Un lutto da Oscar: Grandpa Walrus

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Il 24 febbraio 2019 al Dolby Theatre di Los Angeles si è tenuta la novantunesima edizione della cerimonia degli Oscar.

Tra le svariate categorie, viene premiato anche il “miglior cortometraggio d’animazione”, ossia un film la cui durata non superi generalmente i trenta minuti (anche se secondo la normativa italiana il divieto si incontra oltre i settantacinque minuti) e che rappresenti il filone del cinema di animazione[1]

L’Academy of motion picture arts and sciences ha decretato come vincitore “Bao” di Pixar. Tuttavia tra le candidature comunicate dagli attori Kumail Nanjiani e Tracee Ellis Ross il 22 gennaio 2019, è stato presentato il titolo “Grandpa walrus”.

“Grandpa walrus” (titolo originale: “Pépé le morse”) è un cortometraggio d’animazione dalla durata di 15 minuti. Il corto francese venne scritto e diretto da Lucrèce Andreae e prodotto da Caïmans Productions nel 2017. Tra il 2017 e il 2019 è stato presentato e premiato in numerosi festival, tra cui il Festival di Cannes 2017; è stato nominato agli Annie Award e candidato agli Oscar; infine ha vinto il Premio Cesar per il miglior film d’animazione, il premio speciale opera prima al KROK Festival in Russia e il Festival internazionale del film d’animazione di Annecy in Francia.

Grandpa Walrus

Il nucleo principale, da cui ne consegue la narrazione, è la morte di un nonno, le cui ceneri vengono sparse dalla moglie, dalla figlia e dai quattro nipoti, in seguito alla cremazione. Durante una giornata autunnale, la famiglia si reca nella spiaggia in cui i nonni erano soliti trascorrere del tempo. Nel corso della lunga camminata per giungere al luogo prefissato, i personaggi vengono presentati: la nonna, anziana e stanca, tenta di frenare “la parata” con degli escamotage, mentre la figlia arrabbiata e stufa del suo comportamento tenta di riprendere le redini della situazione; le due nipotine indifferenti ed insofferenti chattano e spettegolano, escludendo il fratello Lucas di pochi anni più piccolo; Lucas prova ad essere partecipe delle faccende delle sorelle e si occupa del fratellino minore, tenendolo sulle spalle e raccogliendo il suo dolce orsacchiotto ogni volta che cade e il bimbo inizia a piangere e a dimenarsi.

Arrivati nel luogo prescelto, le relazioni tra i componenti famigliari vengono sviluppate ulteriormente, in quanto la nonna, strappando il cinerario dalle mani della figlia, sparge le ceneri su un’impronta del corpo del nonno nella sabbia, cosparsa di cicche e mozziconi di sigarette; ciò fa infuriare la figlia, la quale reputa che la madre voglia sottolineare i vizi del marito (prender sole e fumare), sminuendo la sua figura. Tuttavia quella tra madre e figlia non è la sola diatriba affrontata, in quanto il secondo diverbio avviene nuovamente tra le due sorelle e Lucas: le due sorelle non vogliono che egli partecipi ai loro giochi o rimanga con loro, dunque lo escludono con uno scherzo.

In seguito alla presentazione dei luoghi, della situazione, dei personaggi e delle relazioni interpersonali, viene sviluppato ciò che potremmo nominare “il secondo tempo del corto”. La famiglia si divide: la nonna esegue un rituale con la sabbia, le ceneri, i mozziconi e le cicche di sigaretta; la madre con il fratellino si rilassano in riva al mare; le due sorelle giocano con la sabbia, una sotterra buona parte del corpo dell’altra, “trasformandola” in una sirena maggiorata; Lucas, rimasto solo, scala una montagnetta di sabbia.

Grandpa Walrus

Il momento ludico diviene in un attimo nefasto, come se uno spirito stesse trascinando la felicità in un vortice di dolore.

