La straordinaria epopea della Potter Generation

Potter Generation

A cavallo del millennio, Harry Potter è comparso nel panorama della letteratura fantastica con un successo tanto ampio quanto inaspettato. La storia del maghetto con la cicatrice – come veniva chiamato all’epoca in cui era necessario spiegare a qualcuno chi mai fosse Harry Potter – ha conquistato una nutrita schiera di fedeli estimatori, tra cui anche insospettabili come Stephen King o il nostrano Umberto Eco. L’autrice, J.K. Rowling, vanta la singolare distinzione di essere stata per lungo tempo la donna più ricca del Regno Unito, e di esserlo divenuta unicamente grazie alla scrittura. A rendere indiscusso il trionfale apprezzamento di Harry Potter è stata la concomitante trasposizione cinematografica prodotta dalla Warner Bros., in un caso alquanto raro di progresso in contemporanea: i libri non erano ancora stati ultimati, benché J.K. Rowling avesse già delineato un’architettura narrativa, e difatti all’autrice fu accordata un’inusuale partecipazione come consulente per indirizzare al meglio quegli snodi della trama di cui non aveva ancora rivelato tutte le implicazioni.

Un altro aspetto che fa di Harry Potter uno spartiacque nella cultura pop è l’aver accompagnato una generazione di giovani alla lettura, nonché rivoluzionato in maniera imprevedibile il loro atteggiamento al riguardo: non solo gli ultimi libri della saga sono tomi di dimensioni cospicue, di gran lunga più ampi di ogni altro libro per bambini che li aveva preceduti, abituando di conseguenza i lettori a storie lunghe e complesse; se prima la lettura era un passatempo raro tra i bambini e tendenzialmente ridicolizzato e deriso, il successo globale di Harry Potter di colpo ha reso leggera un’attività affascinante e legittimamente praticabile in pubblico senza venire ostracizzati, e ha segnato una delle prime grandi narrazioni collettive seguite da una fascia vasta ed eterogenea di pubblico desideroso di scoprire lo svolgersi della storia.

Bisogna inoltre riconoscere che Harry Potter non è solamente una saga per bambini. Come tutte le grandi storie ed i classici, è un racconto ordito su una pluralità di livelli e che offre numerose letture, capace di attirare e affascinare sia i più piccoli sia i loro genitori. Ricordo distintamente come mio padre, una sera, prese La Camera dei Segreti perché voleva iniziare una lettura leggera prima di mettersi a dormire, salvo poi rimanere sveglio fino alle 2 di notte in preda alla suspence e alla voglia di arrivare al finale. Come per altri grandi narratori, le storie imbastite da Rowling sono dotate di un carattere universale, capaci di entrare in risonanza con i più vari vissuti e di darci esperienza di situazioni in cui non ci capiterà mai di trovarci – vale a dire farci vivere a prestito altre vite, forse l’ambizione più alta della letteratura.

Potter Generation

A più di vent’anni dalla pubblicazione del primo libro, la saga gode ancora di fama e popolarità, testimoniata da numerose riedizioni, una serie spin off di film in corso di realizzazione, un fiorente mercato videoludico e le frequenti condivisioni sul sito Wizarding World di dettagli e aspetti del mondo magico che J.K. Rowling aveva elaborato durante la composizione della storia senza poterli inserire nei romanzi. Possiamo quindi dire con relativa certezza che Harry Potter si è ormai imposto come un classico contemporaneo, citato anche sui libri di scuola, e ha dimostrato di poter superare la prova del tempo assai meglio di molti suoi imitatori, lanciati quale “il nuovo Harry Potter” salvo poi sparire rapidamente nell’oblio.

