Dire cosa siano gli origami è molto facile, basta tradurre dal giapponese: carta piegata, e in poche sillabe si può capire ciò di cui stiamo parlando. Per essere esplicativi, però, serve molto di più. È necessario osservare lo sviluppo di un materiale, ascoltare i racconti di diverse epoche, leggere l’incontro di popoli con le loro tradizioni e vedere i prodotti ibridi che ne nascono.
Piegare la carta è un atto spontaneo e naturale che è divenuto un gioco, un metodo didattico, un’arte che ha assunto nel corso del tempo significati spirituali, e ha addirittura permesso l’avanzare della scienza e della tecnologia.
Le origini dell’origami: la carta
Partiamo quindi con l’origine del materiale.
Stando alla tradizione cinese, la carta fu inventata da Cai Lun, un funzionario della corte Han, nel 105 d.C. Ci sono diverse evidenze archeologiche che dimostrano però che la carta prodotta da fibre vegetali sia nata in India, Cina e Tailandia molto prima di questa data.
Le prime mappe indiane in fibra vegetale di cui si ha notizia risalgono al 1125 a.C. ed è certo che già dal 1000 a.C. i cinesi usassero la carta per fabbricare aquiloni. La carta era resistente, si prestava a essere colorata, costituiva un supporto ideale per la scrittura a inchiostro, era facile da trasportare, aveva moltissimi vantaggi e finì presto per soppiantare le strisce di legno e bambù, i papiri o gli altri supporti utilizzati sino ad allora.
Si ritiene che i primi modelli di origami risalgano al periodo in cui è nata la carta. Probabilmente si trattava di modelli che potevano avere un uso pratico, come ad esempio piccoli contenitori, buste per lettere o lettere stesse.
La parola origami, come abbiamo detto, deriva dal giapponese oru, piegare, e kami, carta: “Piegare la carta”, o “carta piegata”. Questo termine però è stata adottato, in Giappone e a livello internazionale, per indicare l’arte di piegare la carta solo nel XIX secolo. Pochi sanno che tradizionalmente la tecnica di piegare la carta era conosciuta in Giappone con nomi diversi, come orikata, orisue, orimono, tatamigami e altri. Sebbene la carta fosse stata introdotta in Giappone soltanto nel 600 d.C., l’arte dell’origami si sviluppò nell’isola del Sol levante grazie alla valenza sacrale data alla carta dallo Shintoismo.
In giapponese le parole “carta” e “dei”, anche se scritte con ideogrammi diversi, si pronunciano allo stesso modo: “kami”. Kami non indica solo la carta, ma anche il concetto di una cosa superiore, che sta sopra, in alto. Per fabbricare la carta si usano fibre vegetali che macerate in acqua tendono a galleggiare, a stare in alto. Per questo motivo la carta è stata vista come un segno delle divinità stesse per consentire agli uomini di entrare in contatto con gli esseri superiori.
Per la fabbricazione della carta erano richieste conoscenze; era un materiale costoso e non disponibile al pubblico. Questi motivi chiusero la carta tra la cerchia dei monaci. Le prime forme di origami erano delle semplici strisce di carta con forme geometriche unite tra di loro da un filo o ad una bacchetta di legno. Questi venivano utilizzate per delimitare gli spazi sacri durante feste, rituali o cerimonie.
L’origami come forma d’arte
Durante il periodo Heian (794-1185 d.C.), ci fu un primo graduale passaggio ad un uso più profano. Non erano più solo i monaci a piegare la carta, ma anche gli appartenenti alla classe nobiliare. Si passò dai modelli più astratti ad altri più figurativi, che riproducevano animali, insetti, fiori e altre forme della natura.
In questo periodo che nacquero diversi modelli di origami, tra i quali anche forse il più conosciuto al mondo: la gru. Secondo la tradizione popolare la gru vivrebbe mille anni e regalarne una è un augurio di lunga vita e prosperità.
A portare la carta in giro per il mondo non furono gli orientali ma gli arabi, che nel 751 d.C. conquistarono Samarcanda, fino a quel momento sotto l’influenza dell’Impero cinese, dove appresero e poi modificarono l’arte della fabbricazione della carta. In seguito i fabbricanti di carta si spostarono, e nel decimo secolo arrivarono in Egitto. Conquistando la Spagna e successivamente la Sicilia, gli arabi eressero diversi mulini per la fabbricazione della carta. Infine, le prime cartiere apparvero in Italia, a Fabriano, nel 1276.
