La nascita della Street Art come fenomeno organico e connotato si fa risalire comunemente al boom del graffitismo nella New York tra gli anni ‘60 e ‘70, consacrata poi dall’invenzione della bomboletta spray negli anni ‘80 e riplasmata infine con nuovi caratteri a partire dal 2000. Tuttavia il coacervo di tecniche, declinazioni, snodi spazio-temporali e simbologie che questa forma d’espressione artistica sembra racchiudere dentro di sé produce un prisma i cui riflessi non sono immediatamente codificabili. Tanto che alla nostra domanda Che cos’è la street art, il poeta Ivan Tresoldi (più semplicemente conosciuto come “Ivan il Poeta”) risponde: «Non esiste la street art. È da sempre esistita la scrittura delle strade, poi vi sono diversi modi di chiamare le cose».
E, tentando di renderci visibili i qualia di questo fenomeno complesso, ci parla indistintamente della Rivoluzione d’Ottobre, del Bronx, delle chiese arabe con la loro iconografia sacra. Iridescenze ampie, fluttuanti, a volte irrimediabilmente parallele altre secanti. Epifanie in cui tuttavia Ivan sembra scorgere un comune denominatore, che dalla sete di riscatto dei ragazzi delle periferie newyorkesi, alle parole inneggianti alla Rivoluzione, all’iconografia sacrale sembrerebbe costituire un nucleo ad alta densità attorno a cui gravitare: la funzione di costruzione delle società rivestita dalle parole e dalle immagini (o dalla loro unione).
All’interno di questo panorama dall’ampio respiro, Ivan, fedele alla sua vocazione poetica, ha scelto di servirsi della parola come mezzo privilegiato di scrittura delle strade, dando corpo insieme ad altri artisti a quel fenomeno conosciuto – anche senza una vera e propria formalizzazione del termine – come Poesia di Strada. La Poesia di Strada prende vita a partire dagli anni ‘90 per affrancare la poesia da un accademismo vissuto come asettico e costruito, lontano dall’urgenza del reale e delle sue problematicità.
Si sviluppa con un carattere autonomo e diversificato in vari Paesi: esempio storico è il movimento d’Accion Poética fondato dal poeta messicano Armando Alanis nel 1996, che si estende in America Latina e in Europa, e che fa della scrittura delle strade la sua dimensione privilegiata di diffusione poetica. Muri, colori e impellenza della parola: chi si associa ad Accion poética non accetta denaro in cambio, ma soltanto vernice.
Indipendentemente, iniziano a muoversi – dal 2000 in poi e con una diffusione più organica del movimento intorno al 2008 – nella stessa direzione anche gli artisti italiani, tra cui possiamo annoverare oltre a Ivan, Mr Caos, Davide Dpa, Decle e Un Litro Project, insieme al contributo di tanti altri, sia nelle vesti di singoli che di collettivi (lo Stendiversomio, neologismo che indica l’atto dello stendere ma che richiama anche il “versuro”, “aratro” in dialetto veneto, quasi si volesse nemmeno troppo metaforicamente dissotterrare un nuovo uso della parola, del padovano Ma-Rea o i poetry flowers con il motto “make poetry not war” sono solo alcuni degli altri originali contributi).
Affiancati da realtà che, pur anche non occupandosi di arti figurative, hanno fatto della strada locus privilegiato dei propri assalti poetici. Come il MEP (Movimento per l’Emancipazione della Poesia), nato nel 2010 a Firenze, di cui è utile leggere uno stralcio del manifesto: «Espressione di un’esigenza collettiva, il MeP nasce dalle contraddizioni riscontrate nell’attuale società, consumistica e disattenta, e con pratiche diverse si adopera per risolverle», e di cui possiamo bene riassumere l’azione con l’espressione “poesia in strada” (la diffusione poetica avviene tramite poster, volantini etc. attaccati sui muri).
Diverse perciò le realtà artistiche, come peculiari sono gli stili d’indagine e intervento: Dario Pruonto, in arte Mr. Caos, ha iniziato il suo percorso nella Poesia di Strada quasi per caso, nel 2013, quando ha assistito nel suo quartiere (una periferia milanese) a minacce perpetrate dalla criminalità organizzata e accolte con spirito omertoso dal resto della comunità. Quasi per istinto, ha reagito scrivendo di getto qualche riga e stampando 500 fogli A4 con cui tappezzare il quartiere.
Da lì il suo percorso artistico non si è più fermato e ha incontrato la sperimentazione delle più diverse tecniche: dallo stencil, alle maschere, alle installazioni, alle performances (famosa la performance replicata più volte del “Km di gessetti”, un km tracciato con gessetti colorati con l’aiuto delle persone del vicinato, destinato a sparire ma lasciando dietro di sé la forza del gesto).
