I Ching Lanterne

I Ching: le metafore eterne del Libro dei Mutamenti

Per secoli gli uomini si sono domandati come prevedere il futuro, ed è così che si sono propagati per il mondo migliaia di maghi, indovini, cartomanti. Anche in Cina gli uomini hanno cercato di capire ciò che avverà. Anzi, questa pratica doveva essere di fondamentale importanza, in quanto uno dei massimi classici della cultura cinese è proprio un testo oralcolare, l’I Ching, il Libro dei mutamenti. La sua origine affonda nella notte dei tempi, come direbbero i cantori: si presume infatti sia uno dei testi più antichi della letteratura cinese, ed è datato intorno al X secolo a.C., addirittura prima dei poemi omerici, per fare un paragone con la storia europea.

Il confronto tra I Ching e poemi omerici, inoltre, non è solo temporale: come l’Iliade e l’Odissea sono alla base del pensiero e della cultura della Grecia antica, l’I Ching occupa un ruolo simile all’interno della cultura cinese. I poemi omerici erano infatti «un’enciclopedia tribale» per usare una celebre espressione del filologo Eric A. Havelock; anche l’I Ching, a maggior ragione per il suo contenuto religioso e oracolare, è la summa di tutta la cultura cinese arcaica, al punto che da esso si svilupparono le due grandi correnti religioso-filosofiche della Cina, il taoismo e il confucianesimo: come non è pensabile la cultura occidentale per come la conosciamo senza Omero, così non è pensabile la cultura della Cina senza questo antico oracolo.

L’opera si presenta come un tomo di dimensioni considerevoli, almeno nelle edizioni migliori, come l’Adelphi. Ma il testo vero e proprio non è così imponente. Nella sua versione originale, infatti, è un elenco di responsi: un titolo, come può essere ad esempio “Il creativo”, oppure “L’emendamento delle cose guaste” o ancora “La ragazza da marito”, e una breve sentenza. A questa sentenza, poi, nel corso dei secoli, sono seguiti un numero sorprendente di commenti, analisi e glosse, alcuni attribuiti addirittura a Confucio, e che nel tempo divennero quasi parte integrante del testo.

La sua prima particolarità è il fatto di essere esso stesso un oracolo: Infatti nella tradizione greca o romana (ma lo stesso avveniva in luoghi molto diversi tra loro, come l’Egitto o il Tibet) l’oracolo è essenzialmente legato a una persona. Se pensiamo all’oracolo di Delfi, è la Pizia a dare il vaticinio; nel caso della Roma antica, gli oracoli erano le Sibille: si tratta di un residuo delle tradizioni sciamaniche, in cui il corpo stesso della persona è invaso dal divino, e attraverso di esso il divino si pronuncia. Anche quando non è il corpo umano a fungere da oracolo, come per esempio presso gli etruschi, vi era un gruppo sociale molto ben definito, quello degli aruspici, che si tramandava di generazione in generazione i segreti per leggere le interiora degli animali sacrificati, attraverso cui davano i loro responsi.

Le monete con cui si consulta l'I Ching. La moneta cinese tradizionale ha un foro quadrato al centro che rappresenta la terra, mentre la loro forma circolare rappresenta il cielo. In realtà all'origine del foro vi è un motivo pratico: le monete venivano legate alla cintura con un laccio, in modo da essere facilmente trasportabili.
Le monete con cui si consulta l’I Ching. La moneta cinese tradizionale ha un foro quadrato al centro che rappresenta la terra, mentre la loro forma circolare rappresenta il cielo. In realtà all’origine del foro vi è un motivo pratico: le monete venivano legate alla cintura con un laccio, in modo da essere facilmente trasportabili.

Nell’I Ching non c’è niente di tutto ciò: certo, a consultarlo erano sacerdoti e maghi, ma in realtà il metodo di consultazione è abbastanza semplice, e chi lo consulta non ha un rapporto privilegiato col divino: è il testo ad avere questo rapporto, e dunque a dare i suoi responsi. Questo mostra la sua longevità, come il fatto di essere scampato a uno dei più grandi roghi di libri della Storia, quello che ordinò il primo imperatore della Cina, Qin Shi Huang, nel secondo secolo avanti Cristo, ma anche la grande fortuna che ebbe nel mondo antico, a differenza di altri testi, come i libri sibillini romani, per esempio, che sono quasi completamente perduti, e rappresentavano già alla loro epoca un sapere esoterico, a cui il romano medio non aveva accesso.

All’I Ching, invece, hanno accesso, se non tutti, in tantissimi, ed è così che ancora negli anni venti del Novecento erano frequentissimi per le strade gli indovini che leggevano i responsi, o addirittura il governo giapponese, sempre in quegli anni, ne faceva ampio uso.

