Gorthan e Thrawn Martina Trotta

Gorthan e Thrawn: conquistatori alieni a confronto

Negli ultimi quindici anni la Walt Disney Company, già all’epoca un titano del mondo dell’intrattenimento, ha consolidato il proprio predominio sulla cultura pop con l’acquisizione di alcune delle maggiori realtà produttive occidentali. Ancorché è difficile poterlo dire con certezza, si stima che circa un quarto della proprietà intellettuale della cultura pop occidentale sia oggi riconducibile alla Disney. Nondimeno, al di là di molta ironia e di qualche preoccupazione che sul web gode di un’eco periodica, questa coesistenza di diverse realtà creative non si è tradotta in un’uniformazione stilistica: i film Marvel non si sono tramutati in musical, la Fox ha continuato a rilasciare thriller, Leila Organa non è divenuta una principessa Disney. La discussione sul predominio Disney nella contemporaneità e su possibili cali di qualità o successo a seguito dell’acquisizione è compito vasto ed arduo, che oggi non ci riguarda. Ciò su cui ragioneremo questa volta è una curiosa somiglianza tra due personaggi di due saghe di diversa origine, produzione e format, che per uno strano caso si presentano con un’involontaria affinità, troppo interessante per non meritare di essere approfondita.

Le saghe che hanno dato i natali ai nostri personaggi sono due delle opere più note ed apprezzate della seconda metà del Novecento, rinomate per la capacità di rileggere miti e archetipi consolidati con un taglio inedito e influenze orientali, imprimendo un marchio considerevole sulle decadi in cui uscirono. Sono tuttavia opere alquanto difformi, che risulterebbe difficile accostare: si tratta infatti di Star Wars, celebre universo scaturito dall’esalogia cinematografica di George Lucas e arricchito da un vasto mosaico di racconti nei media più vari, e Paperinik New Adventures, la serie a fumetti pubblicata dalla sezione italiana del fumetto Disney negli anni ‘90, rileggendo il classico personaggio di Paperinik in chiave fantascientifica. Entrambe queste serie hanno avuto uno straordinario successo di pubblico, nascono dalla volontà di un pugno di giovani autori dal forte immaginario di raccontare storie che staccassero fortemente dal contesto che li circondava e segnarono una notevole rottura al momento della loro uscita, in seguito più o meno variamente assimilata e incorporata.

PKNA Speciale 99 <em>La fine del mondo</em>, soggetto e sceneggiatura di Gianfranco Cordara &amp; Bruno Enna, matite di Andrea Freccero & Marco Forcelloni, chine di Andrea Freccero e Santa Zagari
PKNA Speciale 99 La fine del mondo, soggetto e sceneggiatura di Gianfranco Cordara & Bruno Enna, matite di Andrea Freccero & Marco Forcelloni, chine di Andrea Freccero & Santa Zagari.

Queste similitudini non devono tuttavia farci dimenticare le profonde differenze: Star Wars nasce come opera cinematografica, e solo successivamente viene espansa con l’aggiunta di romanzi, fumetti e cartoni; è prodotto di un autore americano, il californiano Lucas, che cerca di riportare a nuova luce vecchi stilemi narrativi e archetipici, e conferisce alla sua creazione un inedito sapore a metà tra la fiaba e il western, tra il fantasy e la fantascienza, sovente definito con l’etichetta di “space opera” e raramente replicato da altri autori. La saga di PK[1], come viene usualmente chiamata, nasce invece dalla volontà di rottura di un pugno di giovani autori usciti da poco dall’Accademia Disney, che operavano quindi nel solco della decennale tradizione fumettistica italiana, da loro riconosciuta e mai rinnegata, ma da cui deviano verso una narrazione inedita sia per soggetto sia per raffigurazione; la saga di PK rimane sempre vincolata nell’ambito del fumetto, e nutre i propri albi di atmosfere variabili, alternando tra il registro epico e l’umorismo demenziale, tra il thriller e l’action, mostrando un ventaglio assai ampio di scenari possibili.

Sia Star Wars sia Paperinik New Adventures sono opere vaste e stratificate, meritorie di numerosi approfondimenti che lo spazio non ci consente. Invocando nuovamente la vostra benevolenza, ed invitandovi nel caso non le conosciate a scoprirle, mi vedo costretto a chiedervi di seguirmi, mentre restringiamo l’obiettivo su due personaggi iconici e beneamati, dalle sorprendenti somiglianze. Nessuno dei due è un protagonista né l’antagonista principale, entrambi vantano poche apparizione, ma nonostante l’esiguità delle loro scene sono riusciti ad affascinare il pubblico e a conquistarne i cuori, rimanendo impressi ed ammirati. Presentiamo così dalla galassia lontana lontana Mitth’raw’nuruodo, meglio noto come il grand’ammiraglio Thrawn, e il capo-branca scientifica Gorthan del grande Impero di Evron.

