fiore di notte 2 anime al crepuscolo

Le anime al crepuscolo della resistenza

Fiore di notte, volume 2

Dov’eravamo rimasti? Ah, giusto: nell’abisso del nazismo.

Nell’epilogo oscuro e fragile di 2. Anime al crepuscolo (Oblomov, 2024), il secondo volume del dittico Fiore di notte di Giovanna Furio e Marco Nizzoli, si accende un chiarore opaco, una luce che, seppure fievole, resiste. Dopo i potenti chiaroscuri dell’episodio precedente “1. Sogni infranti”, siamo ormai nel pieno della tragedia, con questo capitolo conclusivo che si addentra nella discesa definitiva nell’Inferno. Se nella prima parte della graphic novel il dolore di Jacopo e l’amore impossibile per Hans scivolavano inesorabilmente verso la rottura, qui, il presente diviene il teatro in cui ogni frammento si scontra e si ricompone, rivelando il prezzo dell’umanità.

Nelle pagine di Fiore di notte – Anime al crepuscolo il tempo sembra bloccato, congelato in un eterno ritorno di lutti e scelte irrevocabili. La resistenza partigiana e i nazisti sono arrivati allo scontro aperto, mentre Jacopo ed Ester, ormai quasi completamente spezzati, resistono alla morte come fiori notturni che si nutrono di ombra e solitudine.

E mentre il mondo si sgretola intorno a loro, è il silenzio che scolpisce i loro destini, riempiendo di pathos ogni tavola illustrata da Nizzoli, i cui tratti non sono più semplicemente belli, ma necessitano di una nuova potenza per scavare ancora più in profondità nelle pieghe dell’animo. L’arte di Nizzoli, infatti, è un’estensione pura della narrazione, un coro che accompagna la melodia delle parole. I disegni sono come ferite aperte sulla pagina, che sanguinano di emozioni. I colori, vivaci e cupi al tempo stesso, creano un contrasto che riflette la complessità dell’animo umano.

Le calli di Venezia e i freddi corridoi del lager assumono ora un ruolo trasfigurato, quasi irreale. Città e prigione, vita e morte si fondono e si confondono, come se lo spazio stesso volesse richiamarci a una meditazione sul destino. Non c’è redenzione né giustizia, solo le ombre di ricordi e ideali che bruciano silenziosamente.

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Hans, l’amante tradito da un giuramento che non ha potuto evitare, appare come una figura tragica, la cui sofferenza riecheggia oltre le parole. Questo secondo volume non si ferma a indagare l’amore proibito, ma lo scompone, lo riflette nei gesti, negli sguardi sfuggenti, in un abbraccio che si sa già terminale. C’è una vecchia intimità lacerante tra Jacopo e Hans, una verità che forse è proprio il mezzo più autentico con cui Furio e Nizzoli descrivono l’amore stesso, soprattutto quando esso si realizza sotto l’ombra della violenza.

Anime al crepuscolo non è solo la conclusione di una storia d’amore e di guerra, ma il testamento di un’epoca frantumata, un’ultima parola in un dialogo che sa di ferocia e tenerezza. Le mani che si sfiorano, gli occhi che si cercano nel nulla, sono colpi di un tamburo lento, pesante, che accompagna la tragedia fino al suo limite.

Anche in questo secondo volume, Furio gioca con i vuoti: i silenzi diventano come parentesi, intervalli che creano sospensione. È nei dettagli non detti, nel dolore muto, che la storia assume una densità straordinaria, costringendoci a sentire la pressione del tempo che sfugge e non perdona. Se nel primo volume era giá notevole questa sovrastruttura muta, qui (specialmente proprio nel finale) arriviamo ad una tensione cosí rilucente da accecare.

Come un fiore che sboccia solo di notte, Anime al crepuscolo rappresenta il coraggio dell’umano che, anche nel buio più profondo, si erge in un ultimo sussulto di bellezza e disperazione. Furio e Nizzoli, ancora una volta, si confermano custodi di una memoria difficile, autori capaci di spingere lo sguardo oltre la tragedia per cogliere un’ombra di speranza, piccola ma indomabile, che aleggia e sfida le tenebre. Un finale che non ha paura del dolore, che ci lascia senza parole, come se, nel punto più basso della storia, anche noi fossimo ancora capaci di respirare, di sentire un’eco lontana; di cogliere il fragile fiore della resistenza.


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