Harry Potter non è stata la prima grande storia a coinvolgere completamente l’attenzione del pubblico all’epoca della sua pubblicazione: gli anni ‘80 avevano visto un’altra radicale rivoluzione con la Trilogia Classica di Guerre Stellari, e subito dopo la sua conclusione il posto di Harry Potter sarebbe stato preso da quell’altro colosso narrativo che è stata la serie HBO de Il Trono di Spade, quantomeno fino alla sua controversa ed affrettata conclusione. Similmente, Rowling non è stata la prima autrice del fantastico a lasciarsi dietro un’eredità duratura: J.R.R. Tolkien e H.P. Lovecraft la precedono di diverse decadi, eppure la loro influenza sull’immaginario degli autori seguenti è evidente e più viva che mai, e la loro opera attrae ancora oggi schiere di lettori devoti ed appassionati.

Eppure, c’è un carattere che contraddistingue la saga di Harry Potter e la differenzia da tutte quelle venute prima e dopo, un fattore che, a mio parere, si è rivelato cruciale per assicurarne il trionfo all’epoca della sua pubblicazione e la sua duratura longevità in seguito. In Harry Potter abbiamo assistito a qualcosa di inedito nel panorama della letteratura fantastica, e forse della letteratura tout-court: l’identificazione completa di una generazione di pubblico nei suoi protagonisti.

Harry Potter ha preso l’arco temporale della sua pubblicazione e ne ha fatto un proprio dato strutturale, che ha rafforzato il legame a doppio filo coi suoi lettori. La saga è stata definita in tanti modi, più o meno ficcanti: racconto per bambini, fiaba, fantasy, in alcune occasioni anche giallo e infine narrativa antifascista. Probabilmente, tutti questi caratteri sono appropriati, perché Harry Potter è in primo luogo un bildungsroman, un romanzo di formazione: raramente nella storia della letteratura si era visto un tentativo tanto ambizioso di raccontare la vita e gli anni di formazione di un gruppo di giovani, seguirne la crescita da bambini ad adulti e la scoperta del dolore, della morte e dell’amore. In sette libri, sette come gli anni di scuola frequentati dal protagonista – e sette è un numero signficativo nel Mondo Magico – seguiamo passo a passo dei bambini fino a vederli diventare adulti.

Potter Generation
credits: NYTimes

La saga è cresciuta con il suo protagonista, accompagnandolo in tale scoperta: ne abbiamo una prima dimostrazione nelle dimensioni dei libri, contenute per i primi tre titoli e successivamente tomi impegnativi e fors’anche ponderosi. Ma non è una questione puramente di dimensioni: J.K. Rowling affina sottilmente il suo stile e la sua capacità narrativa, costruendo di volta in volta un libro capace di risuonare con l’età del suo protagonista, ma rimanendo sempre accessibile ad una pluralità di livelli.

I primi libri presentano l’impianto classico della fiaba, sia per quanto riguarda la narrazione sia per gli episodi che Harry si ritrova ad affrontare. Ma nei libri seguenti l’intreccio inizia a farsi più ricco e misterioso, riservandosi di disvelare nuovi ed oscuri significati dietro a particolari che erano stati presentati innocentemente ancora agli inizi, quando eravamo ignari della loro importanza futura. I protagonisti iniziano ad andare incontro, in maniera più o meno sottile, al fallimento e alla sconfitta, e scoprono di dover pagare il prezzo delle loro azioni. In punta di piedi, J.K. Rowling ci conduce per mano a scoprire che il mondo non è diviso in brava gente e Mangiamorte, che sono le nostre scelte a definire chi siamo e che a volte per il Bene Superiore occorre compiere sacrifici dolorosi.

Questo è riconosciuto in maniera concorde come il lascito della saga di Harry Potter, e già così potrebbe spiegare il suo fascino. Tuttavia, c’è una singola parte di quest’esperienza che non sarà più disponibile a chi leggerà i libri in futuro, e che invece a parere di chi scrive si è rivelata fondamentale per conquistare i cuori del pubblico di allora. Questa parte è la paziente attesa che abbiamo dovuto osservare aspettando la scrittura di un libro dopo l’altro, il debutto di un film alla volta.