Ci sono più modi, infatti, di accostarsi a quest’opera. Il primo consiste nel ritenerlo un testo oracolare, e dunque interrogarlo per prevedere il futuro. Il secondo, invece, è proprio dei filosofi, confuciani o taoisti, che lo leggevano in modo diverso, come testo sapienziale, più che oracolare: lo consultavano per trovarvi delle massime, dei principi guida, in modo non dissimile a come un uomo devoto consulta la Bibbia. È interessante vedere come a questi due modi si sommino (anche se non vi è una sovrapposizione perfetta, diciamo) diversi modi di consultare il libro.

Il primo, il più semplice, e forse proprio di chi lo ritiene più un testo sapienziale che oracolare, consiste nell’aprire a caso il libro, e leggervi uno dei responsi. Il secondo, invece, riguarda il lancio di tre monete, ed è quello più popolare, utilizzato dagli indovini, dagli statisti e uomini politici; vi è infine il metodo originario, il più antico, quello più sacerdotale, che consiste nella conta di cinquanta steli di millefoglie, quella pianta comunissima anche da noi, con tanti fiori piccoli bianchi che formano come delle nuvolette.

È importante porre le domande giuste, all’I Ching. Non risponderà, infatti, a richieste che non riguardano chi lo consulta. Se si chiede chi sarà il primo essere umano su Marte o dove scoppierà la prossima guerra, l’I Ching non sarà di aiuto. Se invece chiedete quale sarà il vostro ruolo in tutto ciò, allora l’oracolo potrebbe anche rispondere.

I ching Libro dei mutamenti

Allora, proviamo. Sediamoci a un tavolo sgombro con il nostro tomo fra le mani. Scartiamo il bellissimo metodo delle millefoglie, a meno che non si abbia voglia di decapitare fiori in campagna per il prossimo fine settimana e impararsi tutta la procedura a memoria; accontentiamoci delle monete. Anche gli euro vanno bene, l’oracolo non si adonta più del giusto.

Il procedimento è più complicato a dirsi che a farsi: bisogna lanciare le tre monete sei volte, e ogni volta bisogna disegnare una linea su un foglio. A ogni lancio possono avvenire queste possibilità: 3 monete testa; 3 croce; 2 testa e 1 croce; 2 croce e 1 testa. Quando prevalgono le croci segniamo sul nostro foglio una linea spezzata (- -), quando prevalgono le testa si segna una linea intera (━) , quando sono tutte e tre testa o tutte e tre croce si segna una linea intera con un asterisco o una spezzata con un asterisco (poi si capirà perché). Si lancia una seconda volta, e sopra la linea precedente si scrive la seconda, e così via, per sei volte, fino a ottenere una sorta di torre di linee, che si chiama esagramma. Se vi sembra astruso, non preoccupatevi: il metodo delle millefoglie è pur sempre peggio.

Le linee hanno una loro simbologia: la linea intera rappresenta lo yang, il principio luminoso, estroverso, diurno; la linea spezzata rappresenta lo yin, il principio oscuro, introverso, notturno. Il mescolarsi di questi due principi dà origine al responso. Il loro insieme dà origine all’esagramma, cioè al responso dell’I Ching. L’oracolo ne contiene 64, e rappresentano ognuno una possibilità dell’universo. E qui arriviamo al motivo per cui l’I Ching è detto anche Libro dei mutamenti: l’idea principale a cui sottostà l’oracolo è infatti che l’esistenza sia un magma, un fiume in cui ogni cosa scorre e ogni cosa tuttavia rimane riconoscibile, pur mutando ogni volta (sì, è lo stesso pensiero della filosofia di Eraclito). Chi consulta l’oracolo non fa che pescare un momento da questo fiume indistinto, e grazie a questo momento può tracciare una linea, un percorso che indica il futuro.

Immaginiamo di aver lanciato le nostre monete, e immaginiamo di aver formato l’esagramma corrispondente al numero 22, L’avvenenza. Ogni esagramma è formato da due trigrammi che (come si vede nell’immagine in basso) hanno un forte significato simbolico. In questo caso abbiamo il Monte, nel trigramma superiore, e il Fuoco, nel trigramma inferiore. Già questa è un’immagine estremamente poetica: la bellezza equivale a una montagna alla cui base sta il fuoco. La sentenza recita:

Avvenenza ha riuscita.
In piccolo è propizio imprendere qualche cosa.

I 64 esagrammi dell'I Ching sono la combinazione di otto trigrammi, che sono (partendo dall'alto in senso orario): Chienn, il creativo (cielo); Sun, il mite (vento); K'an, l'abissale (acqua); Ken, l'arresto (monte); K'un, il ricettivo (terra); Chen, l'eccitante (tuono); Li, l'aderente (fuoco); Tui, il sereno (lago). La discussione dei trigrammi è una parte fondamentale del responso dell'I Ching.
I 64 esagrammi dell’I Ching sono la combinazione di otto trigrammi, che sono (partendo dall’alto in senso orario): Chienn, il creativo (cielo); Sun, il mite (vento); K’an, l’abissale (acqua); Ken, l’arresto (monte); K’un, il ricettivo (terra); Chen, l’eccitante (tuono); Li, l’aderente (fuoco); Tui, il sereno (lago). La discussione dei trigrammi è una parte fondamentale del responso dell’I Ching.

