Giovedì sera, un post lavoro come gli altri con la voglia di rilassarsi e concedersi qualche ora di pausa. Una sequenza consolidata: telecomando, Netflix, ricerca per genere. Incappo in una copertina interessate, film biografico, artista. Mi fermo e premo play. E così che vengo a conoscenza di una delle artiste folk più amate e apprezzate dai canadesi.
La pellicola Maudie – Una vita a colori, recitata da Sally Hawkins e Ethan Hawke nel 2016, riporta fedelmente i fatti relativi alla vita di Maud Dowley, poi meglio conosciuta come Maud Lewis, nata in Ohio nel 1903 e affetta da artrite reumatoide, malattia che la limita molto nei movimenti e inevitabilmente condiziona la sua vita. Dopo aver perso molto giovane entrambi i genitori, il tutore effettivo della ragazza diventa il fratello Charles, che la obbliga presto a trasferirsi a Digby da una zia. Lì Maud vivrà momenti di profondo sconforto, in primis a causa di una relazione che le dona una figlia che però non potrà mai stringere tra le sue braccia perché venduta a una famiglia benestante.
Desiderosa di prendere in mano la propria vita e avere una sua indipendenza, Maud si ritrova a rispondere a un annuncio di Everett Lewis, pescatore della zona, che cerca una domestica. L’uomo vive fuori dal paese in una piccola casetta senza elettricità e acqua corrente ma Maud vede questa opportunità come una via di fuga. Il film da questo momento inizia a raccontare la vita della strana coppia, romanzando una serie di episodi che mi piace immaginare si siano realmente verificati. Inizialmente burbero e scostante, Everett impiega molto tempo ad accettare la presenza di Maud, che silenziosamente riesce però a fare breccia nel suo cuore fino a convincerlo a sposarsi.
Maud non solo aiuta Everett nelle faccende domestiche, ma inizia a rendere la piccola casetta una vera opera d’arte, riempiendo ogni angolo libero con colori e disegni: uccelli, farfalle, cerbiatti insieme a foglie e fiori iniziano a riempire ogni spazio libero, tra muri, sedie e tavole.
Quando poi una cliente dell’uomo scopre il talento della pittrice e inizia a commissionarle piccole cartoline e poi quadri sempre più grandi un nuovo mondo si apre per Maud, che inizia così a vendere le sue opere (come dice anche il cartello “paintings for sale”, apposto su una sedia fuori dalla porta di casa) e ad avere sempre più visibilità mediatica, prima con un articolo a lei dedicato nel 1964 sul giornale di Toronto, lo “Star Weekly” e poi l’anno dopo con un documentario della CBC-TV. Le sue opere diventano così famose oltre i confini canadesi, tanto da arrivare addirittura all’attenzione al presidente Nixon che gliene commissiona una.
Con l’avanzare dell’età le condizioni di Maud peggiorano, complice la spartanità dell’abitazione che porta la pittrice ad ammalarsi, per poi morire nel 1970. Everett la seguirà una decina di anni dopo, per mano di un ladro introdottosi in casa.
La casa stessa, diventata una vera e propria opera d’arte, venne poi fortunatamente salvata dalla bontà e lungimiranza di alcuni abitanti del paese e venne donata all‘Art Gallery ad Halifax (Nuova Scozia), dove venne restaurata e trasformata in una casa museo con la collezione permanente dei dipinti di Maud Lewis. A Marshalltown invece, nella cittadina originaria, si trova oggi una replica in acciaio dell’abitazione, mentre una fede ricostruzione – completa di interni – è stata ricreata alle soglie degli anni 2000 sulla strada per Digby.
Analizzando le opere di Maud Lewis, la prima cosa che salta all’occhio sono sicuramente i colori e il segno grafico, utilizzato su carta o legno. Vengono predilette scene di vita quotidiana relative al suo passato e al suo presente, oppure soggetti che potrebbero essere stati colti attraverso i vetri di una finestra o gli occhi di un passeggiatore distratto. Le linee sono semplici, quasi infantili, e spesso le figure sono volontariamente lasciate incomplete.
Tra i soggetti prediletti emergono sicuramente gatti sornioni e tulipani multicolore che popolano prati e boschi estratti direttamente dalla fantasia dell’artista. Da menzionare anche il suo modo di procedere nella realizzazione: un primo strato di colore bianco veniva seguito dalla creazione delle linee guida e successivamente dall’applicazione del colore, che veniva estratto in forma pura dai tubetti e dalle latte senza mischiarli o sfumarli: uno stile semplice e diretto, una sorta di primitivismo che ha il potere di rendere ipnotici e desiderabili i quadretti della pittrice canadese.
«Tutta la nostra vita è già incorniciata», ripete più volte Maud nella riproduzione cinematografica, espressione che potrebbe essere realmente stata il mantra di questa originale pittrice, considerata la genuinità e ingenuità che trapela dalle sue raffigurazioni. Un mondo positivo e spensierato che non può essere intaccato dalla malattia e della povertà, isola felice per chi sceglie di perdersi al suo interno e lasciarsi trasportare.
In copertina: Maud Lewis, Untitled (White Cats with Blue Eyes), c.1965, olio su tavola.
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