La terribile attualità della Medea di Euripide

Medea euripide

L’amore che aggredisce e travolge
sottrae gli uomini a fama e virtù.

Canta il coro nella sua strofe una lunga canzone di amore e dolore, di passione e rabbia. Un tema questo che non ha mai abbandonato la specie umana. Nonostante il progresso sociale e delle scienze psicoanalitiche, divulgatesi in questi ultimi decenni, assistiamo a questa frantumazione affettiva, a questo imbarbarimento sentimentale, che ci rende impotenti e inconsapevoli davanti a tragedie umane, che ci illudevamo fossero proprie dei miti, descritti nei libri.

È di questi giorni la terribile notizia di una giovane madre che uccide la figlia di cinque anni con 11 coltellate, gettando nello strazio il padre, separato e convivente con un’altra compagna.

Senza volermi addentrare nei particolari della triste vicenda, vorrei parlare della famosa tragedia greca di Euripide, Medea, che ha visto la rappresentazione cinematografica fatta dal grande Pasolini, con una superba Maria Callas, e della sua terribile attualità. Cercherò di non dare giudizi, per rispettare il saggio consiglio che Euripide mette in bocca proprio a Medea, nel famoso discorso alle donne di Corinto: «…non si può giudicare in modo obiettivo quando ci si sofferma all’apparenza: bisogna conoscere l’animo di una persona a fondo e non odiarla a prima vista, senza che ci abbia inflitto alcun torto».

Chi era Euripide? La data della sua nascita risale al 485 a.C. ma ci dice Umberto Albini, che ha curato la traduzione dal greco di Medea e Ippolito per la Garzanti, le fonti bibliografiche su questo poeta «sono una delle migliori prove dell’aneddotica perversa e fuorviante degli antichi…».

Pasolini e Maria Callas sul set di Medea, 1969
Pasolini e Maria Callas sul set di Medea, 1969

Era un poeta scomodo, critico, provocatore, che ha superato Saffo a riferimenti scandalosi e ingiuriosi. Aristofane ne fece il suo bersaglio preferito delle sue commedie e non solo lui. Euripide non era un intellettuale di regime, non ricoprì mai cariche politiche, piuttosto subì un processo per empietà.

È un intellettuale fuori dal Palazzo, libero di ricercare e di narrare, traendo dal mito le emozioni e i sentimenti scomodi, che molti per ossequio tacciono. Questa forse è la ragione per cui le sue tragedie hanno affondato le unghie nei sentimenti, nella carne e nel sangue, essendo così attuali ancora oggi. La sua fortuna postuma si deve anche al ritrovamento di molti papiri delle sue opere quasi integri.

Che rovina per gli uomini, l’amore.

Brevi cenni di un autore molto conosciuto erano doverosi, ma non è di Euripide che dobbiamo parlare, ma della sua Medea, così intensa, così vera, così incomprensibile a me, donna e madre, che leggo e non capisco, non accetto neppure l’idea della morte dei miei figli e poi per chi? Un uomo?

Approcciare a un dramma così assurdo, che la ragione non concepisce, attraverso la lettura di un’opera letteraria come quella di Euripide, un uomo che si mette nella testa di una donna, può aiutare se non a comprendere, a studiare i virus della mente. La poesia con la sua musica è la garza che asciuga la piaga, sempre prodiga di sangue. Poesia, che nei secoli ha mutato ritmo ma non la sostanza delle sue parole.

 […] E so il male che sto per fare, ma la passione in me è più forte della ragione: e la passione è la causa delle peggiori sciagure, nel mondo.

Anselm Feuerbach, Medea e gli argonauti, 1870
Anselm Feuerbach, Medea e gli argonauti, 1870

La passione così intesa è follia, perdita della ragione, è la forza che l’assassino, le Erinni che vorticano dentro la testa impazzita, che medita vendetta e se ci sono dei figli, raramente finiscono per essere odiati come i loro padri.

Maledetti figli di una madre detestabile,
possiate crepare, voi e vostro padre,
e che questa casa precipiti in rovina.

Medea ha in mente un piano diabolico e lo mette in atto. È attrice con Creonte per farsi concedere un giorno solo in più di permanenza a Corinto. L’esilio le brucia: cosa non ha fatto per quel pusillanime di Giasone, e lui come l’ha ripagata? Ripudiandola, sposando la figlia del re di Corinto Creonte. Lei che aveva ucciso suo fratello, abbandonata la casa paterna per far conquistare il Vello d’Oro per Lui, salvandolo con quegli altri sciagurati degli Argonauti.

Ora, nel 2022, quante ancora sono le donne che restano affascinate dagli uomini e si schierano dalla loro parte anche contro altre donne par loro? Che distruggono la loro famiglia e la loro vita?

La strada dell’emancipazione è ancora tutta da percorrere, da comprendere, e non riguarda solo le donne ma anche gli uomini. Il problema chiamato femminicidio ha assunto proporzioni assurde e dimostra come la cultura dell’effimero, del consumismo, dell’individualismo abbia prodotto personalità infantili, incapaci di gestire i conflitti e le sconfitte, di mettersi in discussione.

Le donne che si sono macchiate dell’orrendo delitto di uccidere i propri figli, sono anch’esse vittime di un sistema perverso che non educa ai rapporti sani, agli affetti sinceri ma anche di quell’insensatezza che rappresenta l’imperscrutabilità della mente.

Medea di Euripide edito da Garzanti

Si tratta spesso di ragazze ancora molto giovani, cresciute in una società che predilige una gioventù infantile e viziata, che insegue sogni di cartone, per i quali si spezzerà le ossa, lavorando, magari sottopagata e sfruttata, senza neppure ottenerli. Menti ancora fortemente possedute dalla passione, che la maturità a volte spegne, lasciando spazio alla ragione.

Solo una donna,
una soltanto, Ino, in tempi antichi
alzò la mano omicida sui figli.

Torniamo a Euripide, torniamo al mito che ci guida, dimostrandoci che l’essere umano è sempre rimasto legato a degli istinti e sentimenti, che solo la poesia e l’arte in genere hanno reso grande. Nei dialoghi concitati tra Medea, il coro e la nutrice si ricorda un’altra madre, consegnata al mito Ino, figlia di Cadmo e di Armonia, moglie di Atamante re dei tebani, che per una sequela di gelosie e tradimenti finì per uccidere il figlio Melicerte, gettandosi con lui nel mare.

Di qualche anno fa è stata la notizia di due bambini morti annegati con la madre, che però si è salvata, pare fossero affetti da autismo, grave disabilità cognitiva e lì si apre un altro sipario su un mondo di dolore tutto femminile, dove la madre è immolata alla solitudine della sua accettazione.

Coro:
Ma piango, madre dolorosa, anche la tua angoscia,
farai strage dei figli del tuo grembo,
per un letto nuziale.

La pietà di Euripide è tutta nel coro, che si stringe doloroso a Medea per riportarla alla ragione, che partecipa a quell’angoscia, a quel senso di vuoto, di sconfitta e di riscatto al tempo stesso, che cerca di fermare la sua mano, invano. Il raziocinio fallisce, la tragedia si consuma e l’esempio insegna poco, rimane la bellezza di un’opera unica, che suscita i brividi a ogni rilettura.

 


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Silvia Leuzzi
Silvia Leuzzi

Ho un diploma magistrale e lavoro come impiegata nella scuola pubblica da oltre trent'anni. Sono sposata con due figli, di cui uno disabile psichico. Sono impegnata per i diritti delle persone disabili, delle donne e sindacali. Scrivo per diletto e ho al mio attivo tre libri e numerosi premi di poesia e narrativa.