Nel luglio 2016 un’inchiesta de ilLibraio.it ha proposto un “viaggio nel proliferare di siti dedicati all’approfondimento culturale”, presentando varie riviste letterarie online e intervistando alcuni dei protagonisti.
Il fenomeno appare amplificato durante il periodo pandemico, poiché la discussione culturale può sussistere soltanto in formato digitale, attraverso i vari mass media, soprattutto su Internet.
Analizzando la situazione, risulta che la digitalizzazione ha apportato un mutamento di pubblico e di codici comunicativi. Come è emerso dalla rassegna della Fondazione Premio Napoli, tenutasi dal 25 giugno al 16 luglio 2020 (qui puoi vedere gli incontri), i lit-blog e le riviste online hanno assunto un chiaro ruolo critico e di divulgazione letteraria nell’ambito della cultura digitale[1].
Alcune testate replicano soltanto il prodotto, dal cartaceo al formato digitale; mentre altre, perlopiù quelle esclusivamente online, propongono un servizio più vasto, correlato di contenuti multimediali, attraverso i quali il lettore può interagire direttamente con la rivista. Inoltre la diffusione viene spesso gestita in collaborazione con altre realtà digitali, solitamente i social network, che permettono al recettore di entrare in contatto con gli scrittori oppure di ampliare la discussione culturale attraverso una rete di commenti.
Tuttavia i vantaggi del formato non si limitano all’interazione e alla rapidità di condivisione. Infatti le riviste online e i lit-blog sono ecosostenibili e salvaspazio (la tascabilità del dispositivo favorisce la lettura da viaggio). Inoltre gli articoli sono sempre più precisi e ben curati, poiché è possibile correggerli e aggiornarli facilmente e in tempo reale; non subiscono neppure i limiti dimensionali della carta, in quanto la loro lunghezza e la possibilità di aggiungere spazi inserzionali sono potenzialmente infinite. Per giunta i vecchi numeri sono agevolmente reperibili e consultabili. Infine il digitale permette alle testate di avere una profilazione degli utenti e delle loro preferenze, così da dirigere gli articoli verso specifici contenuti.
Dunque una comunicazione dinamica, partecipata e all’insegna di una maggiore libertà di espressione, alla quale si avvicinano sempre più scrittori e realtà. È il caso della scrittrice Chiara Della Monica. La sua passione per la scrittura nasce sin dall’infanzia, quando le fu assegnata la lettura di “Cuore di Ciccia” di Susanna Tamaro, come compito per le vacanze. Oltre alla lettura, doveva sottolineare e trascrivere le frasi che più la colpivano al fine di elaborare un tema; esercizio mai abbandonato: da semplici aforismi, strofe di canzoni e sogni, Chiara crea delle storie. Infatti proprio da una canzone è nato il suo ultimo romanzo “Maledetto Rosso”, un racconto romantico accompagnato dalla musica: ogni capitolo viene aperto da una citazione tradotta di una specifica canzone, ascoltabile attraverso una playlist Spotify.
Da una ricetta, invece, nasce un altro suo romanzo romantico, ossia “Regali da vivere”, pubblicato dalla casa editrice digitale EdiLab e comprendente dei QR Code che permettono al lettore di accedere a contenuti multimediali.
Pertanto un codice interattivo che facilita l’immedesimazione del lettore; che “rende reale la parte di fantasia che orbita attorno al particolare reale che ha dato vita alla storia”, spiega Chiara.
Quali sono i vantaggi di questo codice comunicativo?
Nel mondo della scrittura, ormai saturo vista la quantità di libri che escono al giorno, c’è bisogno di qualcosa di innovativo, di diverso, qualcosa che riesca ad attirare il lettore, capace di farlo immedesimare il più possibile nella storia. E quindi entrano in gioco le interazioni, nel mio caso usando la musica e la fotografia.
Credo sia molto diretto, con un impatto decisamente diverso: poter magari visualizzare tramite una foto, un dettaglio che sta descrivendo, un luogo o ascoltare la colonna sonora che ha accompagnato la scrittrice durante la stesura.
Qualcuno potrà dire che così si tarpano le ali dell’immaginazione, io invece credo che sia una spinta maggiore, un qualcosa che porta la persona ad andare oltre l’immaginazione classica. Se leggiamo di un tramonto, di solito immaginiamo qualcosa che si avvicini a quello, che magari abbiamo vissuto in prima persona; ma se l’autore ti invia un input diverso per farti vedere cosa lui stesso sta guardando, si crea una sorta di viaggio parallelo in posti mai visitati, stando seduti sul divano.
L’utilizzo di contenuti multimediali permette al lettore di immergersi completamente nel mondo letterario creato dallo scrittore, attraverso lo sviluppo di più sensi. Qual è la collaborazione che si instaura tra scrittore e portali/terzi, detentori dei diritti di copyright?