Gli arabi erano esperti matematici e astronomi, ed influenzarono notevolmente il modo occidentale di piegare la carta. Focalizzarono la loro attenzione sulle regole geometriche di piegatura del quadrato, che divenne il formato di partenza per eccellenza per creare modelli.
I modelli di carta piegata europei sono generalmente basati su una griglia geometrica basata su pieghe di 45°, molto raramente presentano tagli o pieghe senza riferimenti precisi. L’attenzione dell’origamista arabo è dunque focalizzata alla forma finale del modello; in estremo oriente, invece, i modelli tradizionali si basavano su pieghe di 22,5° lasciando spazio per il gusto personale e la libera interpretazione.
Tra il 1100 e il 1600, nei periodi Kamakura e Muromaki, in Giappone vi furono cambiamenti sociali e religiosi, con dei risvolti anche nella pratica degli origami, di uso sempre più comune per molte persone. È proprio in questo periodo che nell’ambito del Buddhismo si svilupparono nuove scuole, tra le quali lo zen. Il forte influsso di questa corrente spinse gli origamisti alla ricerca della bellezza in ogni singolo passaggio, tendendo ad attribuire più importanza all’atto di piegare in sé che non al modello finito, che solitamente ha una forma stilizzata.
La politica militare dei samurai portò inoltre dei cambiamenti a livello sociale. Nascono regole di comportamento, alcune si occupavano dei doni. Molti modelli di origami tradizionali sono legati proprio al dare e ricevere regali.
C’era un modello di origami che, accompagnando un regalo, dava valore e ne attestava l’autenticità, un altro che serviva come portafortuna, altri ancora erano segni di buon augurio o per congratularsi per un successo ottenuto. Questi modelli arrivarono a essere piegati in modo così raffinato da diventare un regalo in sé. Gradualmente le forme simboliche e rituali si sono evolute in rappresentazioni più semplici, trasformandosi anche in origami.
Un esempio sono i kusudama, delle tradizionali sfere medicinali fatte di ramoscelli ed erbe mediche. Iniziano ad essere creati dei kusudama con fiori origami uniti tra loro in modo da formare una sfera da appendere alla porta di casa, per allontanare gli spiriti maligni e le malattie.
L’origami in Europa
Torniamo un attimo in Europa, più precisamente in Italia, nel 1472.
L’uso della carta per scopi letterari era già consolidato, in Europa da tempo la spinta allo scambio letterario e culturale aveva portato ad una lingua comune della società colta e a numerose pubblicazioni.
Fu a Ferrara, proprio nel 1472, che ci fu la prima pubblicazione contenente un modello origami tradizionale europeo. In una stampa del De sphaera mundi, La sfera del mondo, opera di Johannes Sacrobosco, è raffigurata una barca del tutto simile alla classica barca tradizionale origami.
Gli scambi commerciali con il Giappone sono stati per secoli molto scarsi. Nonostante questo è molto probabile che ci siano state contaminazioni tra modelli tradizionali orientali ed occidentali, grazie ai commercianti olandesi confinati nel porto di Nagasaki. Nel periodo Edo (1600-1900 d.C. circa), infatti, la produzione di carta, diventa a basso costo, è destinata al largo consumo e l’origami è diventata una pratica popolare. Se in Giappone in pochissimi potevano entrare nell’isola, i giapponesi potevano uscire, e questo permise di diffonderne la cultura all’estero: addirittura venivano organizzate vere e proprie tournée per far conoscere l’origami.
In un primo tempo, in Europa, gli origamisti venivano considerati dei maghi o dei prestigiatori: nessuno aveva mai visto cose del genere prima di allora e l’origami non aveva niente di sacro, anzi era uno show. Salvo lodevoli eccezioni, come Leonardo da Vinci, Lewis Carroll e pochi altri, almeno fino alla metà del XIX secolo nessuno aveva mai pensato di piegare la carta per ottenere figure anche molto semplici.
Curiosamente, era molto più diffuso l’uso di piegare stoffe, tovaglie e tovaglioli per per abbellire le tavole imbandite nelle corti dei grandi signori. Questa tecnica era oggetto di appositi rari trattati.
A metà del XIX secolo in Germania ci fu la svolta verso l’origami moderno. Friedrich Fröbel creò il kindergarten, un sistema educativo che prevede attività chiamate “occupazioni”, divise in tre categorie: forme di vita, forme di bellezza e forme di conoscenza. L’origami costituiva una delle occupazioni. L’origami figurativo tradizionale si colloca nelle forme di vita. Nelle forme di bellezza i bambini piegano schemi simmetrici. All’interno delle forme di conoscenza, l’origami viene usato per insegnare ai bambini regole di geometria elementare.
