Edoardo Erba Utoya

Edoardo Erba: il teatro surreale di uno splendido nome allitterante

A cura di Sofia Perissinotto e Davide Cioffrese

Nota: l’ordine degli autori è questione di cavalleria e potenzialmente di facoltà mentali (dalla sana al fuori di testa, si intende). Sofia si è occupata della stesura della seconda parte dell’articolo odierno; Davide ha fatto la prima. Quindi, nel caso quest’ultimo vi stia pesantemente sulle scatole e ne aborriate anche solo la vista, siete pregati di saltare alla più professionale sezione di Sofia (riga… boh). Grazie e buona lettura…

 

Edoardo. Erba. Edoardo Erba. Uno splendido nome allitterante che è già un programma.

Nato nel 1954 nella nostra piccola e nebbiosa cittadina universitaria, Edoardo Erba è uno degli autori teatrali più interessanti sulla scena italiana ed europea. Le sue opere sono state tradotte in numerose lingue, adattate e messe in scena oltreoceano, insignite di numerosi premi; sono…

Vi state annoiando?

Di già?

Catturare la platea al giorno d’oggi è un’impresa.

E va bene… Volete un contentino? Arriva il contentino. Prima di diventare la stella teatrale che è oggi, Erba ha collaborato alla realizzazione dei programmi televisivi Ciao Ciao e Bim bum bam.

Tutti noi giovani e disillusi universitari, ne sono sicuro, ricorderemo con gioia o forse con orrore il secondo, contenitore per eccellenza di cartoni animati e altre distrazioni della nostra infanzia per oltre vent’anni di storia Mediaset.

Edoardo Erba
Edoardo Erba

In quanto al primo… posso presumere fosse semplicemente la versione anni ’80 di Bim bum bam. Non so se la cosa debba farmi gioire o rabbrividire.

Ecco, siete soddisfatti? Possiamo tornare al nostro protagonista? Bene.

Lasciate che vi rassicuri: Edoardo Erba non è il classico autore teatrale, ligio a una solennità dolorosa o a un pathos raggiunto solo tramite dialoghi sfiancanti. Il suo è un teatro vivace, moderno e forse postmoderno, comprensibile e terra-terra quanto inevitabilmente profondo, portatore di grandi significati e grandi interrogativi. Siamo lontani dalle magniloquenti formule del teatro tradizionale e borghese, dalla teatralità come la intendeva l’ottocentesco Henrik Ibsen.

Ricapitoliamo: nel caso sia il nome di Erba che quello di Ibsen li stiate leggendo per la prima volta in quest’articolo (e non è nulla che debba preoccupare i profani dell’ambito teatrale), è probabile che vi divertiate di più con la lettura del primo.

La lingua di Erba è tutto tranne che antiquata e solenne: con lui la quotidianità si fa strada sul palcoscenico; un palcoscenico che inevitabilmente viene trasfigurato in uno spaccato pulsante della realtà. Sulla scena di Erba sono benvenuti i colloquialismi, il turpiloquio, le forme gergali. I due corridori della Maratona di New York, uno tra i testi più noti dell’autore, ansimano e imprecano come lo si può fare solo correndo alle prime ore del mattino (lo dico per pur povera esperienza); allo stesso modo, la coppia di Muratori che erige una parete (non è una metafora) sul palcoscenico usa un romanesco vivo e sentito, frutto della permanenza stabile di Erba a Roma.

Edoardo Erba Maratona di New York
Maratona di New York, con la regia di Davde Paganini e Antonio Tancredi (cretits: Sonar.it)

Nota invisibile ai lettori rivolta a Sofia (può leggerla solo Sofia. Nel caso per qualche strano motivo voi lettori riusciate a vederla, siete pregati di non leggerla): questi tizi sono allucinanti, sul serio. Se ne fregano bellamente. Non hai idea di quello che ho dovuto tirare fuori per riguadagnarmi la loro attenzione. Hey, se si distraggono di nuovo, dì loro che il testo d’esordio di Erba, Ostruzionismo radicale, dell’85, l’ha interpretato Claudio Bisio. Forse la cosa ci guadagnerà qualche punto… Ecco, magari puntualizza che non c’entra nulla con gli struzzi.

Le opere di Erba, profonde e dense di riferimenti, non risultano carenti di momenti focali, di grandi e provocatori exploit da ricordare. La storia del teatro è piena di simili e memorabili scene: lAmleto lo associamo immediatamente alla figura di un un individuo intento a chiacchierare del più e del meno con un teschio; il Macbeth ha come immagine mentale incontrastata le tre arzille incantatrici, una conciata peggio dell’altra, chine a rimestare qualche mefitico fluido (Chinotto, secondo alcuni illustri teorici) nel loro calderone.

