Una poco professionale premessa: fare questo testo è stato emotivamente faticoso. Lo è stato perché nella mia vita come in quella di tutte e tutti noi ci sono dei Manuele e dei Gianeustacchio (tra poco avrà senso, giuro) a cui tengo. Uno schieramento tra le due fazioni è preteso, niente vie di mezzo, solo traditori. E se i Manuele sono abituati alla critica, ho un po’ paura dei denti (virtuali e non) dei Gianeustacchio.
Quando Manuele (nome di fantasia per una situazione non accertata) ha deciso di dare fuoco a dei ripetitori, l’ha fatto convinto da una narrazione chiara e non isolata: persino il sindaco del suo paese ha vietato l’installazione di reti 5G perché (sintetizzo) «il nesso causale telefonino-cancro va oltre ogni ragionevole dubbio», e non è l’unico politico ad aver fatto scelte simili. Sono molte le voci che associano la costruzione delle reti 5G alla diffusione del Covid-19, o che ritengono il virus una bioarma costruita per indebolire l’Occidente e accelerare l’attuazione del Piano Kalergi.
Gianeustacchio ride di tutto questo: ride dell’irrazionalità di Manuele, della stupidaggine di Piero che è contro i vaccini, di Gina che crede in un gruppo ristretto di persone che decide il futuro del mondo. Gianeustacchio ha fede nei blastatori: condivide ogni post di Mentana e de Il Signor Distruggere, e ha nella foto profilo un selfie con Burioni. La sua pagina è piena di meme che prendono in giro soggetti creduloni perché poco istruiti e stupidi, cosa di cui sono colpevoli: gli strumenti per capire il mondo ci sono, e se non li usano non hanno giustificazioni, dice. Nella narrazione di Gianeustacchio, lui e le persone come lui sono dalla parte giusta perché affrontano le cose in modo razionale, affidandosi a fatti e logica.
Di tutti i Manuele e Gianeustacchio che sono in e tra noi ci parla Erica Lagalisse in Anarcoccultismo: dissertazione sulle cospirazioni dei re e sulle cospirazioni dei popoli, saggio edito da D Editore. Antropologa, scrittrice e ricercatrice, Lagalisse ci guida attraverso un’interessante analisi storica del rapporto tra il mondo anarchico e la sua eredità esoterica e occulta per portarci a due conclusioni. La prima riguarda le questioni di razza, classe e genere nel mondo anarchico; la seconda complottismi, di come affrontarli e di chi si avvantaggia dal nostro scontro. Per quanto il mio cuore sia sempre verso i problemi di chi è escluso dalla maggioranza, qui mi concentrerò sulla seconda: un po’ come tutte e tutti, la mia vita social è invasa da Manueli e Gianeustacchi, ma di riflessioni interessanti sul tema ne ho trovate davvero poche, almeno fino ad Anarcoccultismo.
Già definire cosa sia vero e cosa no diventa sempre più difficile. Con quanta certezza possiamo dire che qualcosa è accaduto quando ci sono credibilissime foto di persone che non esistono, video manipolati indistinguibili da una ripresa reale e politici dai record imbarazzanti? Che poi quando si tratta di potenti ci spingiamo al massimo a parlare di fake news e non di teorie del complotto. Lagalisse stessa lo evidenzia nel saggio: perché definiamo teoria del complotto ciò che proviene dal basso, e non ciò che ha origine nelle stanze del potere?
Oltre che risponderci poche pagine dopo, l’antropologa sintetizza perfettamente il suo punto di vista in un’autointervista uscita sulla zine dell’editore: «L’epiteto complottista è un altro modo per parlare di classe meno abbiente. Così non fosse, anche gli accademici e i ricercatori che parlano delle operazioni segrete della CIA verrebbero aggettivati come complottisti». Durante la lettura mi sono ritrovato a pensare che molte delle sue conclusioni siano facilmente estendibili fuori dall’ambiente anarchico. Come evidenzia anche l’autrice, attivisti e pensatori di sinistra spesso si appoggiano al mantra razionalità, fatti e logica, tanto quanto i Gianeustacchio. Se le destre e le sinistre cattoliche usano fede e spiritualità come strumenti politici e identitari, questi elementi altrove vengono visti con imbarazzo.
Razionalità, fatti, logica sono tre parole che portano immediatamente alla Scienza, quella ufficiale, lo strumento per eccellenza per difendere il dato di fatto, la realtà incontrovertibile in opposizione all’irrazionale, allo spirituale, all’esoterico. Eppure il suo sviluppo ha enormi punti di contatto con questi elementi. Lagalisse ci dimostra (con il supporto di 60 pagine di note e fonti) come scienza ed esoterismo abbiano camminato a braccetto per molto tempo. Giordano Bruno teorizzò la sua mathesis partendo anche da elementi della Cabala, Keplero conosceva il Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, Newton usò i suoi calcoli mentre cercava la Pietra Filosofale, e via di seguito. Come ricorda subito la ricercatrice, questo non significa che Descartes e Newton abbiano costruito elementi scientifici solo partendo da trattati esoterici. Ma questi elementi facevano parte della cultura comune, e in quanto tali influenzavano anche i pensatori dell’epoca.