I kindergarten hanno fornito un contributo decisivo alla diffusione degli origami dall’Europa al Nord America fino in Argentina per tornare al Giappone. Quando i kindergarten di Friedrich Fröbel arrivarono in Giappone, l’origami occidentale e giapponese si incontrarono. Per assecondare l’esigenza dei kindergarten di insegnare origami, in Giappone si cominciò a produrre carta da origami quadrata e colorata su un lato, così come da tradizione europea. Ai kindergarten si deve anche la parola Origami, coniata dalla traduzione letterale di papierfalten, “carta piegata” in tedesco.
Gli origami ancora oggi sono un metodo didattico perché permettono di coinvolgere i diversi stili di apprendimento: visivo, cinestesico e uditivo.
La pratica degli origami sviluppa la coordinazione, la concentrazione, la capacità di seguire le indicazioni e le capacità di visualizzazione spaziale.
L’origami moderno
Akira Yoshizawa, considerato il padre dell’origami moderno, nacque nel 1911 e frequentò il kindergarten. Arrivò a Tokyo nel 1924 e cominciò a lavorare in una industria metalmeccanica. Quando gli fu affidato il compito di formare i giovani impiegati usò gli origami per insegnare loro la geometria. L’amore di Yoshizawa per l’origami gli consentì di elevare questa disciplina da tecnica ad arte. Lasciò il lavoro in fabbrica e continuò a vivere praticamente in povertà per dedicarsi totalmente a quest’arte. Egli rivoluzionò infatti il modo di piegare la carta, introdusse il concetto di “pieghe morbide” e diede impulso alla tridimensionalità.
Nella seconda metà del ‘900 il genio di Yoshizawa venne rivelato al mondo grazie a delle sponsorizzazioni. Nel 1958 una donna americana, Lilian Oppenheimer fondò a New York l’Origami Center in cui espose i modelli di Yoshizawa. La mostra ebbe un successo enorme ed un profondo impatto sul mondo degli origami.
Da quel momento in poi si sono susseguiti numerosi famosi origamisti nel mondo, i modelli sono esponenzialmente aumentati, da quelli più figurativi, artisticamente definiti in ogni dettaglio, ai modelli più semplici, facili nelle realizzazione anche per le mani meno esperte ma ugualmente appassionate.
Questa diffusione è stata possibile anche grazie all’istituzione di un vero e proprio linguaggio, come quello matematico, con i suoi simboli e significati da tutti riconosciuti.
Lo studio della geometria ha ricevuto notevole impulso dall’arte dell’origami. Tutti gli assiomi della geometria euclidea sono dimostrabili per mezzo dell’origami, che consente addirittura di risolvere alcune equazioni di terzo grado che sarebbero irrisolvibili con riga e compasso.
Due autori occidentali hanno affrontato più di altri il tema della progettazione di origami: Peter Engel in Origami from Angelfish to Zen[1] (1989) e Robert J. Lang in Origami Design Secrets[2].
L’origami viene applicato e studiato anche per la realizzazioni di oggetti. Robert J. Lang è stato uno dei pionieri del matrimonio inter-disciplinare tra origami e matematica. Lang ha fornito consulenze, scritto articoli, libri e molto altro, sulle applicazioni dell’origami per risolvere problematiche d’ingegneria. Grazie a Lang sono stati progettati airbag e telescopi espandibili per lo spazio.
L’origami è stato studiato per la realizzazione di pannelli solari della NASA. Grazie alla caratteristica degli origami twist, i pannelli partivano dalla terra in forma compatta e al momento opportuno, con pochissima forza, si riescono facilmente a dispiegare nello spazio, ma soprattutto, con altrettanta facilità, si riesce a richiuderli per farli tornare comodamente a terra. Negli ultimi anni tecniche matematico-geometriche hanno permesso di formalizzare la progettazione anche degli origami figurativi.
L’origami è quindi uno strumento potente, potentissimo. Ed è innegabile che sia cresciuto in misura esponenziale negli ultimi decenni. Anche la medicina si è ispirata a un principio dell’origami per progettare i moderni stent usati in chirurgia vascolare. Non meno importanti sono i risultati ottenuti usando l’origami per il recupero e la cura di soggetti con disturbi psicologici.
A questo punto, non resta che prendere un foglio e cominciare a percorrere la strada che porta nel mondo sterminato e un po’ magico dell’origami.
Buone pieghe a tutti.