Sembra un responso favorevole. Eppure potrebbe anche non essere così. Nell’oracolo c’è infatti la compresenza degli opposti, l’idea che il mondo si regga per una rete sottilissima di equilibri, e dunque non c’è nulla di favorevole che non abbia una contropartita, un prezzo.

Immaginiamo che, quando abbiamo tirato le nostre monete, nell’ultimo lancio siano uscite 3 volte testa. In questo caso, come abbiamo detto, bisogna segnare un asterisco. Perché? Perché quella è una “linea mutevole”, cioè un’asimmetria, un disequilibrio. Se infatti escono 2 testa e 1 croce, o 2 croce e 1 testa, c’è equilibrio, perché a due elementi yang si contrappone un elemento yin, e viceversa. Se uno dei due elementi scompare, siamo di fronte a uno scarto, e dunque a un mutamento. Ecco che allora si considera quella linea sia yang che yin, sia spezzata che intera. E dunque in questo caso non abbiamo un solo responso, ma due responsi. Due esagrammi generati dalla stessa domanda.

È questa la bellezza dell’I Ching: il futuro non è univoco, ma molteplice, plurale. In questo caso, dunque, se immaginiamo l’ultima linea sia spezzata che intera[1] abbiamo, oltre che l’esagramma 22, anche l’esagramma 36, L’ottenebramento della luce. Qui non c’è il monte sopra il fuoco, ma tutta la terra, che opprime il fuoco, la luce, e la nasconde. La sentenza dice:

L’ottenebramento della luce.
Propizio è essere perseveranti nelle ambiguità.

Due esagrammi dell'I ChingEd ecco che il presagio, in apparenza positivo, si tinge di inquietudine. La strada è ancora favorevole, ma diventa più lunga e tortuosa. Il responso, dunque, non solo non è univoco, ma non è mai stabile. Mentre nell’antica Grecia, o nell’antica Roma, il vaticinio pesava come una spada di Damocle su chi aveva consultato l’oracolo, costituendo spesso una vera e propria maledizione (basti pensare a Edipo, o a Cesare che si avvia al Senato nonostante il vaticinio sfavorevole), il responso dell’I Ching è il resoconto di un’evoluzione, di un mutamento in atto. Dato che tutto è in trasformazione, anche l’oracolo deve essere mutevole.

La vita, dunque, non è una linea retta, non è il filo tessuto dalle Parche: al contrario, è un fascio di linee temporali che si intrecciano, come in una corrente indistinta, nebulosa. L’I Ching è quello strumento, quel mestolo con cui attingere a questa corrente indistinta, e con cui poter trovare un «varco tra le maglie», per dirla con Montale. Non stiamo ancora parlando di multiverso, ma non siamo così lontani: per quanto sembri un concetto anacronistico, un testo di quasi tremila anni fa contiene un’idea di futuro incredibilmente moderna, perché priva di un Dio o di ente superiore che tutto controlla. Anzi, capire il proprio futuro significa sceglierlo, costruirselo.

Ecco perché, in un certo senso, l’oracolo funziona. Non nel senso che predica davvero il futuro, ma nel senso che l’I Ching è costituito da espressioni che travalicano il tempo, da metafore che riescono a superare il mutamento proprio perché sono esse stesse intessute di mutamento. Come diceva Terzani, in Un indovino mi disse, ciò che rende efficace un oracolo è l’impressione di rivolgersi proprio a te, nel preciso momento in cui lo stai consultando. Con l’I Ching questa sensazione è fortissima, e ciò deriva proprio dalla complessità della sua struttura, e dal suo essere costituito da elementi primordiali, archetipici, che riescono a parlarci anche a distanza di secoli, di millenni. E questo, in fondo, non è molto diverso dalla poesia.

Come la poesia, infatti, anche l’I Ching fotografa un momento, un istante, e in quell’istante ricostruisce tutta l’eternità, il passato e il futuro; non solo predice ciò che avverrà, ma disegna tutta la storia del tempo, tutte le linee del mutamento: è un grande affresco sulla metamorfosi, sulla trasformazione, che diventa, in fondo, nient’altro che un sinonimo di vita, o esistenza. Ciò che la nostra filosofia ha impiegato secoli ad esprimere, per gli antichi cinesi era già molto chiaro: il futuro non è un oggetto, una cosa ferma che ci arriva addosso senza che noi possiamo farci nulla; al contrario, l’avvenire è composito, aperto, poliedrico.

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