Gianeustacchio ora alzerà le dita sulla tastiera per scrivere: «Vabbè, è roba di secoli fa, adesso invece». Adesso. Anche ora la scienza risente dell’ambiente che la circonda ed è ben lontana dall’essere strumento della pura oggettività incarnata, condizionata dalla prospettiva di chi la rappresenta, e di chi esclude.
Chi ha scritto e scrive ciò che definiamo scienza è principalmente occidentale, bianco, maschio ed eterosessuale, con conseguenze sia sull’identità del mondo “razionale” che Gianeustacchio difende, sia sui suoi risultati più pratici (dalle AI razziste e misogine alle cure mediche che sottovalutano i sintomi delle donne). E anche la nostra narrazione collettiva è piena di “dati di fatto scientifici” che non lo sono: dall’immaginario del medioevo come epoca oscura oppure romantica, visione ancora condizionata da romanzi come Ivanhoe. Nemmeno l’idea che abbiamo dei dinosauri coincide con la realtà, i nostri cugini del Neanderthal non erano degli zoticoni e nel neolitico non celebravamo nessuna Grande Dea.
E per quanto riguarda l’economia:
economics is just astrology for men
— liz 🃏🥀 (@bvdluck666) June 19, 2019
Con questo non è intenzione né mia né tantomeno dell’autrice dire “Tana libera tutti” e tutto diventa vero. Come spesso ci ripetiamo, la cosa magnifica della scienza è che osa mettere in discussione le proprie verità, a differenza di Burioni. È invece un invito per i Gianeustacchio all’umiltà: nemmeno le loro idee sono un puro distillato di fatti e logica, difendono posizioni che contengono sempre un piccolo atto di fede (perché non abbiamo né il tempo né i mezzi per validare e verificare ogni notizia), e il loro mondo come quello di tutte e tutti è condizionato dallo sguardo con cui lo interpretiamo, da chi genera le informazioni a cui ci affidiamo e dal modo in cui selezioniamo ciò che è vero e ciò che non lo è.
Come scrive Lagalisse (da qui in avanti gli incisi vengono da Anarcoccultismo): «Squalificando a priori la credibilità dei teorici popolari, tanto gli scienziati quanto gli attivisti non riescono a distinguere tra teorie che potrebbero avere delle linee di critica valide (il sistema sanitario privato è interessato solo ai soldi) da quelle più fantascientifiche (il sistema bancario mondiale è in mano a lucertole ebree aliene)».
Il blasting è un cementificatore sociale, aiuta l’ego di chi lo fa ma per la collettività è più dannoso del complotto stesso, «dato che l’applicazione indiscriminata dell’etichetta di complottista ha come risultato quello di promuovere un atteggiamento difensivo tra coloro che subiscono l’onta di essere considerati come dei reietti, incoraggiando l’empatia, la solidarietà e lo scambio di idee tra gli individui che appartengono alla comunità dei teorici del complotto». Il dialogo diventa importante quindi perché «le leggende urbane sono una forma di mito moderno; come ogni mito, anche le teorie del complotto possono spiegare diversi dettagli della società in cui viviamo».
Chi non crede nei vaccini evidenzia un problema: se un’industria agisce per fatturare può non rendere prioritario il nostro benessere (un esempio modesto). Chi ritiene che dei rettiliani possano governare il mondo ci ricorda che la maggior parte della ricchezza è in mano a pochissime persone, e anche se i ricchi non dovessero avere un progetto comune e code nascoste hanno comunque obiettivi e prospettive molto più convergenti tra loro di quanto non lo siano verso i nostri, se non in aperta opposizione.
Verso la fine Lagalisse scrive: «Gli studiosi che si interessano alla politica contemporanea e gli scienziati sociali devono continuarsi a porre domande come: come si è arrivati ad accettare una lettura così distorta della storia? Chi ci guadagna da tale disinformazione? […] Chi trae beneficio da questo disimpegno degli attivisti verso i complottisti?».
Personalmente ritengo che queste domande dovremmo farcele tutte e tutti. Siamo partecipi della costruzione dell’immaginario collettivo e, colpa o merito che sia, i social ci hanno resi più visibili e quindi più responsabili. Con le informazioni che condividiamo o col modo in cui attacchiamo le idee di un’altra persona condizioniamo la narrazione della nostra bolla. Le conoscenze che abbiamo sono fatte per esser condivise, non per creare le nostre identità in opposizione al prossimo. Il distacco tra una parte e l’altra del fronte non è il segno di una colpa: le cose in comune sono tante, così come la voglia di vivere in un mondo migliore, i punti di intersezione più delle distanze.
Iniziamo a parlarci.
In copertina: William Blake, Spectre tormenta Los, tavola di Jerusalem, Una profezia. Spectre rappresenta la ragione separata dall’umanità, mentre Los è l’aspetto divino dell’immaginazione.