La flipped classroom

flipped classroom

I giorni della scuola – V

 

Imagine there’s no lesson
in the morning at school.
No tests, no anxieties,
and no examinations, too.
Imagine all the students
using their phones in peace.

No, non si tratta di un vaneggiamento utopico alla John Lennon, ma di un modello didattico semplice ed efficace che si sta diffondendo anche in Italia: la flipped classroom.

L’idea

L’idea alla base della flipped classroom, o classe capovolta, nasce nel 2007 in una high school di una sperduta cittadina del Colorado. Qui due professori, cercando un modo per evitare che i loro studenti (spesso assenti per motivi di salute o per impegni sportivi) rimanessero indietro, ebbero un’intuizione geniale: registrare le lezioni e condividerle con i loro studenti su Youtube. In questo modo i ragazzi il pomeriggio potevano guardare i video con le spiegazioni e la mattina successiva in classe avevano la possibilità di svolgere attività collaborative, dibattiti, laboratori e approfondire i concetti con cui erano già venuti a contatto a casa.

Perché funziona:

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  1. Se la lezione frontale è uguale per tutti, la flipped classrom permette un apprendimento personalizzato, perché dà la possibilità di guardare più volte i video se qualcosa non è chiaro. Inoltre, in questo modo il docente in classe può dedicarsi alle esigenze dei singoli, ai loro dubbi, alle loro curiosità. D’altra parte incentiva l’approfondimento perché un semplice link fornito dal professore permette di avere subito accesso ad ulteriori materiali. Ognuno può seguire il proprio passo: dai ragazzi con difficoltà alle eccellenze, perché ognuno diventa protagonista della propria formazione.
  2. La didattica tradizionale è incentrata sulla voce dell’insegnante, che spiega il manuale, ovvero l’unico libro adottato. Al contrario, la didattica capovolta permette di fruire non di un solo libro, ma di tutti i contenuti della rete: video, audio, esercizi graduati ecc.
  3. Il ruolo dell’insegnante si modifica radicalmente: da auctoritas depositaria del sapere, da unico elemento attivo che trasmette in modo unidirezionale la conoscenza, diventa un tutor, un facilitatore, una guida che si affianca allo studente a seconda delle esigenze dello stesso, favorendo così l’autonomia dei ragazzi.
  4. La classe non è più il luogo della noia (della lezione) e dell’ansia (dell’interrogazione). La classe diventa il luogo della condivisione di esperienze, idee, dubbi, di cooperazione nella costruzione di competenze. Per questo, il giudizio finale non verterà sulla singola performance in cui lo studente dimostra di aver imparato a memoria dei concetti, ma sarà una valutazione in itinere sul percorso svolto.
  5. Ai fini della didattica capovolta non è necessario che le scuole siano dotate di particolari attrezzature tecnologiche, perché è sufficiente che i ragazzi usino gli smartphone e i tablet che spontaneamente portano a scuaola.

Cosa aspettiamo?

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I risultati ci sono: il 67% degli studenti che hanno sperimentato la classe capovolta ha riportato voti più alti nei test, l’80% sostiene che la vita di classe sia migliorata e il 99% continuerebbe a usare questa metodologia. Il sostegno da parte di personalità importanti del mondo della scuola e della pedagogia non manca: “La flipped classroom apre la strada a una didattica inclusiva, in cui gli studenti stanno in classe non per assistere passivi alla lezione, ma per studiare insieme ed essere seguiti individualmente”, ha dichiarato il linguista ed ex ministro dell’istruzione Tullio De Mauro.

Dal 2014 gli insegnanti formati in Italia sono oltre 600 e 120 sono le sezioni in cui tale metodologia è stata adottata in modo ufficiale: il modello didattico della flipped classroom si sta diffondendo velocemente. Come diceva John Lennon: “You may say I’m a dreamer, but I am not the only one”.

 


Continua il percorso: Tornare a Don Milani: l’attualità della scuola di Barbiana

Ilaria Rossini
Ilaria Rossini

Creatività e curiosità in terra milanese dal 1994. Mi sono laureatata in Lettere Moderne con una tesi sulla riscrittura funzionale e in magistrale in Comunicazione per l'impresa, i media e le organizzazioni complesse all'Università Cattolica del Sacro Cuore.Le mie passioni: il marketing, la comunicazione, la corsa e i biscotti con le gocce di cioccolato. Ogni giorno cerco di scoprire e imparare qualcosa di nuovo, perchè come dice Einstein: “The important thing is to not stop questioning. Curiosity has its own reason for existing”.