La figlia cercando di rilassarsi, in seguito alla discussione con la madre, si addormenta e il bimbo, che in un primo momento giocava con una pozzanghera e con le bolle che da essa si creavano, da quest’ultime viene attratto verso il mare, perdendo il suo dolce orsacchiotto; il viso della sorella sotterrata viene pervaso e stretto dalla morsa di piantine cresciute dalla sabbia; Lucas scopre che dietro la montagnetta di sabbia, c’è un avvallamento sabbioso nel quale si trova la figura del nonno, completamente nuda, il cui viso si trasforma nel muso di un tricheco… il tricheco fuma una sigaretta, mentre la sabbia inizia a crollare su di lui.

Lo spirito maligno, però, non avrà la meglio e la famiglia unirà le forze per salvarsi: la mamma, svegliata dal pianto del piccolo, lo prende in braccio prima che l’acqua diventi troppo alta; l’altra sorella strappa le piante dal viso della prima; Lucas non vuole perdere il suo nonno, non di nuovo, tenta di abbracciarlo e non lasciarlo inghiottire dalla sabbia, tuttavia l’uomo lo allontana con un ruggito per proteggerlo, per far sì che egli non scenda negli abissi insieme a lui.

A questo punto il nucleo famigliare torna nel luogo iniziale, fingendo che nulla sia accaduto; tutti, tutti tranne Lucas, il quale nella sabbia riesce a pescare il mozzicone della sigaretta ed essendo essa ancora accesa, tenta di fumarla, ripercorrendo la strada del nonno. Tossendone schifato il fumo, il ragazzo butta la sigaretta e torna nel luogo di partenza, dove incontra la famiglia e ritrova nel rituale della nonna il volto del tricheco-nonno, immagine che lo spinge in un pianto dirotto. Prima la nonna, poi uno alla volta, si uniscono in un abbraccio e in un pianto liberatorio. A spezzare il momento sarà un’onda che spazzato via il rituale della nonna, riporta la famiglia alla realtà e alle proprie case, con la consapevolezza che la leggerezza e la felicità fanno ancora parte della loro vita, malgrado il nonno non ci sia più.

Grandpa Walrus

Il percorso di accettazione di un lutto viene scandito psicologicamente con eleganza e tatto, con simboli poetici e adatti anche all’infanzia. Il cortometraggio è ben strutturato sia a livello narrativo, sia a livello visivo (con un uso studiato delle tecniche quali gli scatti travelling e i colpi di vista a volo d’uccello). Inoltre si denota che il taglio dato alla narrazione è molto personale, influenzato dalla biografia dell’autrice[2].

Infatti ogni personaggio è ispirato alla sua famiglia, in modo che tutti assumano credibilità e singolarità, evitando stereotipi; le spiagge, ambientate sulla costa atlantica appena al di sopra delle Landes, sono quelle che visitava con i genitori in inverno e che a causa dell’assenza dei turisti, della presenza di dune alte e selvagge, delle nuvole pesanti e del vento, incutevano in lei sentimenti di irrequietezza e paura, sentimenti che si riflettono sui personaggi scossi, smarriti e confrontati con la loro estrema meschinità, sia di fronte alla morte sia alla vastità della natura; l’idea del tricheco-nonno, invece, deriva dalla descrizione di un suo amico russo, il quale durante una visita a San Pietroburgo le ha palato dei “trichechi”, ossia degli uomini che camminano sulle rive della Neva in mutande assorbendo ogni raggio di sole in estate e in inverno nella speranza di abbronzarsi.

Da ciò ne consegue che Andreae ha descritto il suo rapporto con la morte e i suoi ricordi d’infanzia per rappresentare eventi soprannaturali e scene fantastiche.

Tuttavia il tratto autobiografico è dipeso anche dalla sua formazione artistica. Difatti l’animazione è chiaramente in stile giapponese, influenzata dai film d’animazione di Miyazaki, Takahata e Satoshi Kon, soprattutto per quanto riguarda le espressioni e i movimenti; altro modello d’ispirazione è il fotografo Shoji Ueda, per quanto riguarda i contrasti e la posizione dei corpi nello spazio al fine di lasciare costantemente l’uomo in intimità con se stesso.

Per concludere vi invito ad analizzarlo in materia autonoma: buona visione!

Rebecca Restante
Rebecca Restante

Sono nata a Roma nel 1999. Diplomata al liceo linguistico e studentessa dell'università La Sapienza. Sono in cerca della mia manifestazione tramite la letteratura