L’antichissimo culto dell’orso: il primo Dio?

Culto dell'orso

Storie di animali nel Medioevo – VIII

 

La Chiesa lottò per circa un millennio contro l’orso e contro i culti che le diverse popolazioni barbare e non gli tributavano. La venerazione per questo animale era così diffusa e, probabilmente, aveva radici tanto antiche che la Chiesa si vide costretta ad usare ogni arma per combattere il re della foresta, dal sostituire le feste a lui dedicate con le celebrazioni dei santi o, ancora, a porre sul trono degli animali il ben più innocuo leone.

Ogni cultura, di fatti, ad un certo punto della sua storia elegge un re degli animali facendone il protagonista del suo bestiario simbolico. Malgrado l’estrema diversità delle società si può comunque notare che tale scelta, in origine, segue quasi sempre gli stessi criteri: l’elezione dell’animale è in sostanza dovuta alla sua reputazione di invincibilità.

Ora, nella vecchia Europa coperta da foreste, l’orso era un animale molto diffuso: la sua presenza, temuta e ammirata, gli permise di conservare il trono per diversi secoli (se non millenni). Nessun’altra bestia, infatti, trasmetteva una forza pari a quella del plantigrado capace addirittura di vincere lotte contro avversari temibili come il cinghiale.

Germani, Celti, Slavi, Balti e Lapponi l’hanno considerato un animale diverso dagli altri, ponendolo a capo del loro bestiario simbolico. Per i primi, inoltre, non era solo il re degli animali ma era addirittura un animale totemico.

Per i giovani Germani, ad esempio, sconfiggere un orso rappresentava un rito di passaggio obbligato per accedere al mondo degli adulti mentre per gli Slavi il guerriero poteva diventare un orso non solo combattendolo o mangiandone la carne ma anche vestendosi della sua pelle.

Nicholas Roerich, Gli anziani si vestono di pelli d'orso, 1944
Nicholas Roerich, Gli anziani si vestono di pelli d’orso, 1944

In ogni caso questi riti erano invisi alla Chiesa non solo perché pagani e barbari ma soprattutto perché incitavano i giovani ad essere violenti e a comportarsi non secondo le regole e i valori predicati dagli uomini di chiesa ma secondo pulsioni ataviche difficili da controllare.

Oltre che nei rituali descritti dagli autori romani come quelli appena menzionati, il culto degli orsi ha lasciato traccia anche nei miti e nelle leggende: molte dinastie dei popoli del nord, infatti, fanno risalire la propria origine all’accoppiamento o di una donna con un orso o viceversa. Nell’Alto medioevo far parte di queste stirpi significava, per il singolo uomo, avere nel sangue un po’ della forza e del coraggio della bestia più ammirata dagli uomini. Tutti questi attributi ne facevano un capo perfetto da seguire, un re a cui affidarsi senza alcun timore.

Oltre che nei miti e nelle leggende dei popoli del nord, l’orso compare in molti miti greci, in particolare quelli legati alla dea della caccia, Artemide. In questo caso l’orso non è una divinità o un re ma un attributo della divinità e, ancor più spesso, non si parla di rapporti tra orsi e uomini quanto della metamorfosi dei secondi nei primi.

Uno di questi miti, ad esempio, riguarda Callisto, figlia di Licaone, re d’Arcadia, fanciulla di straordinaria bellezza che preferiva cacciare insieme ad Artemide e alle sue compagne piuttosto che concedersi agli uomini. Come la dea che serviva, Callisto aveva fatto voto di castità. Un giorno però Zeus la vide e se ne innamorò e per avvicinarla assunse l’espetto di Artemide e la possedette. La giovane rimase incinta e, quando arrivò il momento in cui non riuscì più a nascondere la gravidanza rimase vittima della furia della dea che la trasformò in orsa.

Callisto partorì Arcade che sarebbe poi divenuto re d’Arcadia mentre lei vagava nei boschi della stessa regione. Un giorno, mentre cacciava, il figlio incontrò la madre e tentò di ucciderla. Allora Zeus, provando pietà per entrambi, trasformò Arcade in un orsacchiotto e fece ascendere entrambi al cielo dove madre e figlio divennero due costellazioni: l’Orsa Maggiore e l’orsa Minore.