Il grand’ammiraglio Thrawn non è mai apparso nei sei film di George Lucas, quelli che raccontano il filo principale dell’epopea di Star Wars, ma è sempre stato raffigurato nelle opere collaterali[2]: fa la sua comparsa nel romanzo L’erede dell’Impero (Heir to the Empire, 1991) di Timothy Zahn ed è il principale antagonista di quella che da lui prenderà il nome di Trilogia di Thrawn, una delle parti più amate ed apprezzate dell’Universo Espanso di Star Wars. Dopo numerose altre apparizioni e menzioni, il personaggio sarà reintrodotto nel canone nel 2016 dalla serie d’animazione Star Wars Rebels, in cui costituisce nuovamente l’antagonista principale nella terza e quarta stagione, e ripresentato in altri romanzi pubblicati tra il 2017 e il 2021.

Modellato in contrasto sulle più familiari figure di Darth Fener e dell’Imperatore, Thrawn è uno dei più alti ufficiali della Marina Stellare dell’Impero Galattico, uno dei soli dodici a portare il titolo di grand’ammiraglio e la caratteristica divisa bianca; alieno di razza Chiss, dalla caratteristica pelle blu e dagli occhi rossi, Thrawn è un comandante dal genio strategico e dall’acume impareggiabile, spietato in battaglia ma senza indulgere nella crudeltà ingiustificata dei suoi colleghi, devoto al manovrare con intelligenza i propri nemici e capace di trionfare grazie alla propria astuzia contro avversità ben maggiori.

L’Impero di Evron è una civiltà extraterrestre dalla tecnologia altamente sviluppata e dal forte spirito di conquista, che prende contatto con la Terra al principio della Saga di PK. Gli Evroniani, alieni paperoidi dal fisico imponente e minaccioso, si nutrono delle energie psichiche ed emozionali che sottraggono ai popoli da loro sottomessi, e il loro comportamento oscilla tra una semplice funzionalità predatoria ed una malizia autenticamente conscia.

La loro società è modellata in parte sulle caste indiane e in parte sul comportamento degli insetti sociali: al vertice l’Imperatore e il suo consiglio, dotati di vera intelligenza autonoma e consapevolezza di sé, alla base guerrieri e tecnici di casta bassa, dotati di istinto e intelligenza collettivi ma incapaci di coordinare da sé le proprie azioni e bisognosi della direzione dei loro ufficiali. Gorthan è un capo-branca scientifica, un Evroniano di casta alta a capo dello sviluppo tecnologico dell’impero, dotato come i suoi pari di una certa intelligenza e un principio di comprensione della moralità. In virtù del suo rango, agisce al comando di operazioni diplomatiche e militari, ma si occupa principalmente della ricerca scientifica: la sua specialità è la manipolazione genetica, con cui ha modificato sé stesso ed altri Evroniani nel tentativo di creare un super-soldato dalle potenzialità incrementate.

PKNA 10, Trauma (corsivo), soggetto e sceneggiatura di Tito Faraci, matite e chine di Lorenzo Pastrovicchio
PKNA 10, Trauma, soggetto e sceneggiatura di Tito Faraci, matite e chine di Lorenzo Pastrovicchio.

Ambedue i personaggi ricoprono un ruolo simile all’interno della narrazione: sono ufficiali del più alto livello al servizio di un potere totalitario e maligno, non ricoprono il ruolo di antagonista principale o di nemesi dell’eroe, ma riescono ad emergere grazie al loro carattere nelle poche storie che li vedono protagonisti, diventando spesso beniamini del pubblico per via del loro fascino e intrecciando col protagonista un rapporto di reciproco rispetto pur nella contrapposizione.

La somiglianza non è limitata alla struttura narrativa, ma si riflette anche nel carattere: entrambi sono personaggi dall’aspetto imponente e capace di incutere rispetto, inclini alla riflessione e dal pensiero creativo; entrambi ottengono grandi risultati nel loro campo di azione grazie a mosse innovative e fuori dagli schemi, spesso derivate da un’acuta analisi della situazione circostante. Soprattutto, in qualche modo sono entrambi degli outsider: pur essendo ai vertici del loro Impero, non ne sono pienamente assimilati, vuoi per la diversa origine e la filosofia divergente di Thrawn, vuoi per la spiccata personalità e autonomia decisionale di Gorthan, inedite in un impero collettivista e gerarchico.

Ma il vero carattere che accomuna entrambi, nonché il principale fattore del fascino con cui hanno avvinto il pubblico, è un animo raffinatamente artistico: questi spietati comandanti militari non sono solamente brutali signori della guerra, ma fini esperti dell’arte dei popoli alieni che incontrano, sottili pensatori capaci di riconoscere la dignità delle diverse culture e arrivare ad apprezzarle.