Questo codice comunicativo sta prendendo sempre più piede. Nulla di nuovo se pensiamo ai fumetti, o ai grafic novel o ai semplici libri per bambini. Il compito dello scrittore è dare i giusti input, senza spoilerare; lasciando comunque la libertà nel lettore di immaginare quello che sente.
L’utilizzo dei portali e la consultazione del personale competente è un punto chiave: un modo sicuro e professionale per ottenere un buon lavoro. Affidarsi a terzi, capaci e preparati, dà all’autore una sicurezza maggiore, e l’immagine che si trasmetterà, sarà completamente diversa dalla classica. Alla base devono esserci fiducia, professionalità e voglia di mettersi in gioco. La cooperazione e l’umiltà sono i caratteri fondamentali da mettere in gioco.
Alla fine, però, sono convinta che verranno riconosciuti gli sforzi fatti…certo al momento siamo ancora agli albori, ma chi seriamente segue e si cimenta ha riscontrato un maggior avvicinamento al testo, sentendosi più partecipe nelle storie.
I canali terzi più diffusi sono quelli dei QR Code e i canali musicali come Spotify, utilizzabile gratuitamente sia dall’autore, dall’eventuale casa editrice e dal lettore stesso.
Queste piattaforme permettono in modo autonomo, senza costi aggiuntivi, di completare l’opera integrandola con dettagli multimediali concreti, visivi e uditivi.
Uno scrittore ha la fortuna di poter attingere a una fonte molto ampia di strumenti, indipendentemente che sia un autore self o con casa editrice, ovviamente se si è stipulato un contratto di pubblicazioni si dovrà prima informare e confrontare con il responsabile di collana, ma per come è oggi il settore editoria più si è ricchi di dettagli, più la storia potrà essere funzionale e sponsorizzata sotto tanti punti di vista.
La scrittrice Chiara Della Monica ha collaborato con il blog “Accademia della scrittura” e con la rivista culturale “Read il Magazine”; in entrambi i casi ha sfruttato la loro diffusione digitale per poter approfondire questa tipologia di comunicazione. Per il blog ha scritto articoli sulle origini di alcune festività o su tecniche letterarie, nonché recensioni di libri e film, correlandoli di link o QR Code che rimandavano ai profili degli artisti o ai soggetti trattati. Nei primi tre numeri del magazine, invece, si è occupata dell’importanza simbolica delle copertine: un percorso che riguarda la scelta del soggetto, del colore e del processo lavorativo; dichiarando l’apparato visivo veicola ed enfatizza il messaggio scritto, concetto nodale del progetto “Read il Magazine” e in generale della comunicazione digitale.
Quali sono le motivazioni che ti spingono a sviluppare la comunicazione visiva, parallelamente a quella scritta?
Credo che utilizzare tutti i sensi a nostra disposizione sia fondamentale per trovare quello che ci piace. Nel caso delle copertina la parte visiva è quella che ha l’impatto maggiore sulla nostra attenzione, la quale viene catturata dai colori, dai soggetti o dal tipo di font usato per scrivere il titolo.
Se dovessimo entrare il libreria in più momenti della giornata, in base al nostro stato emotivo di quel preciso istante noteremo diverse copertine.
Perciò gli scrittori danno molta importanza alla cover che meglio possa caratterizzare la sua storia. Nel 2021 non si parla più di mera scrittura, ma di cosa ruota attorno ad essa. La creazione di contenuti come: card riassuntiva con immagini d’impatto, booktrailers che diano un’anteprima di cosa il lettore andrà a leggere, utilizzare presta-volto (in genere personaggi/modelli famosi sia maschili che femminili) che diano l’idea concreta dei personaggi che animeranno le pagine, sono tutti modi visivi per catturare l’interesse di un possibile lettore.
Questi sono i nuovi strumenti a disposizione degli scrittori che aiutano a focalizzare l’attenzione sul proprio libro. Una scelta quasi obbligatoria se si vuole raggiungere il maggior numero di utenti, specialmente sui canali social come Facebook e Instagram.
In secondo piano c’è un’altra fonte d’ispirazione e d’attrazione: la musica, che va a stimolare, però, la parte uditiva. Le canzoni fanno da sottofondo alla parte visiva, accompagnando foto ricercate sul web, la stessa copertina o le card. Il connubio vista-udito permette di raggiungere maggiore visibilità al lavoro che si è svolto, catturando ancora di più l’interesse.
Voglio anche precisare che siamo condizionati da quello che ci sta intorno: se a una persona piace leggere, sui social segue più profili con la sua stessa passione e ad ogni pubblicazione, post o storia in cui viene segnalato, descritto o recensito, dopo averlo letto è inconsciamente condizionato dal parere di altri.