Henri Rousseau, Nudo e orso, 1901
Henri Rousseau, Nudo e orso, 1901

Un altro tema abbastanza diffuso è quello del cucciolo d’uomo allevato da una bestia come nel caso di Paride che, abbandonato in un bosco nei pressi di Troia, venne trovato e accudito da un’orsa. I miti affondano le proprie radici, molto probabilmente, in culti e credenze ancora più antiche sulle quali è difficile avere certezze ma su cui allo stesso tempo è possibile elaborare un ventaglio di ipotesi partendo sia dall’analisi dei miti stessi che dai graffiti e dalle incisioni conservate in molte grotte del vecchio continente e scoperte durante i secoli scorsi.

Tra queste, per quanto riguarda il culto dedicato all’orso, ce n’è una di particolare importanza: la grotta di Chauvet, scoperta nel 1994 a Vallon-Pont-d’Arc, nell’Ardèche, suscitando molto scalpore. Nel ricco bestiario dipinto e inciso al suo interno si contano circa 350 o 400 animali, molti dei quali fiere pericolose (leoni, pantere, orsi, rinoceronti). Le datazioni effettuate al carbonio 14 propongono una forchetta di date fra i 32. 410 e i 30. 240 anni fa, ossia più di 15.000 anni prima dei bestiari di Lascaux e di Altamira.

È un bestiario vario, ricco di specie, nel quale l’orso compare ben 12 volte, in rappresentazioni notevoli per le grandi dimensioni, il tratto fermo, il colore rosso o nero. Queste raffigurazioni sembrano essere una risposta alle molte tracce lasciate dagli orsi che hanno vissuto in questa stessa grotta: tracce di artigli, di peli e di sfregamenti, impronte di zampe sulle pareti e sul suolo, tracce di tane e giacigli impressi nella creta a cui si sommano i resti di molte ossa e una collezione di almeno 150 crani. La disposizione di quest’ultimi, a cui si sommano le diverse rappresentazioni sulle pareti, sembrano rendere l’orso un animale degno di venerazione o, quanto meno, un animale con il quale l’uomo viveva, in un dato momento, un rapporto simbolico esclusivo.

Il problema maggiore, per questo come per altri siti preistorici, è però quando collocare le incisioni e i dipinti parietali che vi si trovano all’interno così come i depositi di ossa che testimoniano quasi certamente l’intervento dell’uomo ma che non spiegano la ragione e la funzione.

Culto dell'orso: orso dipinto nella grotta di Chauvet
Orso dipinto nella grotta di Chauvet

Nel caso di Chauvet, ad esempio, si può parlare di un santuario? Chi sono gli uomini che hanno decorato la grotta? Si tratta degli uomini di Cro-Magnon o di popolazioni più recenti?

E, a monte, è possibile credere ad un culto dell’orso da parte degli uomini preistorici? A queste domande non si può rispondere con certezza perché non ci sono abbastanza dati; di certo, sin da epoche molto lontane, l’uomo ha vissuto un rapporto esclusivo con l’orso: condividevano gli stessi spazi, temevano gli stessi animali e, probabilmente, si rifugiavano entrambi nelle caverne. Ammirato per la sua forza, l’orso affascinava l’uomo preistorico e tale fascino sembra riconoscersi in culti e tradizioni molto più recenti, risalenti sia all’epoca antica che ai secoli medievali.

Oggi, invece, l’orso è destinato ad essere solo il re dei giocattoli dal momento che i pochi esemplari rimasti in natura stanno morendo tutti. Ormai da secoli, inoltre, non è più sul trono degli animali e i culti e i miti a lui dedicati sono a stento ricordati da un gruppo sempre più ristretto di persone.

Io e Luigi siamo a casa. Abbiamo parlato per diverse ore dei culti ursini e adesso, di fronte ad una calda tazza di the fumante, stiamo organizzando il prossimo viaggio in Francia nella speranza di poter far conoscere a quanta più gente possibile la storia di un animale che è stato sempre molto importante per l’uomo, sin dalla preistoria. Un animale che noi, adesso, come gran parte delle specie animali, stiamo facendo scomparire per sempre.

Redazione: Salvatore Ciaccio
Salvatore Ciaccio

Nato a Sciacca in provincia di Agrigento nel 1993, ho frequentato il Liceo Classico nella mia città natale per poi proseguire gli studi a Pavia, dove mi sono laureato in Lettere Moderne con una tesi dedicata all'architettura normanna in Sicilia.