Tradotto da Valerio Valentini per D-Editore
Urlavo a squarciagola la mia pazzesca formula della divinità, ripetendo che io ero, per me stesso e per tutti gli uomini, il Primo Dio, l’Unico Dio…
Ci vuole un gran coraggio per fare un’affermazione del genere. Gran coraggio o una forte dose di pazzia, l’esaltazione poetica più assoluta, che cammina a braccetto con la disperazione.
Emanuel Carnevali è il pazzo equilibrista, che ha camminato su questa terra come su un filo teso sul vuoto più assoluto, dove a sostenerlo è stata la poesia, innata in quest’anima dannata e superiore, purtroppo dimenticata, come è sempre per i migliori.
La casa editrice di Ladispoli D Editore di Emanuele Pilia, nella collana curata da Valerio Valentini, da lui intitolata Strade Maestre, ha riproposto questo libro, completamente dimenticato, della cui bellezza poetica e morale ne parla William Carlos Williams, amico, collega ed estimatore di Emanuel Carnevali.
Carnevali è un poeta che, insieme a Pascale D’Angelo, Arturo Giovannitti, Severina Magni e Antonio Calitri, fa parte di quella corrente letteraria italo-americana del primo Novecento. Sono tutti italiani sbarcati a New Island in cerca di fortuna, per lo più poveri e giovanissimi. Carnevali ha sedici anni, fugge da una situazione familiare disastrosa e, così come gli altri, conoscerà dell’America il volto graffiato e sanguinolento, ma rimarrà affascinato dalle contraddizioni assurde, dalla musica, dallo slang impastato con i ritmi del jazz che farà sua.
Se pensiamo che il libro di Carnevali sia dei primi anni Venti, quando qui da noi impazzava un D’Annunzio, con la sua pomposa retorica, o gli Organetti di Barberia di un Corazzini, la differenza è davvero sorprendente.
La religione andava bene per le vecchiette, le dicevo, per la gente stanca, per gli stupidi. Le dicevo che amavo Cristo, ma che Cristo è la negazione di qualsiasi setta cristiana, di tutte le religioni cristiane.
Cristo avrebbe potuto farsi chiamare Dio, ma aveva preferito esser chiamato uomo, sapendo per istinto che la parola ‘uomo’ è più estesa e più grande che la parola ‘dio’.
La religione […] insegna al mondo a far a meno dell’amore, a far a meno del peccato, perché la religione perdona tutti i peccati.
Emanuel nasce a Firenze nel 1897, da cui si allontana solo pochi mesi dopo la nascita, per motivi di salute. Vive fino a undici anni con la madre morfinomane, che è separata dal marito, e una zia, cui è molto affezionato in quanto è l’unica a riservarle dell’affetto sincero. Nel libro dedica alla zia un intero capitolo, un ricordo espresso senza lungaggini letterarie, nelle cui parole trasuda la profonda e lacerante solitudine di quel bambino, malato e mite:
Dopo la morte di mia madre, rimasi con mia zia più di un anno, finché mio padre non mi prese in casa. Mia zia potrebbe tranquillamente rivendicare la responsabilità della mia educazione, dell’educazione della mia anima, voglio dire. Non avevo miglior confidente, miglior compagno, nessuna persona più cara di lei. Ho l’impressione che fu lei a fare di me un poeta, anche in quei lontani giorni dell’infanzia e dell’adolescenza.
La salute precaria sarà una costante nella breve vita di Carnevali, che morirà nel 1942 di encefalite letargica, una gravissima malattia che gli ha funestato gli ultimi vent’anni della sua esistenza, costringendolo a numerosi ricoveri.
Nel libro il poeta ripercorre la sua vita, il drammatico rapporto con la madre, mediato solo da questa zia e il distruttivo rapporto con il padre, con il quale vivrà pochissimo perché lo internerà subito in vari collegi.
la scuola è un luogo dove si dimentica tutto ciò che si dovrebbe ricordare e si ricorda tutto ciò che si dovrebbe dimenticare.
L’esperienza con la scuola, nonostante amasse lo studio, fu drammatica e all’età di sedici anni decise di abbandonarla per partire alla volta degli Stati Uniti, con grande gioia di suo padre, che almeno si levava dai piedi questo figlio mai amato.
Le donne dicono che ho begli occhi, ma io non ho mai potuto crederci. […] Sono un disordinato, un trascurato, un indolente …
Nel libro Emanuel racconta con un candore disarmante tutti i suoi amori etero e omosessuali, tanti quanti i suoi pensieri di bambino scaraventato nella vita: madre matrigna, che l’ha cresciuto di amara solitudine e di scanzonata allegria.
La più bella istituzione del nuovo mondo era il free-lunch counter, […] La canzone orrenda di New York erano gli urli che i garzoni del bar riservavano a quelli come me, che portavano la loro fame e la loro rabbia da una strada all’altra, camminando, camminando, fino a che ogni resistenza umana era estinta …
L’America di Carnevali trasuda jazz e strade sudice, ma lui non ha rimpianti per l’Italia, ha voglia d’immergersi in questa nuova realtà, ci si appassiona. È un’illusione, è l’assurdità di un consumismo già in evoluzione, di uno sfaldamento dell’umanità, che purtroppo ormai è non fa più notizia.