Faccio un esempio: Oggi va molto di “moda” mettere in copertina il personaggio maschile, o una coppia che si sta cambiando il bacio. Entrando il libreria le prime copertine che cerchiamo sono proprio quelle, e così facendo viene anche segnalato subito il genere di libro che vogliamo leggere.
Infatti le case editrici sono molto brave a dare un’identità visuale alle loro copertine, così da essere riconosciute a colpo d’occhio dal lettore.
In modo diverso, invece, funziona l’acquisto di libri online: il motivo che ci spinge a sceglierne uno piuttosto di un altro è quello delle sponsorizzazioni. Se un libro ci appare in evidenza, seguendo ovviamente i nostri gusti, in base ai precedenti ordini o pagine visitate, siamo più tentati a sbirciare, a dare una possibilità a quel libro, anche se la copertina non è propriamente quella che va di moda, condizionata anche dal fattore numero di recensioni ottenute.
Parlando ancora del connubio tra visivo e scritto, secondo te i social possono riportare in auge tecniche avanguardistiche che sconfinano in più discipline? Sono ad oggi il canale privilegiato per sviluppare queste arti? Mi riferisco al tuo ultimo articolo per Accademia della scrittura “Come cercare la poesia nascosta”, dove hai parlato del metodo Caviardage®, portando degli esempi tratti dai racconti di “Read il Magazine”.
Ci sono volte in cui non troviamo le parole e, per quanto ci sforziamo, per cogliere le migliori, restiamo in balia del vuoto assoluto. Una mente senza idee illuminanti. Ma sappiamo bene che l’ispirazione non sempre ci aspetta dietro l’angolo, la dobbiamo scovare negli anfratti più reconditi della nostra memoria oppure possiamo affidarci ad altri strumenti che ci aiutino nella nostra missione. Ed è qui che entra in gioco il Metodo Caviardage, sistema di scrittura poetica creato e diffuso in Italia da Tina Festa, insegnante di scuola primaria con grandi sogni e tanta voglia di realizzarli. Il Metodo Caviardage è un metodo di scrittura poetica che aiuta a scrivere poesie e pensieri attraverso un processo ben definito e un gran numero di tecniche e strategie, non partendo da una pagina bianca ma da testi già scritti: pagine strappate da libri da macero, articoli di giornali e riviste, ma anche testi in formato digitale.
Questa tecnica ci spinge a scoprire messaggi nascosti che le pagine possono comunicarci, presentandoci nuovi mondi, idee e pensieri che hanno il compito di illuminarci. Mi sento di definirlo un rimedio creativo simile al “blocco dello scrittore”: districa nodi, crea connessioni e apre la mente a nuovi progetti. Il processo del metodo Caviardage si combina con svariate tecniche artistiche espressive, come il collage, la pittura e l’acquarello, che danno vita alla poesia visiva: piccoli capolavori che, attraverso parole, segni e colori, danno voce a emozioni difficili da esprimere. Ogni persona può affacciarsi a quest’arte partecipando a corsi professionali e non.
All’inizio era conosciuto solo da professionisti che si cimentavano in nuove tecniche, magari da applicare in aula o in conferenze. Alcune persone, però, nonostante non rientrino nello stesso settore lavorativo hanno iniziato ad approcciarsi al metodo per trovare qualcosa a loro sconosciuta, qualcosa che magari hanno dentro e che non riescono a far uscire. Grazie proprio a queste applicazioni, al maggiore utilizzo dei canali tecnologici, si è potuto conoscere qualcosa di nuovo, per esprimere e sperimentare noi stessi in altri modi. Quindi in questo caso sia la parte visiva che quella scritta hanno un ruolo importante nella riuscita del metodo.
Chiara ha menzionato “Read il Magazine”, una rivista che ha veicolato un codice interattivo, proponendo un progetto inizialmente digitale, poi cartaceo, ma che continua ad essere prevalentemente visivo. Nasce nel 2020 come rivista dell’ “Accademia della scrittura” e diventa una testata giornalistica nel 2021. Ogni tre mesi presenta varie rubriche letterarie ed artistiche, nonché racconti brevi; anche le ricorrenze, come i 700 anni dalla morte di Dante, vengono trattate attraverso contenuti originali, creati dalla collaborazione tra grafici e scrittori. Ad oggi sono arrivati al quarto numero.
A dirimere i quesiti è la direttrice editoriale, Monique Scisci.
“Read il magazine che crea indipendenza!”: questo è il vostro motto e seguendo il vostro progetto sin dall’inizio, sembra che l’indipendenza non voglia rappresentare soltanto uno stato intellettuale che si può raggiungere attraverso la lettura, ma anche un disegno giornalistico indipendente. È così? Cosa vi spinge a scegliere questa strada?