In tale ottica, Venditori di Erba si potrebbe associare alla scena di sesso sadomaso in cui l’orgasmo è raggiunto tramite una sapiente combinazione di frustate e uso martellante di terminologia economica.

Non credo avrò bisogno di ri-attirare la vostra attenzione, a questo giro.

Ti passo il testimone, Sofia.

Lo spettacolo Rosalyn di Edoardo Erba (cretist: teatro carcano)
Una scena di Rosalyn, di Edoardo Erba (cretist: Marina Alessi, teatro carcano)

Ti ringrazio Davide. Sia per le frasi cavalleresche, sia per l’introduzione brillante. Vediamo ora cosa dire per poter portare a termine questa irriverente e irriverita panoramica su Edoardo Erba.

Nella produzione di Erba fondante, ma peculiare, è il rapporto tra reale e surreale.

Nella maggior parte dei suoi testi egli comincia da situazioni di apparente realtà. Ma poi rimane lì? Non proprio. Per esempio In Margarita e il gallo, una delle sue opere più famose, tutto sembra iniziare in maniera assolutamente verosimile. In una casa signorile della Firenze del Cinquecento, una famiglia agiata assume una povera ed ignorante contadina. Verosimile è il gustoso scambio di battute tra i vari personaggi appartenenti alle classi sociali differenti e nella norma può dirsi anche il racconto della popolana, che sostiene di essere figlia di una strega capace di trasformarsi in gatto. Il tutto però comincia a non potersi più definire tale quando è la stessa Margarita a scambiarsi di corpo con il padrone, facendo così in modo che sia il ricco gentiluomo, ormai incastrato nel corpo femminile, ad avere l’onore o l’onere delle avances piuttosto insistenti di un marchese dai gusti stravaganti. Ad ogni modo in Erba il fantastico e il surreale non sono mai fini a se stessi, ma permettono al testo di liberarsi in riflessioni ulteriori.

Questo procedimento avviene sempre in modo sorprendente. Non appena si acquisisce un po’ di familiarità con il teatro di Erba infatti si attende lo slittamento nel surreale, ma essendo esso il più delle volte quasi improvviso è come se non si sia mai del tutto pronti. Pare quasi di sentirsi beffati.

Edoardo Erba, Senza Hitler
Una scena di Senza Hitler, di Edoardo Erba (credits: La Nazione)

Ultimo elemento con cui spesso Erba ama giocare è quello della Storia. In Senza Hitler viene proposto un mondo in cui l’uomo non sia mai diventato fuhrer, ma che abbia invece coronato il sogno, decisamente più innocuo, di dipingere. Il pittore Hitler è portatore della stessa ideologia estrema, capace ancora di inquietarci, ma fortunatamente non può far altro che farneticare e minacciare armato solo di un pennello.

Una sorta di dittatura effettiva invece, accompagnata da un salto nel futuro, si ha in Vaiolo. Non è tra le opere erbiane più conosciute, tuttavia è proprio quella che desidero menzionare prima di salutarci. È un testo che parla di teatro. O meglio, parla della fine del teatro. L’opera è ambientata in un futuro dittatoriale e vede due uomini, che poi si rivelano due spie governative, incontrarsi in un luogo che una volta era, per l’appunto, un teatro ma che ora non esiste più. Non solo l’umanità lo ha dimenticato, ma la tirannia che ora governa lo reputa potenzialmente pericoloso, tanto da arrivare ad eliminare chiunque ne risulti un suo conoscitore. Le due spie evocano le modalità di funzionamento di questo luogo che emerge quasi come ridicolo e assurdo. Perché mai perdere tempo per andare a vedere delle persone che si muovono e parlano? Perché mai, soprattutto, farlo pagando? Forse, come insinuano poi loro stessi, perché esso aveva delle strane potenzialità curative.

Ed ora, cari lettori, approfitto per fare un invito che sono certa Davide condividerà. Andiamo a teatro. Esso merita di vivere e di continuare a parlarci. E coloro ai quali la vecchia storia della guarigione tramite il teatro può sembrare eccessiva ci facciano almeno dire, citando proprio le parole di un personaggio erbiano, che si può andare a teatro anche solo per sentire un accidente di qualcosa che dia l’illusione di capire in che genere di merda stiamo razzolando.

 

In copertina: Una scena dello spettacolo Utoya (credits: gagarin-magazine.it)


Edoardo Erba (Pavia, 1954) è un drammaturgo e regista teatrale. Le sue opere più importanti: Ostruzionismo radicale (1986), La notte di Picasso (1990); Maratona di New York (1992, con la partecipazione di Luca Zingaretti), Senza Hitler (2001) Muratori (2002). Questo articolo è stato pubblicato su Birdmen del maggio 2016.

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