Grazie a un concorso di poesia della rivista Poetry, nel quale risulta vincitore, Emanuel viene notato dai più noti intellettuali del tempo, che lo apprezzano e legano con lui rapporti letterari e affettivi: il già citato William Carlos Williams, Ezra Pound, Carl Sandburg, Sherwood Anderson e altri.
Nelle frasi poetiche e graffiate di Carnevali, nella sua verità illuminata e disgraziata, si sente l’eco dell’Urlo di Ginsberg, l’affanno di Kerouac, così come la malattia, costante e persistente, sarà la Scimmia sulla schiena di Burroughs; l’accostamento con la poetica della Beat Generation ai poeti e scrittori italoamericani è molto forte.
Visto che ho la fortuna di conoscere il traduttore e curatore del testo, oltreché scrittore anch’egli, Valerio Valentini, classe 1982 di Ladispoli, gli ho porto alcune domande, per conoscere meglio questo testo.
Valerio raccontaci come nasce l’idea di tradurre IL PRIMO DIO, già pubblicato se non erro da Adelphi?
Conoscevo il libro in seguito a una mia personale ricerca su Sherwood Anderson, nella lettura dello scrittore statunitense era ricorrente il nome di Emanuel Carnevali, fino a che lo stesso autore compose il racconto lungo (a oggi introvabile) The italian poet in America, una figura che stonava totalmente all’interno di un ambiente di primi ‘900. Il “personaggio” Emanuel era già, nelle pagine scritte dell’amico/collega, totalmente fuori dal contesto storico/politico; una sorta di personaggio astratto che poteva benissimo essere associato a un personaggio di un romanzo. Non ha caso alle prime letture delle sue (poche) biografie o testimonianze di chi, nel suo cammino verso l’oblio, aveva incontrato, Carnevali mi sembrò un antico Arturo Bandini, degno personaggio di Fante, con la differenza che Fante scrisse di Bandini circa 15 anni dopo. Insomma cominciai a reperire tutte le informazioni possibili su Carnevali, fino a imbattermi nel (non) famoso Primo Dio, scoprendo un romanzo di una poetica straordinaria, un testo inspiegabilmente non pubblicato più dal 1978 circa, un romanzo che era necessario riportare alla luce come primo testo della collana Strade maestre.
Quali difficoltà hai incontrato nel tradurre un autore italiano che scrive in inglese, da autodidatta quale era Carnevali?
Molte traduzioni del passato, sebbene alcune a firme gloriose, presentano quei problemi che la tecnologia, in un certo senso ha risolto. Oggi una nuova traduzione guadagna di mezzi che possano risolvere, per esempio, anglismi, presenti nelle vecchie edizioni, e/o termini tecnici che allora si faceva fatica a capire. In: Ritorno a Harlem, per esempio, era ricorrente un’espressione gergale tipica dell’epoca e del contesto di cui parlava il libro in questione: Bumbole, questa non ha un vero e proprio significato (se non un esclamazione di stupore), che siamo riusciti a capire oggi con i mezzi a nostra disposizione, (per la cronaca questa espressione è stata lasciata così). Un altro esempio, presente in: Racconti dal Mississippi, erano i nomi degli uccelli, impossibilitato a capire quali fossero, nella vecchia traduzione il volatile veniva indicato con il nome (italianizzato) del suono emesso dall’uccello stesso. Diciamo che abbiamo lavorato su dei piccoli dettagli che facevano la differenza e sui tagli (inspiegabili) che non rendevano la vera atmosfera del libro.
Raccontaci le emozioni e le riflessioni che ti hanno spinto a intraprendere questa avventura per d Editore, nella quale curi la collana Strade Maestre?
Era, ed è tutt’oggi, una sfida emozionante e stimolante, rileggere testi, che in un certo senso hanno a che fare con quello che c’è adesso. È un modo, sia per capire da dove veniamo, sia per sapere dove stiamo andando. Sembrerà presuntuoso dire che in ogni testo di Strade Maestre cerchiamo di regalare al lettore un’esperienza magnifica e che lo arricchisca, però è proprio quello l’intento della collana. In Italia, a oggi, esce all’incirca in media un libro al giorno, e molti ci hanno chiesto della necessità di pubblicare “qualcosa che già c’era”, con Emmanuele, abbiamo risposto che di questi libri non ne basta mai, che il nostro, oltre che essere un lavoro, è un impegno futuro.
Avremo modo di riparlare con Valerio Valentini e del suo lavoro di curatore della collana Strade Maestre ma anche del suo lavoro di scrittore prolifico, visto che è già uscito il suo ultimo libro di racconti: Parlare non è un rimedio.
Il primo dio di Emanuel Carnevali è presente sul sito della casa editrice e su altri siti di distribuzione.