Molte saghe si sono caratterizzate per aver dipanato la propria storia su lunghi archi di tempo, mostrando così i propri personaggi in anni ed età assai differenti e suggerendo un loro cambiamento: Guerre Stellari è una saga generazionale, divisa in due momenti chiave separati da un lungo intervallo appositamente per mettere i personaggi di fronte ai cambiamenti che hanno subito. Altre saghe ancora occupano un tempo narrativo più breve, che viene tuttavia dilatato nella percezione del pubblico dall’attesa tra un capitolo e il successivo: Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, da cui è stata tratta la sopracitata Il Trono di Spade, ha visto il suo esordio nel 1996, il suo libro più recente pubblicato nel 2011 e manca ancora di due tomi per raggiungere la conclusione, ma la narrazione occupa poco più di due anni.

Harry Potter Fans
credits: Bustle

Ma in Harry Potter questa dilatazione temporale era non solo strutturale, ma anche condivisa con il suo pubblico: dalla pubblicazione de La Pietra Filosofale all’uscita de I Doni della Morte passano dieci anni; a considerare il margine più largo, l’età d’oro della saga comincia nel 1997 con l’esordio in libreria e si conclude nel 2011 con il debutto dell’ultimo film al cinema. In questi dieci o quindici anni Harry Potter è cresciuto all’interno della storia, e i suoi lettori sono cresciuti con lui. Per tre lustri, Harry Potter è stato un punto di riferimento, un amico fidato che sapevamo di poter ritrovare e a cui confidare le nostre insicurezze, in cui rispecchiarci di fronte alla difficoltà del crescere. J.K. Rowling non ha raccontato solo la storia di un mondo magico minacciato dall’oscurità: ci ha fatto camminare al fianco di un ragazzo che cerca di integrarsi, ci ha mostrato le sue sofferenze come riflesso, le sue gioie come eco delle nostre. La lunga e fedele attesa tra un capitolo e l’altro era la stessa ansia di rincontrare un vecchio amico dopo una lunga separazione, e nel ritrovarsi lo scoprivamo cresciuto, e ci accorgevamo di essere cresciuti anche noi.

All’apertura dell’ultimo libro, J.K. Rowling concludeva con queste parole la dedica:

«E a te, se sei rimasto con Harry fin proprio alla fine».

Era il suo tacito ringraziamento ai lettori, nella consapevolezza che avevamo seguito quella storia fino a farla parte della nostra vita. Alcuni di noi erano presenti fin dall’inizio, altri si erano aggiunti un poco dopo, ma tutti erano rimasti fino alla fine: attraverso gli orrori e la meraviglia, l’euforia e il tormento, avevamo visto dei bambini diventare uomini e donne, e noi con loro; quando loro compivano scelte ci siamo domandati cosa avremmo fatto al loro posto. In quell’epilogo sereno a King’s Cross abbiamo salutato la nostra infanzia, con il cuore un po’ gonfio e il sospiro di chi rivede la propria vita.

Oggi chiunque può avventurarsi nella storia di Harry Potter nel tempo più breve: sono sufficienti otto sere per vedere i film, o un paio di mesi per un lettore veloce. Ma noi abbiamo scoperto quel mondo magico assieme a quel bambino con gli occhiali e la cicatrice, e ne abbiamo condiviso la meraviglia. Noi abbiamo trovato la Pietra, abbiamo aperto la Camera, abbiamo incontrato il Prigioniero, abbiamo visto il Calice; abbiamo fatto parte dell’Ordine, combattuto il Principe e ricevuto i Doni. Noi siamo la Potter Generation, e non ce ne sarà più un’altra uguale.

 


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Alessandro Sergio Martino Gentile, autore di Storie Sepolte
Alessandro Sergio Martino Gentile

Quando ero bambino, chiedevo che mi raccontassero delle storie. Mi affascinavano tutte, dai miti greci ai racconti dei cavalieri, dalle fiabe alle avventure di pirati. L'esito inevitabile era finire a studiare la Storia, con la s maiuscola, per tentare di capire da dove veniamo. Nel frattempo sono stato maestro di scuola e volontario del servizio civile, e collaboro dentro e fuori il palco del teatro con Associazione Studio Novecento. Amo il silenzio e la musica classica, la lettura e le camminate, la buona cucina di mano mia o altrui.