Abbiamo sin da subito stabilito le linee guida della rivista, uno dei punti su cui siamo sempre stati fermi, è appunto l’indipendenza, termine che caratterizza il nostro agire all’interno del panorama editoriale.
Molte riviste letterarie già presenti sul mercato e di sicuro più consolidate di Read, che ricordo è nata a giugno del 2020 in un contesto storico fortemente complesso, fanno capo a gruppi editoriali, pertanto il loro taglio giornalistico è condizionato dalle politiche del gruppo. Mi riferisco ai titoli proposti, agli articoli di critica letteraria e alle tematiche toccate. Mentre il nostro magazine è un prodotto dell’Accademia della scrittura, un’agenzia che si occupa di supportare gli scrittori durante la fase di revisione dei propri manoscritti. Mi spiego, l’agenzia non pubblica libri, offre servizi e corsi di formazione, e questo svincola la redazione da ogni dovere. Siamo di fatto liberi di decidere cosa pubblicare, quando e perché farlo.
L’intenzione è di offrire ai nostri lettori la possibilità di superare i confini entro cui, ancora oggi, è relegata la fruizione del prodotto libro. Analizzando il mercato e confrontandoci a lungo con lettori, scrittori e professionisti che operano nel settore, ci siamo resi conto che l’editoria tradizionale risente di una sorta di patina elitaria. La tendenza è di escludere, e in un certo senso stigmatizzare, alcune realtà che ad oggi compongono l’offerta, mi riferisco per esempio al self-publishing, ma lo stesso discorso vale anche per i bookblogger. La nostra non è una scelta convenzionale, e nemmeno facile se proprio vogliamo dirla tutta; avere alle spalle un marchio favorisce la promozione. Ma è una scelta che abbiamo preso con la consapevolezza che Read è a tutti gli effetti un magazine innovativo, fuori dagli schemi. La nostra visione del giornalismo letterario è diversa, in continua evoluzione, ecco perché ci teniamo a restare indipendenti.
Analizzando i vantaggi che il digitale apporta al giornalismo, si presentano varie strade: ogni rivista sceglie il suo taglio e la sua procedura. Voi cosa offrite ai lettori?
Parto con una precisazione: Read è disponibile sia in formato digitale che cartaceo, ma al momento, analizzando i dati di vendita, tra le due opzioni, i nostri lettori sembrano prediligere la carta stampata. Forse il motivo risiede nella grafica accattivante; ogni numero viene costruito sartorialmente sul focus principale e ci prendiamo cura di ogni articolo valorizzandone la tematica. Il prodotto assume così un valore unico, diventa un bell’oggetto da conservare. Possiamo quindi dire che, oltre al contenuto, c’è l’estetica, un’estetica che salta all’occhio. Crediamo nel digitale e spingiamo ambedue i formati e per il futuro prevediamo un impegno sempre maggiore affinché la rivista soddisfi le esigenze di ogni lettore, ma non ci rivolgiamo solo a una fetta di pubblico. E per quanto riguarda l’offerta, Read propone una visione ad ampio spettro sul mercato, non pubblichiamo solo articoli di critica letteraria e raramente scriviamo recensioni con il solo scopo di parlare di quel libro in particolare; il libro diventa il pretesto per affrontare tematiche trasversali. Tra l’altro stiamo parlando di un trimestrale, per cui i nostri contenuti devono avere un taglio tale da suscitare interesse anche nel lungo periodo. Pertanto ogni numero resta attuale anche se letto a distanza di tempo. Per fare un esempio: il primo numero ufficiale del magazine è uscito il 15 marzo del 2021, a ridosso della “Festa della donna”, per l’occasione non abbiamo “sfruttato” il tema della disuguaglianza, ma abbiamo costruito un percorso atto a valorizzare la femminilità ripresa nelle sue molteplici sfaccettature. Un elogio alla donna intesa non come vittima, ma come protagonista.
A livello di vendite e di interazioni, avete constatato un avvicinamento al digitale durante il periodo pandemico?
La pandemia non ha fatto alcuna differenza, anzi, in un certo senso ha favorito l’interazione con il pubblico. Però mi preme sottolineare un dato importante in merito al discorso sul digitale; Read non è in edicola, non ancora perlomeno, per cui le chiusure non hanno penalizzato le vendite. I lettori, forti del fatto che la rivista venisse consegnata direttamente a casa, hanno comunque scelto il formato cartaceo.
Per concludere, i lit-blog e le riviste culturali e letterarie online stanno acquisendo la stessa dignità del cartaceo nell’ambito intellettuale, critico e divulgativo nazionale. Come disse Francis Bacon “Chi non applica nuovi rimedi dev’essere pronto a nuovi mali; perchè il tempo è il più grande degli innovatori”; questo rimedio può raggiungere un risultato positivo: la formazione di individui critici e recettivi.
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