Il Kalevala: la lunga storia di un poema finlandese

Kalevala

Ci sono letterature che hanno come padre fondatore un uomo in carne ed ossa, come Shakespeare, o Cervantes, o Goethe; letterature che ne hanno addirittura due, come i nostri Dante e Petrarca; altre che hanno come padre fondatore un poema, o due, come la letteratura greca e la letteratura latina. La Finlandia appartiene di certo a quest’ultima categoria. Il poema in questione si chiama Kalevala[1]. Un poema epico che narra le gesta di saggi eroi semidivini, di fanciulle e di creature mitologiche. Un poema epico che ha esercitato un notevole influsso sui suoi lettori, al punto da entrare nel canone della letteratura universale; un poema che ha costruito l’identità di una nazione, modellandola nei secoli, e che addirittura era considerato come un testo sacro.

E invece… le cose non stanno proprio così.

Sì, d’accordo: è stato usato come testo sacro, ma non da antichi popoli guerrieri come si è portati a immaginare, bensì da Rudolf Steiner e dalla sua Società Antroposofica; ha riscosso un largo successo (uno dei lettori più entusiasti fu un certo Jacob Grimm), ma solo a partire dall’Ottocento; ha sicuramente modellato l’identità della Finlandia, ma non prima della metà dell’Ottocento, e sicuramente non prima del 1835.

Come mai?

La risposta è semplice. Perché prima del 1835 non esisteva.

Ok, cinque minuti di pausa per riprendersi dalla delusione.

È successo a tutti.

Ma questa, si può star certi, è una storia molto più antica di quanto non sembri.

Siamo nei primi anni trenta dell’Ottocento, e la Grecia ha concluso la sua guerra d’indipendenza contro il tiranno turco, quella in cui è morto anche Byron – prima di vedere anche solo una mezza pallottola nemica, ma questo non sta bene dirlo; in Italia ci sono stati, nel ‘21, i primi moti costituzionali e, come cantato dall’odiatissimo (dagli studenti) Alessandro Manzoni, il buon Carlo Alberto si decise a far capolino dal Ticino in terra austriaca. Poi tornò indietro perché i tempi, e il coraggio, non erano ancora maturi. Ma è già qualcosa. È l’epoca delle idee nazionali, dell’infatuazione per il Folk, il popolo. Sono idee che circolano ovunque, e sono terribilmente affascinanti. Ognuno vuole la sua nazione, che sia «una d’arme, di lingua, d’altare / di memorie, di sangue e di cor», come cantava l’odiatissimo Sandro.

Kalevala
Nikolaj Michajlovič Kočergin (1897–1974), Illustrazioni per il Kalevala

Anche nella remota Finlandia le sirene fascinose dello spirito nazionale si fanno udire. E a raccoglierle è un giovanotto nel pieno dei suoi vent’anni-trenta, che ha appena finito di studiare medicina presso l’Accademia di Turku. Di nome faceva Elias Lönnrot.

Il giovanotto aveva dunque un pensiero in testa: come costruire un’identità finlandese? Come dare alla Finlandia una storia, una coscienza del suo passato? Non è una cosa che si fa in due minuti. Però… però, se la Finlandia avesse una sua Iliade, una sua Eneide… sarebbe tutto più facile.

Ecco che allora allo studente di medicina viene in mente un’idea grandiosa. Dedicarsi, tra un consulto medico e l’altro, alla ricerca e alla raccolta di tutte le storie, tutte le leggende e tutti i miti che circolavano in Finlandia nella forma di antichi canti, e raccoglierli in un unico, grande poema: il Kalevala, appunto. Ci fu anche chi gli diede corda, e il poema, proprio nel 1835, vide la luce.

È un lungo poema in ottonari, scritto con grande finezza, che racchiude in sé una doppia natura: miti di antiche origini e una redazione moderna, frutto dell’ideologia di un’epoca. E qui i primi lettori, e poi i secondi, i terzi, fino ad oggi hanno iniziato a discutere: quanto c’è di antico nel poema? Quanto di rielaborato? Esprime una mitologia, un’idea del mondo unitaria che esisteva anticamente? Possiamo parlare di una religione nazionale?

A volte accade che le domande che un’opera fa sorgere siano quasi più appassionanti dell’opera stessa. E quindi non basta leggere l’opera. Tanto più che la lettura non è immediata come per altri poemi a noi più vicini, come una Chanson de Roland, per dirne una: qui i versi si fanno ora rapidi come uno zampillare d’acqua, ora sono fermi, quasi solenni, e poi di nuovo giocosi, con quei personaggi che arrivano senza bussare, senza presentarsi, e te li ritrovi lì uno dopo l’altro.

Kohergin Kalevala
Nikolaj Michajlovič Kočergin (1897–1974), Illustrazioni per il Kalevala

Senza contare che l’edizione italiana è circolata per molti anni notevolmente tagliuzzata (ma per fortuna si trova tutta nel meraviglioso sito di Bifröst).

