Il femminil femminismo di Elle Woods

Legally Blonde Elle Woods

Legally Blonde è un conosciutissimo film del 2001 diretto da Robert Luketic.

La trama del film è semplice: la protagonista, Elle Woods, interpretata da Reese Witherspoon, incarna il prototipo della ‘bionda perfetta’ nell’immaginario comune, la ragazza molto curata, caratterialmente leggera, sempre sorridente e di buon umore, apparentemente frivola e poco intelligente.

Qualcosa però turba quasi subito questo equilibrio perfetto, Elle viene infatti lasciata dal fidanzato, Warner, il quale mette fine alla relazione adducendo come scusa il fatto che vuole sistemarsi con una ragazza seria e non può più “cazzeggiare” con una come Elle.

Elle decide allora di iscriversi alla facoltà di legge di Harvard per diventare una ragazza seria e riconquistare il suo amato Warner. Una volta passato il difficile test d’ammissione ed essere arrivata ad Harvard, scopre che Warner non ha perso tempo e si è nel frattempo fidanzato con Vivian, ragazza dall’aspetto semplice e dal viso austero incorniciato da un caschetto di capelli castani, l’intelligente brava ragazza dell’immaginario collettivo, l’antitesi di Elle insomma.

Ad aggiungere ulteriore pathos e a complicare di più la vita della protagonista c’è l’ambiente universitario che, ostile, non la accetta, non la rispetta e non la valorizza per quello che è e per le sue capacità che nessuno sembra riuscire a scorgere al di sotto della sua ingombrante personalità.

Spinta però all’apice della frustrazione da un’infelice battuta di Warner («non sei abbastanza intelligente tesoro»), comincia a credere in se stessa e a impegnarsi. Si appassiona alla materia, ottiene ottimi risultati e, nonostante sia solo una studentessa del primo anno, viene chiamata dal suo professore a collaborare a un’importante causa di omicidio.

Legally Blonde

Qui però c’è un altro attentato all’autostima che Elle aveva appena ricostruito, in quanto proprio il professor Callahan, che l’aveva convocata tra i suoi collaboratori, le fa delle avances esplicite. Elle allora decide di andarsene, convincendosi che nessuno la potrà mai prendere sul serio e che non sarà mai più in grado di finire il percorso di studi.

All’ultimo, però, arriva a salvarla, proprio come in una grande confraternita, la professoressa Stromwell: «Se permetterai a uno stupido coglione di rovinarti la vita, non sei la ragazza che credevo». Questo permetterà a Elle di riprendere in mano i suoi obiettivi, di sostituirsi a Callahan come avvocato difensore, di vincere la causa, di laurearsi e di tenere persino il discorso di fine anno in qualità di studentessa migliore del corso.

L’intento narrativo del film viene preannunciato in modo sublime già con i titoli di testa: immagini di una gaia confraternita femminile si alternano a inquadrature di Elle che si prepara per uscire all’appuntamento con Warner, il suo fidanzato.

La porta che si apre, all’inizio del film, non permette solo l’accesso fisico alla confraternita ma concede anche all’occhio dello spettatore curioso di accedere al misterioso universo femminile, dove solitamente l’accesso gli è proibito. Questa non sarà comunque la sola porta che vedremo: il film è infatti pieno di porte che si aprono e si chiudono, porte che sbattono, porte d’ascensore, porte divisorie in carcere e, verso la fine del film, le porte del tribunale, le quali non fungono, come in precedenza, da portale di ingresso ma da portale di uscita per la protagonista che ha ormai portato a compimento il suo scopo.

Legally Blonde

Distratto dalla trama leggera ma avvincente, lo spettatore può non accorgersi che il viaggio di Elle è molto più importante di quello che sembra: la sua è infatti un’impresa politica. Elle è la femminista mascherata da Marilyn che ci dice che non bisogna essere per forza “Jackie” per essere femministe.

Elle ci insegna che la propria personalità non va soppressa solo per permetterci di farci rispettare nell’ambiente di studio e di lavoro, piegandosi così, in questo modo, al volere di una società patriarcale.

Il film costruisce già dal principio una fitta rete tra donne, una relazione che vuol essere d’esempio per aiutarsi e sostenersi a vicenda a prescindere dalla propria personalità. Quando alla protagonista vengono fatte delle avances da parte del professore lei ha bisogno di un’altra donna che non pensi come un uomo e che le ridia la giusta fiducia in se stessa, la professoressa Stromwell, per l’appunto.

Ad Harvard, Elle, nonostante l’ambiente accademico e la cultura si presuma siano di alto livello, trova molta meno collaborazione femminile rispetto a quella presente nella scuola di moda che frequentava a Los Angeles e, paradossalmente, più maschilismo anche da parte delle stesse donne, persino dall’unica ragazza lesbica del corso.

Lottando, a fatica, Elle ricompone anche ad Harvard la confraternita, riscattando così la sua persona e la sua femminilità, procurandosi nuove amiche e privando di potere quegli uomini che rappresentavano i frutti marci della società.

Alessandra Ravelli
Alessandra Ravelli

Mi chiamo Alessandra Ravelli, ho 23 anni, sono nata a Pavia e attualmente vivo a Torino per frequentare l'università. In me convivono due anime; una più tradizionalista e concreta che mi porta ad avere i piedi per terra e un'altra ribelle e contestatrice che mi stimola a innovarmi continuamente e a uscire dagli schemi precostituiti inseguendo nuovi traguardi. In questo equilibrio un po' instabile, di una cosa sono certa: nelle mie scelte ho sempre seguito il cuore e le mie passioni come quella della buona scrittura, della lettura dei classici, del teatro, della sceneggiatura. Per questo ho intrapreso studi classici, mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi sperimentale su “I Tableaux Vivants tra cinema, teatro e arti visive”. Ricavo ispirazione dal flusso di immagini, fisse e in movimento, dall’arte, espressa in qualsiasi forma e dalla musica, musa della mia creatività che costituisce l'essenza principale del mio essere.