verso i quali emigra, per necessità, la madre.
In Ucraina parlare di emigrazione ha una declinazione al femminile, perché dagli anni Novanta del secolo scorso sono state le donne ucraine a essere richieste all’estero e soprattutto in Italia per svolgere lavori come domestiche e badanti.
Olga Kis nella poesia ricorda sua madre e omaggia tutte quelle donne che hanno cresciuto i loro figli, lavorando sodo all’estero, che si sono dovute adattare a ogni tipo di umiliazione economica e sociale, che ora li vedono andare al fronte volontari. Le lacrime composte di quella madre sono l’unica cosa certa, il resto lo fanno la polvere e la musica, che sono erette a baluardo della morte. «I tasti del pianoforte / tengono lontana la morte».
Rimaniamo in tema di emigrazione e di emigranti ucraini con i versi di Halyna Makoviychuk:
Succedeva di tutto nella vita.
Mancavano i soldi per il pane,
non c’erano i vestiti per il bambino,
era dura, dura la vita.
Ma una donna, una madre e una moglie
era nella casa come la cima sacra della montagna.
Girare i mondi, fare da bracciante e servire,
andavano gli uomini nel momento difficile.
Qualcuno moriva, qualcuno rimaneva
per sempre nel Paese straniero,
però la madre, la donna e la moglie
l’uomo salvava dal paese straniero.
Makoviychuk, che nella sua vita ha lavorato come badante senza permesso di soggiorno, racconta con i suoi versi asciutti l’evoluzione dell’emigrazione ucraina da maschile a femminile. Questo fenomeno, espresso magistralmente in questi versi, ha prodotto un trauma in questo popolo. La madre, la moglie e la figlia sono state costrette a emigrare al posto degli uomini, meno richiesti. Le donne ucraine, che migrano, sono per lo più professioniste molto colte, che si improvvisano badanti e domestiche, subendo umiliazioni di ogni tipo, da cui un tempo erano preservate. Questo improvviso rovesciamento dei ruoli ha destabilizzato gli antichi equilibri, tutta la casa e con essa la nazione viene travolta e vacilla, perché nessuno dovrebbe essere costretto dall’indigenza ad andare via dalla sua terra natale.
A Lessya
Porta in Ucraina i pensieri, che hai filato all’estero,
e lascia in Italia i ricordi, per i quali non dormi oggi,
che tessiamo di questi fili un tappeto;
non un tappeto qualsiasi,
ma dell’amicizia e del bene.
Per ricordare che nessuna donna,
dovrebbe mai diventare schiava,
come eravamo tu ed io.
Non c’è traccia della guerra nei versi di questa poeta, eppure la sentiamo palpabile in quello spaesamento dell’emigrante, che ritorna nella sua terra natale con le ferite ancora sanguinanti, e in quell’esortazione tutta femminile contro qualsiasi schiavitù.
La questione ucraina è ancora tutta da scrivere, in questo periodo storico che la vede in compagnia di altri gravissimi conflitti, nei quali a morire sono gli ideali di pace, di fratellanza e di libertà nei quali siamo cresciuti dalla fine dell’ultima guerra mondiale. Un’insana violenza è entrata nell’uso quotidiano del linguaggio, della stampa, del comune sentire e la poesia, che da sempre è profeta del suo tempo, alza la voce per ricordare l’importanza della libertà, della dignità e del rispetto delle diversità.
Per chi volesse approfondire, non ci sono molte pubblicazioni di scrittori e poeti ucraini tradotte in italiano, a parte un’antologia di scrittrici ucraine dal titolo Negli occhi di Lei, a cura di Lorenzo Pompeo, edito da Besa Muci Editore nel 2021. Per questo due anni fa è uscita di una nutrita antologia di poesia ucraina, curata da A.Achilli e Y. Grusha Possamai, edita da Mondadori: Poeti d’Ucraina. Un’impresa titanica compiuta dai curatori che hanno dovuto racchiudere in duecentocinquanta pagine quarant’anni di poesia ucraina.
Se hai apprezzato l’articolo, leggi anche Lesja Ukrainka e le sue sorelle di poesia cantano il dramma ucraino
Elenco dei blog consultati, che vi consiglio di leggere per approfondire, dove ho trovato queste bellissime poesie:
Marina Sorina, Poesia di resistenza: a Verona arrivano tre voci ucraine, su Heraldo.it, 22 novembre 2022.
Sei poesie dall’Ucraina, selezionate da Calvert Journal, Su La Macchina Sognante, 26 febbraio 2022.
Alice Figini, “I ragazzi crescono insieme al loro paese”: le parole della poetessa ucraina Olga Kis, su Sololibri.net, 22 febbraio 2022.
Salvatore Galeone, Lesja Ukrainka, la poetessa che ha lottato per l’Ucraina, su Libreriamo.it, 8 marzo 2022.
Circolo della rosa, Poetesse e badanti ucraine, su Libreria delle donne, 11 maggio 2004.
Memorial Italia, “Tenere in bocca un ago di silenzio”. Finalmente un’antologia di poesia ucraina in italiano, su Huffington Post, 23 ottobre 2022.
Lesja Ukrainka, su Una donna al giorno, 26 luglio 2022.
Chiara Evangelista, La sete di libertà nei versi della poetessa russa Marina Cvetaeva e della poetessa ucraina Lesja Ukrainka, su Lecce Cronaca, 8 marzo 2022.