Serra celeste, di Chiara Pennetta

Eyvind Earle

Voglio srotolare le tue vene
una a una
e ciascuna legarla a una stella
appenderti il cuore al firmamento
guardarti crescere nella mia
serra celeste
tralci di luce sulla pelle
Vendemmiare
Sotto l’invidia lunare

 

A volte si prova una forma strana di venerazione verso qualcosa, verso la persona che amiamo, o nei confronti di ciò che ci stupisce e ci annichilisce. Un sentimento che sfuma dall’attrazione alla meraviglia di chi trova un oggetto particolare, e vorrebbe studiarlo, sezionarlo, carpirne il segreto.

Minuscolo canto d’amore, la poesia di Chiara Pennetta, così semplice, lineare nella forma, così piccola – una frase che va a capo con un andamento sinuoso – è in realtà la sintesi estrema di una sensazione stratificata, difficile da afferrare nella sua interezza. La «serra celeste» che l’io poetico genera da un lato suggestioni surreali, magico-fiabesche, che si riempiono d’incanto: dall’altro, il «guardar crescere», come si studia un insetto, lascia un’ombra in questo quadro idilliaco. Il desiderio muta in controllo, si chiude sotto la luce invidiosa della luna.

L’ambiguità tra passione e possesso, controllo e meraviglia è una costante del nostro rapporto con l’esistenza: per comprendere leghiamo, per rendere vivo uccidiamo, smembriamo, come il collezionista che prende le farfalle a una a una, con immensa delicatezza, e le dispone su un foglio.

E, nonostante tutto, quest’ombra che si profila nella poesia non smorza il tributo d’amore, ma lo moltiplica, lo rende tridimensionale. È l’amore del genitore verso il figlio, o l’amore più carnale, o, ancora, l’amore di chi si stupisce nei confronti del mondo. È il poeta stesso, che non può far altro che cristallizzare, custodire le parole «come in una teca», per dirla con Pasolini. Sotto la luce lunare di questa vendemmia vi è quel timore reverenziale che genera l’innamoramento, con tutte le sue inquietudini e tutta la sua forza.

 

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Chiara Pennetta ha studiato Lettere classiche presso Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, e oggi insegna italiano in Piemonte. Gestisce The Undeaf, un progetto di informazione sulla sordità e la vita quotidiana delle persone sorde.

In copertina: Eyvind Earle, Nebbia viola

Gabriele Stilli
Gabriele Stilli

In tenera età sono stato stregato da quelle cose che si scrivono andando a capo spesso, e gli effetti si vedono ancora. Mi sono rassegnato, da diversi anni, a includere l’arte tra le discipline umanistiche e non nel rigoroso ambito delle scienze. Nutro ancora qualche dubbio, però.