Cosa c’è sotto la Pelle?

Pelle di sergio dal molino

Tra tutti i racconti affascinanti della mitologia greca, uno che spicca particolarmente è quello del satiro Marsia. La storia ha inizio con Atena raggiante per la sua ultima creazione: un flauto magnifico, finemente scolpito. Tuttavia, non tutti condividono il suo entusiasmo. Era e Afrodite, forse mosse dall’invidia, cominciano a deridere Atena per l’aspetto distorto del suo viso mentre suona il flauto. Ferita e amareggiata, con il cuore gonfio di tristezza, Atena decide di gettare via lo strumento musicale.

Ed è qui che Marsia entra in scena, scortato dal suo destino: raccoglie il flauto e inizia a suonare. In breve tempo diventa un musicista incredibile, famoso tra tutti i contadini, così straordinario che si diffonde la voce che nemmeno Apollo saprebbe fare della musica altrettanto portentosa.

Ecco, questo è qualcosa che è meglio non dire ad alta voce. Sì, perché gli dei sono famosi soprattutto per essere dei gran permalosi. La voce, infatti, non tarda ad arrivare alle orecchie di Apollo, che si infuria come mai prima, incapace di accettare che la sua supremazia come dio della musica fosse in dubbio e, quindi, decide di sfidare Marsia a un confronto: Marsia suonerà il flauto, Apollo la lira, mentre le Muse sceglieranno il vincitore.

Le Muse, al termine della sfida, decretano un pareggio totale. Apollo, non soddisfatto, esige che il duello si ripeta: ora i rivali dovranno cantare e suonare contemporaneamente. Non ci vuole molto per capire che è qualcosa di impossibile da realizzare con un flauto, ma nessuno ha il coraggio di contraddire il Dio. Apollo vince così la sfida e, non contento, decide di punire Marsia per la sua superbia facendolo scuoiare vivo da uno schiavo. La sua pelle vuota viene così sospesa e inchiodata a un pino.

Egon Schiele, Autoritratto, olio su tela, 1917, Museo Albertina, Vienna, Austria.
Egon Schiele, Autoritratto, olio su tela, 1917, Museo Albertina, Vienna, Austria.

Nell’economia del mito, la pelle intatta di Marsia rappresenta l’involucro protettivo e corporeo che garantisce l’individualità della persona. Questa parte del mito esprime l’intuizione che un’anima personale, un Io psichico, esiste finché un involucro corporeo ne garantisce l’individualità. La punizione di Apollo, in questo senso, contiene una sfumatura ancora più sinistra e perversa: la punizione della pelle è intima ed eterna.

Ho riflettuto intensamente sul significato di questa storia leggendo Pelle di Sergio del Molino (Sellerio, 2022).

Lo dico ora e mi dispiace essere brusco, ma è necessario: Pelle è un libro maestoso. Era da molto tempo che non mi divertivo tanto leggendo. Sergio del Molino scrive in modo straordinario e mi ha impressionato così favorevolmente che non mi preoccupo nemmeno di dirlo tra le righe o con un paragrafo costruito poeticamente: bisogna leggere Pelle. Assolutamente. Metto la mano sul fuoco e do la mia parola.

Dopo tre pagine, hai già dimenticato la struttura del libro e la sovrastruttura della lettura e ti immergi in un viaggio culturale ed emotivo di un paziente con psoriasi. Attraverso varie persone famose, conosciamo i vari aspetti di questa malattia che colpisce l’epidermide. Ed è soprattutto interessante approfondire l’idea più penetrante che emerge, riguardo alla nozione di pelle «benigna» e allo stesso tempo fallace e sconcertante, come indica la stessa filologia con termini inequivocabili: pellicio e pelliculatio (derivati latini della radice pellis), che significano precisamente «ingannare con adulazione».

Egon Schiele, Schiena nuda di uomo, acquerello e carboncino su carta, 1910, collezione privata.
Egon Schiele, Schiena nuda di uomo, acquerello e carboncino su carta, 1910, collezione privata.

Lo stesso Sergio del Molino mostra questa dicotomia nel suo libro, che è al contempo un elogio senza scampo e una maledizione. Dallo stato della pelle misuriamo la nostra forma fisica ed estetica: è il termometro delle nostre trasformazioni e lo specchio dei nostri cambiamenti. La contessa Castiglione abolì gli specchi per eliminare il riconoscimento di quell’inevitabile metamorfosi che anche Dorian Gray tentò invano di trasferire a un ritratto. Pelle come maschera, superficie che nasconde le verità più profonde e oscure dell’anima. Wilde utilizzò poi proprio la pelle come metafora dell’ipocrisia sociale, della vanità e della paura della decadenza, temi che risuonano ancora oggi.

La pelle è anche la metafora della lotta eterna tra la vita e la morte: pelle come nascita e rinascita; la pelle come identità. Il pirandelliano Mattia Pascal tenta disperatamente di abbandonare la propria, ma poi deve arrendersi all’impossibilità dell’operazione. Ma il «cambiare pelle», il «squamarsi» per rigenerarsi è fondamentalmente una delle emozioni esistenziali più forti.

Ovviamente, a livell superficiale, la pelle è molte altre cose. In effetti, è «la cosa», l’elemento vitale: si pensi a come spesso si associa al concetto stesso di vita: «salvare la pelle». Nel romanzo di Balzac, La pelle di zigrino (1831), l’oggetto del titolo è un talismano che esaudisce tutti i desideri ma che si accorcia ogni volta: insomma, un’immagine simbolica della vita e della sua inevitabilità.

Egon Schiele, Nudo femminile inginocchiato con le braccia protese in avanti, 1914.
Egon Schiele, Nudo femminile inginocchiato con le braccia protese in avanti, 1914.

Piuttosto, invece, cosa c’è sotto la pelle? Qui forse è più difficile indagare e trovare una risposta. Per Sergio del Molino, a volte ci sono mostri o streghe senza possibilità di redenzione:

(…) Landis, come me, ha un’anima antica e crede che i mostri debbano morire per il fatto di essere mostri, non come l’ultima tappa del cammino dell’eroe in cui il cielo si illumina e i peccati dell’umanità vengono assolti.

(p.46).

Ed è facile pensare che i mostri siano solo i malati, a volte deformati e doloranti; in realtà i mostri siamo anche noi, affetti da

(…) uno dei misteri più dolorosi della pelle: la sua capacità di dividere le persone.

(p.78)

Ecco una società malata, razzista e classista. Anche per queste ragioni, Pelle è un libro importante e dolorosamente attuale; un libro che parla di violenza, pregiudizi, amore e sofferenza. Un libro che parla di noi.

 


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In copertina Egon Schiele, Nudo maschile, acquerello e carboncino su carta, 1910.

Mattia Lo Presti
Mattia Lo Presti

Cercatore d’Essere; Ignobile scrittore di poesie; Fanatico lettore onnivoro. Sono nato a Como nel 1993. Mi sono diplomato al Liceo Classico A. Volta lottando principalmente contro la pigrizia e la matematica. Dimenticavo: sono recidivo. Per questo, forse, mi sono laureato in Lettere Moderne (indirizzo filologico-letterario) presso l’università degli studi di Pavia. Ora vivo a Barcellona.