Modalità, quelle di Dario, che girano intorno a un cuore pulsante costante nelle sue opere: il fatto di essere tutte site specific, ovvero innestate armonicamente nel contesto, nello spazio designato alla loro espressione, in un connubio equilibrato delle tre componenti relazionali «il cosa scrivere, il come scriverlo, e il dove scriverlo» ci spiega Mr. Caos sottolineando la componente dialettica delle sue creazioni:
Importante non turbare l’equilibrio delle persone che vivono in un contesto, modellarsi con loro senza arrivare a imporre, altrimenti il dialogo, la poesia e la relazione svaniscono.
Di diverse tecniche e spazi si serve anche Alfonso Pierro, che fonda il progetto “UnLitro” nel 2008, il cui senso descrive così, causticamente, sul sito:
Morsi, sorsi, sussurri ed urli intrecciati nel tessuto urbano a misura delle genti d’ogni luogo e tempo. Poesia che si riprende gli spazi consegnandoli a tutti coloro che li vivono per davvero.
Davide Casavola, in arte Dpa, è invece vero e proprio calligrafo: come altri street artists ha codificato un alfabeto pittorico che funge da stilema visivo da riprodurre per incarnare in figure e colori le proprie poesie. Nel 2010 fonda il collettivo “Poesia D’Assalto” che così descrive:
Poesia D’assalto nasce con l’intento di diffondere la poesia tra le vie, tra i passanti in corsa, a gocce di vernice. Poesia che s’immerge nella quotidianità e ritrova il suo spazio, riqualifica di strade spente e animi persi.
Decle, affine alla pop art, avvicina la poesia ai graffiti, così come alla musica elettronica; ricoprendo i muri e le serrande di numerose città e cercando anch’esso una commistione che intreccia tecniche differenti (Indicative le sue ultime performance nel 2019, “metamorfosiromana” per RomaID, in collaborazione con gli artisti Motorefisico e Francesco Fidani, e “Polaroid di poesia”, durante cui ha esposto le sue “poesie infinite”).
E vicini al calligramma troviamo infine anche gli stilemi di Ivan (altre sue tecniche principali, oltre alle varie componenti del muralismo, sono le scaglie – strisciate bianche fatte con il rullo e riempite in nero di frammenti poetici -, i manifesti con colla, le performances, gli happenings), le cui poesie, come sentinelle del trascurato, invadono gli angoli dimenticati della città restituendo loro una voce.
«Ognuno merita il regime che sopporta», «il poeta sei tu che leggi», «chi getta semi al vento farà fiorire il cielo», «sognare non costa nulla, è svegliarsi che costa caro», sono solo alcune delle sue schegge poetiche che sottraggono le strade all’anonimato, ma ben esemplificano il senso della sua poetica, evidenziando quel richiamo a Durkheim di cui Ivan stesso ci parla: «una città, un Paese, è un grande corpo», ci dice, «più che la vernice che tu lasci sul muro, per me, ciò che conta è quello che dice il Piccolo Principe: l’essenziale è invisibile agli occhi». E ancora: «per me la parola ha un valore fondativo di costruzione di massa: io scrivo ma tu leggi».
Individuale e collettivo, arti e corpo intero si fondono in un dialogo bilaterale, dove se da un lato i fatti sociali sono interconnessi tra loro formando una fitta rete di ragno, dall’altro la coscienza soggettiva non perde di significato, informa anzi la culla delle differenze irradiate dall’esperienza, e soprattutto la forza propulsiva del cambiamento, che in qualità di «finalismo implicito all’esistenza» (Durkheim) è in grado di scuotere i presupposti della società e di modificarne gli stati. «L’ideale non è al servizio del reale» ci dice Durkheim rimandando indietro l’eco al Piccolo Principe di Ivan, che ancora una volta ci ricorda che su quei muri si nasconde una tensione segreta, palpabile a mano a mano che ci si avvicina. E che ci augura di crearci, ed essere liberi.
Leggi qui la presentazione del reportage
Autrice: Valentina Nicole Savino
Regia e riprese: Davide Cipolat
Interviste: Valentina Nicole Savino, Barbara Venneri
Montaggio: Davide Cipolat
Grafiche: Claudia Antini
Fonti:
Jeffrey C. Alexander, Emile Durkheim, contributi a una rilettura critica, Roma, Meltemi, 2002
Street Art, su Riarte.it
Elisabetta Perkele Colautti, Poesia di strada, ribellione e condivisione, su Comune.into
Aurora Tamigio, Street Art, tendenze e artisti di un movimento internazionale, su SognoElekltra.com
Lara Farinon, Il bisogno di ritornare alla strada, il fenomeno della Street Poetry, su Artspecialday.
Elena Mazzoni Wagner, Da Lecce a Milano e all’inverso, su CCT-SeeCity
Unilitro, su Speak Sick
167bstreet.com
Ivan, Poeta di strada e artista pubblico
Movimento per l’emancipazione della poesia