A metà luglio una stella del panorama artistico contemporaneo ci ha lasciato, sconfitto da una malattia, l’alzheimer, che da molto tempo lo stava logorando. Bill Viola, classe 1951, è stato il precursore della videoarte e un grande esponente dell’arte installativa.
Per videoarte si intende un linguaggio artistico basato sulla creazione e riproduzione di immagini in movimento tramite l’utilizzo di strumentazioni video; l’arte installativa invece è un’opera d’arte tridimensionale realizzata e progettata con l’intento di trasformare uno spazio o un ambiente, servendosi di una grande varietà di materiali. Queste due espressioni artistiche formano la base del processo operativo di Bill Viola, che oltre a usare mezzi innovativi vuol lasciare traccia di sé anche per il processo creativo e per il concetto dietro alla realizzazione materiale.
Nelle sue opere si intessono alcune delle forze principali dell’esistenza, come la vita, la morte e la spinta alla conoscenza, in un viaggio che parte dai grandi artisti del passato e raccoglie spunti dalla filosofia e dalla cultura orientale e occidentale.
Bill Viola è un italoamericano del Queens. A sei anni rischia la vita cadendo in un lago, e proprio su questa esperienza getta le basi della sua carriera artistica e la predilezione per l’elemento “acqua”, presente in moltissime sue opere. Prima di laurearsi negli anni ‘70 in arti visive e performative segue corsi di pittura e di musica elettronica.
In questa prima fase creativa, Bill Viola si avvicina al mondo della videoarte esponendo e lavorando in Europa, prima a Colonia e poi a Firenze, e incontrando artisti come Jannis Kounellis, Mario Merz, Vito Acconci e Joan Jonas.
Proprio a questi anni risale la celebre installazione Il Vapore del ciclo di opere Per conoscenza: in un mix di finzione e realtà, sullo schermo posto in uno spazio buio e angusto, viene riproposta la performance precedentemente portata a termine dall’artista, che riempiva una pentola facendo scorrere l’acqua nella su bocca attorniato dal vapore, alternando questi frammenti autoritratto in bianco e nero con riprese del pubblico.
Negli anni ‘80 si sposta in Giappone grazie a una borsa di studio e proprio in questa occasione si avvicina al Buddhismo Zen, che lascia presto impronte anche sulla sua produzione, diventata più introspettiva. A dare un ulteriore contributo a questo cambio di rotta sono due eventi personali risalenti al 1991 la morte della madre e la nascita del secondo figlio, che lo portano alla creazione del video The Passing, dove i concetti di vita e morte si intrecciano in immagini notturne e scene subacquee che restituiscono allo spettatore un mondo in stallo, ai confini della realtà.
Nel 1995 viene invitato a rappresentare il Padiglione degli Usa alla Biennale d’Arte di Venezia e in questa occasione produce il ciclo di opere Burried secrets, cinque video-installazioni consecutive che non potevano essere viste separatamente, profondamente connesse con la struttura del padiglione americano.
Dopo aver esposto alla National Gallery di Londra, completa nel 2002 il suo progetto più ambizioso, Going Forth By Day, commissionato dal Guggenheim di New York e di Berlino: un ciclo composto da 5 video che affronta la complessità dell’esperienza umana attraversando i cicli di nascita, morte e rinascita; ogni video, che riproduce scene in sequenza infinita con accompagnamento audio, ripercorre una fase diversa, prendendo come spunto di partenza il ciclo di affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova.
Nel corso degli anni il processo artistico di Viola si articola sempre di più, mostrando sfaccettature e tecniche diverse, continuando però a trovare nella musica e nella storia dell’arte antica e rinascimentale due pilastri da cui far partire le proprie variazioni. La musica sarà infatti area di interessa dell’artista fin dagli studi, raggiungendo l’apice nei primi anni degli anni 2000, quando Viola collabora alla realizzazione di un nuovo allestimento dell’opera wagneriana Tristan und Isolde per la Filarmonica di Los Angeles e successivamente viene presentata al Lincoln Center for the Performing Arts di New York e all’Opéra National de Paris.
Per quanto riguarda invece lo stretto rapporto di ammirazione ed emulazione con l’arte del passato, Viola sceglierà di celebrarlo in una grande mostra tenutasi a Palazzo Strozzi nel 2017, dal titolo Bill Viola: Rinascimento elettronico: un’antologia di 26 opere che si dipanano su un arco temporale di 40 anni di carriera e che sono esemplificative dei cambiamenti stilistici avvenuti a partire dall’avvicinamento dell’artista al buddismo.
Uno degli ultimi “colpi di testa” dell’artista è stato la realizzazione del suo primo videogioco The Night Journey, distribuito nel 2018 su Playstaion4, Windows e Apple. Neanche in questo caso l’artista tradisce sé stesso, portando il giocatore in un viaggio mistico, che ha lo scopo di ritardare il tramonto e raggiungere l’illuminazione.
Scorrere tra le pagine della vita di Bill Viola permette di avere una visione, seppur riduttiva, di un grande artista, una figura completa e complessa che ha saputo prendere il meglio dal proprio tempo e da quello passato, restituendo al pubblico qualcosa di inedito e intrigante, in grado di coinvolgere più sensi contemporaneamente.
Un grande mente che si è spenta troppo presto, colpita da una malattia che priva l’essere umano della propria identità; identità che in questo caso continuerà a vivere nei giochi di sovrapposizione, nella danza di immagine e suono, nell’eterno ripetersi del ciclo della vita.
Leggi tutti i nostri articoli sull’arte contemporanea
In copertina: Bill Viola, Serie dei Martiri – Martire dell’Acqua, 2014, Video a colori ad alta definizione su schermo piatto montato verticalmente a parete.