Allora è necessaria una guida. Un esploratore che ti aiuti a orientarti, a farti largo in un mondo che a tratti conosci benissimo, assomiglia al mondo di Sigfrido e Brunhilde, e a tratti non lo riconosci più, non hai i punti cardinali, i riferimenti. Affonda le radici in qualcosa di più arcaico, più antico, che si perde in quelle terre fredde di boschi e di neve. E, quando pensi che quel mondo lì sarà sempre lontano da te, ecco che ti giunge in soccorso il libro Juha Pentikäinen, La mitologia del Kalevala, che la casa editrice Vocifuoriscena ha pubblicato e reso (miracolosamente, verrebbe da dire) disponibile. È uno di quei testi di cui ti innamori man mano che lo leggi, con il suo stile incredibilmente comprensibile, con le sue pagine chiare, così belle per essere un’opera saggistica, specialistica.

E qui si scoprono cose interessanti. Intanto che il Kalevala non è uno, ma sono due. Nel senso che Lönnrot non era soddisfatto del suo lavoro e negli anni quaranta ha deciso di completarlo, dando alla luce l’Uusi Kalevala, che è quella che leggiamo noi oggi. Ma queste, alla fin fine, sono cose per filologi.

Quello che veramente stupisce è il poter riuscire, grazie al libro di Pentikäinen, ad entrare nel mondo mitologico finlandese e coglierlo finalmente in tutto il suo spessore. Riusciamo a cogliere sfumature e particolari del poema che ad una prima lettura ci sarebbero sfuggiti. E questo è il primo, vero obiettivo di ogni opera critica: altrimenti basterebbe semplicemente leggere il romanzo, la poesia cui si riferiscono, e il resto sarebbe roba da specialisti, da monomaniaci appassionati, e nulla di più.

Leggendo il Kalevala, per esempio, mentre impariamo a fare conoscenza con il saggio Väinämöinen, il guerriero Lemminkäinen (e con altri nomi difficili che finiscono in “en”), ci accorgiamo che i conflitti presenti nella storia sono raramente agiti. Se pensiamo al Beowulf, uno dei poemi più antichi della letteratura anglosassone, gronda di sangue come un film di Tarantino. E invece il Kalevala al massimo mette in scena un duello a colpi di canzoni. Da un certo punto di vista è molto più attento ai legami tra i personaggi che non all’azione vera e propria. Perché?

Già alla fine dell’Ottocento uno studioso, Domenico Comparetti, aveva fatto un’osservazione: i personaggi del Kalevala assomigliano più a degli sciamani che a dei guerrieri. Come spesso accade, l’affermazione venne presa sul serio solo molto dopo, e riproposta nel corso del Novecento varie volte, saltuariamente, ma non raggiunse mai la consacrazione. Ma Pentikäinen è fermamente convinto della veridicità di questa affermazione.

Kalevala Juha PentikainenLo studioso ci porta fra i popoli sami, nelle culture sciamaniche dei baltofinni e dei loro antenati, e prima ancora, alla ricerca delle fonti del Kalevala, di quei canti che hanno generato il poema, e di cui si è discusso a lungo tra gli specialisti. Pare, infatti, che il Kalevala raccolga canti che si sono formati in epoche diversissime, dal 500 a.C. fino addirittura al 1500: si può quindi dire che il poema di Lönnrot racchiuda in sé un intero universo finlandese, tutta la Finlandia, e che questo, alla fine, rappresenti esattamente l’intento romantico di espressione dell’essenza di un popolo.

E non finisce qui: la forma metrica in cui quei canti venivano tramandati ha origini ancora più antiche: secondo alcune teorie, si parlerebbe addirittura di 2500 anni fa.

A differenza di quanto si pensava in origine, la Finlandia è abitata da tempo immemorabile. I ritrovamenti più antichi risalgono al 7000 a. C. E il lascito culturale di questi popoli potrebbe essere proprio la visione del mondo che ritroviamo nel Kalevala e che millenni dopo ha preso forma nei canti baltofinnici. Inoltre, questi canti portano in sé le tracce di altri popoli, dei commerci lungo la Via della Seta, rendendo in parte ragione della tendenza sincretica di Lönnrot, che nella seconda versione del poema ricerca miti simili a quelli finlandesi per tutta l’Asia, spingendosi fino ai testi indiani.

E così scopriamo quanto di ancestrale, perdutamente profondo vi sia nel Kalevala, forse più di quanto potesse immaginare il suo stesso autore. È una storia che mette insieme etnografia e storia, antropologia e letteratura, alla ricerca del prima, di una visione del mondo che si perde nel tempo.

Gabriele Stilli
Gabriele Stilli

In tenera età sono stato stregato da quelle cose che si scrivono andando a capo spesso, e gli effetti si vedono ancora. Mi sono rassegnato, da diversi anni, a includere l’arte tra le discipline umanistiche e non nel rigoroso ambito delle scienze. Nutro ancora qualche dubbio, però.