La salvezza della morte: Pietra oscura. Controversia, di Mario Luzi

Mario Luzi copertina

Il diritto di vivere, inteso come fonte di tutti i diritti, in determinate circostanze include anche il diritto di morire.

Hans Jonas

Pensare alla morte mentre si è vivi, immaginando il proprio funerale, il dolore delle persone care e degli amici. Pensieri segreti, difficili da esprimere, un’immaginazione  lugubre, tenuta segreta per pudore, per imbarazzo per il timore  di essere additati o addirittura derisi. È difficile lasciarsi andare, perché parlare di morte non è mai facile, è un fatto intimo esprimere la paura di morire, affermare che sì, siamo attaccati alle cose, alle persone, alla vita e che morire è un vero peccato, un fatto naturale quanto ingiusto. Allora si preferisce fingere ostinatamente che non esista, la morte, con una tacita e diffusa ribellione a parlarne o a parlarne il meno possibile, a sostegno dell’idea che la morte poco abbia a che fare con la vita.

Ma quando la vita abbandona l’uomo lentamente e inesorabilmente, privandolo della sua autonomia, della sua indipendenza,  dando in cambio solo sofferenza e dolore, si dovrebbe poter scegliere di porre fine alla propria esistenza, come volevano Welby e Eluana Englaro che con le loro storie hanno aperto il dibattito politico ed etico sul “fine vita”, storie che hanno diviso l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Come loro, anche don Francesco Patrizi, il sacerdote di Pietra oscura. Controversia di Mario Luzi, decide di porre fine alla sua vita.

Nato a Firenze nel 1914 Mario Luzi, candidato per sette volte al Nobel, mai aggiudicato, insignito nel 2005  del titolo di senatore a vita per aver illustrato la patria, è una delle voci poetiche più importanti del ventesimo secolo e lascia un’impronta peculiare nella stagione della poesia ermetica del Novecento. La sua poetica è portatrice di una profonda ricerca spirituale, è testimone di una speranza più forte di ogni dramma e di ogni caducità,  è antidoto all’angoscia  del vuoto e del nulla, tesa verso la luce, come viaggio in cui tradurre nebbie e insidie, fatiche e gioie, asperità e miraggi[1].

Mario Luzi
Mario Luzi

Luzi non era un uomo di Chiesa ma nel 1999 per la Pasqua, l’allora pontefice Giovanni Paolo II gli commissiona un testo sulla passione di Cristo, Luzi accetta e scrive La passione, Via crucis al Colosseo, un testo che affianca alle liriche i passi tratti dai vangeli, che descrivono  proprio le ultime ore di Cristo. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale Luzi scrive anche testi per il teatro, dopo la poesia, la parte più attiva della sua produzione letteraria:  Pietra oscura, Ipazia, Rosales, Histrio, Corale della città di Palermo per S. Rosalia, Io, Paola, la commediante,  Felicità turbate, Ceneri e ardori, Opus florentinum, Il fiore del dolore.

Pietra oscura, del 1946, racconta la controversia sulla morte, forse per suicidio, di don Francesco Patrizi, che decidendo  di non curarsi  muore, perdendo il diritto alla sepoltura, così come vuole la legge della Chiesa.

IL PROFESSORE: Don Francesco Patrizi ha rinunciato alla vita; non se l’è tolta, ma non ha esercitato la sua volontà per continuarla. Non c’è molta differenza io credo; è questo un suicidio suggerito dalle circostanze favorevoli, un’occasione che egli non si è lasciato sfuggire. Ma dietro questo fatto innegabile  cosa c’è? (…..) Mi è rimasta l’impressione che egli usasse quanto gli rimaneva di volontà e di energia per richiamarsi alla realtà della vita e all’esercizio della sua carità; ma che in sostanza egli già fosse morto, già partito da noi e dalla terra[2].

Queste le parole pronunciate dal Professore, chiamato in causa dalla comunità ecclesiastica per aiutare a comprendere il comportamento del sacerdote.

Don Francesco Patrizi ha dedicato tutta la sua vita a rispondere ai bisogni della comunità e al dogma cattolico, quindi si può ipotizzare che lasciandosi morire abbia fatto una scelta intima e personale, per rispondere al suo bisogno di identità e di libertà, allontanandosi dalla sua missione. Dunque un cambiamento radicale.

Mario Luzi
Mario Luzi

L’opera, scritta coerentemente con lo stile del Poeta, è ricca di stimoli e suggestioni, un travagliato intreccio di vite e coscienze e induce a una riflessione profonda sul mistero della vita e degli uomini che appaiono inadeguati nel rispondere a questioni complesse e controverse, una incapacità evidente anche tra gli uomini di Chiesa, che mostrano tutte le loro fragilità e incertezze, mettendo in discussione anche  la fede che perde così i suoi connotati rassicuranti. L’opera appare, nell’azione, quasi immobile, il movimento viene manifestato solo attraverso il conflitto intimo dei personaggi per la decisione che deve essere presa: dare o no la sepoltura cristiana al sacerdote, attraverso l’inchiesta della comunità ecclesiastica che si dirama anche tra la gente del popolo.

Dunque il tema che è certamente cristiano ha una radice nella comune identità umana, ed è  l’espressione di un dolore singolo e collettivo, a volte udibile, a volte strozzato, in un contesto senza tempo né luogo, in un’atmosfera sospesa e di attesa, un’attesa del tutto remissiva, non per questo meno confidente. Neanche l’indagine medica sulla morte del sacerdote dà diagnosi certa e questa incertezza accresce il dissidio sia tra gli uomini di Chiesa che nel popolo, impedendo una scelta serena a dargli una degna sepoltura. La disputa che parte da un fatto concreto, suicidio o no, sepoltura cristiana o meno, va verso l’aspetto simbolico della perdita e non troverà un superamento, nonostante la consacrata sepoltura del sacerdote con cui si chiude l’opera.

SUA EMINENZA: Eppure lasciatemi aggiungere: mediocrità, mediocrità! Insicurezza della nostra fede (…) Quello che ho potuto vedere è la nostra incertezza, il nostro difetto di fede in noi e nell’autorità di cui la Chiesa è stata investita e ci ha investiti. Sicchè qui non è l’umiltà, ma il dubbio che celebra la sua vittoria[3].

 


Per approfondire:
Mario Luzi, Pietra oscura. Controversia,  Libri Scheiwiller- Playon. Introduzione di Stefano Verdino, postfazione di Jacopo Ricciardi, pag. 51, pag.90.
Quaderni del Centro Studi Mario Luzi, VIII,2007, a cura di Nino Alfiero Petreni, Fabio Grimaldi, Stefano Verdino.  Comune di Pienza, Fondazione Conservatorio San Carlo. 

Maria De Luca
Maria De Luca

Dopo una lunga formazione come attrice, mi diplomo in Regia teatrale e in Art Theatre Counseling. L’estate scorsa ho trovato un magazzino e ne ho fatto uno Spazio Artistico, Traccedarte, dove posso realizzare i miei progetti. Il Teatro è un’urgenza a cui non posso rinunciare.