L’idea di un generale dall’animo poetico, che dà sfoggio della propria intelligenza e sensibilità riconoscendo la cultura del suo avversario e si eleva rispetto alla massa di nemici anonimi e barbarici con cui l’eroe ha a che fare usualmente, pur rimanendo capace e incline ad agire con la massima spietatezza per raggiungere il proprio obiettivo, permette di architettare sfide più ardue per il protagonista e costringe lo spettatore a non rigettare in blocco l’antagonista, portando ad un’immedesimazione maggiore di quanto ci piacerebbe ammettere. Accade così che la narrazione ci porti ad ammirare e rispettare dei conquistatori crudeli, o quantomeno ad apprezzare con una certa riluttanza il loro raffinato intelletto.

Tuttavia, dopo aver dipinto questo ritratto di somiglianze tra due personaggi di origine così diversa, siamo dispiaciuti di dover individuare una sostanziale differenza tra il grand’ammiraglio e il capo-branca, ed ancor più dolenti nel notare come questa si annidi proprio nel punto che più di tutti li aveva accomunati, ossia l’amore per l’arte. Questa passione condivisa viene nutrita in modi diversi dai due personaggi, perché radicalmente differente è l’approccio per la quale era stata perseguita.

Per Thrawn, l’arte non è che uno strumento in grado di conferire potere: potere derivante dalla conoscenza del nemico, dallo scoprire la sua filosofia e la sua storia intessute nelle opere che ha prodotto, e con questa consapevolezza capire come pensa e anticipare le sue mosse. Thrawn non sopporta l’idea di distruggere manufatti artistici, ma non ha alcuna obiezione a collezionarli come trofei per la propria collezione, e non è in grado di comprendere perché la sua nemesi Hera Syndulla preferirebbe vedere distrutta una preziosa reliquia di famiglia piuttosto che saperla nelle sue mani[3].

Invece Gorthan dimostra tutt’altro atteggiamento: nell’arte terrestre non vede uno strumento, ma qualcosa di legittimamente interessante e degno di attenzione, al punto da esprimere un vago rimpianto di fronte all’idea della distruzione finale dell’umanità che pure intende perseguire. La sua fascinazione per la cultura terrestre è tanto più singolare quanto consideriamo che gli Evroniani, incapaci di emozioni proprie, non sono soliti indulgere né nella speculazione né nella creazione artistica.

PKNA 20, Mekkano, soggetto e sceneggiatura di Bruno Enna, matite e chine di Andrea Freccero.
PKNA 20, Mekkano, soggetto e sceneggiatura di Bruno Enna, matite e chine di Andrea Freccero.

Ma Gorthan arriva a immergersi così tanto nella contemplazione della cultura da subire una mutazione: inizia a provare sentimenti ed emozioni proprie, che lo condurranno ad una primitiva forma di coscienza autonoma, inaccettabile nella sua società totalitaria e parassitica. Immergendosi nelle storie dei terrestri, arriva ad identificarvisi, cosa che lui stesso aveva irriso in un tempo precedente, e si trova così scisso tra un odio profondo, un’invidia ed una riluttante ammirazione per la capacità creativa umana, che lui può solo ammirare da lontano senza poterla fare propria, e dilaniato dal non poter vivere di emozioni proprie e non riuscire più a rubare quelle altrui.

Un simile tormento morale non turba mai la serenità del grand’ammiraglio Thrawn: la sua lealtà all’Impero e ai suoi scopi non è messa in discussione, e l’analisi minuziosa delle culture aliene cui si approccia rimane sempre distaccata, condotta con l’interesse clinico di chi vuole studiare senza lasciarsi toccare. Per Thrawn la cultura non è occasione di conoscenza dell’altro, ma una leva possibile per conquistare il predominio. Mai l’arte lo conduce a interrogarsi e a mettersi nei panni di chi lo circonda: ogni spiraglio di consapevolezza viene prontamente trasformato nell’ingranaggio di un nuovo piano machiavellico.

Gorthan, per contro, acquista maggior profondità grazie a questo conflitto, fino ad assumere un carattere tragico: è costretto a rompere tutti i legami col proprio passato, a fuggire dal suo stesso popolo, e nonostante cerchi di ribadire, forse più a sé stesso che a Paperinik, che continua ad odiare i terrestri e l’unica cosa in comune tra le loro razze è lo spirito bellicoso, arriverà a collaborare con l’eroe mascherato in un modo che nessuno avrebbe creduto possibile. L’arte ha segnato il suo spirito, e lo ha reso una delle figure meglio definite e più affascinanti di tutto il fumetto Disney.

 

In copertina: illustrazione di Martina Trotta


Dell’intuizione alla base di questo articolo sono debitore a Lorenzo Crepaldi, cui va il mio ringraziamento. Naturalmente, qualsiasi limitazione o mancanza possa esserne sorta è da attribuirsi esclusivamente a me.

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