Musica di stagione: tre consigli per l’estate

Musica in estate

Non so quanti lettori si riconosceranno in questa descrizione, ma i miei ascolti musicali – esattamente come il mio abbigliamento – sono fortemente influenzati dalla stagione corrente.

È altamente improbabile, ad esempio, che io ascolti Jack Johnson in pieno inverno, così come Sufjan Stevens sotto il sole di agosto; solo alcuni artisti sembrano funzionare durante tutto il corso dell’anno, proprio come le Birkenstock color loden ai piedi calzati di un bavarese.

Ma sto divagando.

L’obiettivo di questo articolo è di fornirvi tre spunti per questa stagione estiva: tre album che a loro modo risuonano con i colori e i profumi dell’estate, in modo da viverla con tutti i sensi. Ho selezionato un’uscita recentissima, un classico e qualcosa di meno noto, in modo da accontentare tutti o poter essere tacciato di cerchiobottismo come un qualsiasi dirigente del PD. Al contrario del principale partito di opposizione però, vi posso assicurare che credo molto nelle mie proposte e che sono il primo a metterle in pratica.

Cominciamo.

1. Janelle Monáe: The Age of Pleasure, 2023

Janelle Monáe è uno spirito creativo, cresciuto a classici Motown e musical di Broadway: nella prima parte della sua carriera ci ha regalato una serie di album concettuali e futuristici, capaci di rielaborare e attualizzare le atmosfere distopiche della Metropolis di Fritz Lang. Se non conoscete i suoi lavori vi consiglio di cominciare da The ArchAndroid, la sua opera più completa e ambiziosa, datata 2010. Negli ultimi anni però, Janelle ha messo in discussione la sua figura algida e definita, abbracciando un’identità queer più sfumata e sfaccettata: The Age of Pleasure è la traduzione musicale di questo cambio di prospettiva. La prima cosa che salta all’occhio è che per la prima volta non si tratta di un concept-album, ma di una più tradizionale raccolta tematica e coesa di brani.

Il tema è evidente e pervasivo: il piacere, il sesso, l’erotismo ad ampio spettro. Janelle rivendica con fierezza il diritto a godere a partire dalla sua immagine: il corpo, una volta statuario, è esibito senza nascondere i segni del tempo, in una danza lenta e sensuale, esaltata dalla sezione di fiati di Seun Kuti. Ritmi caraibici e influenze afrobeat si sommano alle sonorità elettroniche contemporanee, in un’atmosfera liquida che riflette il desiderio caleidoscopico dell’artista.

Consigliato a chi cerca un’estate torrida all’insegna dei preservativi scartati e del topless selvaggio.

2. Ballaké Sissoko e Vincent Ségal: Musique de nuit, 2015

L’Istituto della Francofonia ha la tendenza a perpetrare stereotipi di tipo coloniale, mantenendo saldo il centro culturale in zona Parigi ma, quando viene affrontato con spirito critico, questo dialogo tra ex-colonie e Francia si rivela terreno fertile per il processo creativo. Ballaké Sissoko, maestro di kora maliano, e Vincent Ségal, violoncellista francese, danno vita a uno di questi incontri fortunati.

Quello che vi propongo però, non è il loro primo lavoro: Chamber Music era un interessante progetto programmato e pensato per fare da ponte tra i suoni caldi del violoncello e il timbro limpido della kora – l’arpa tradizionale dei griot, suonata in tutta l’Africa Occidentale. Musique de nuit invece, nasce da un’amicizia, dal desiderio di suonare ancora insieme al riparo dalla furia del mondo. I due musicisti registrano l’album in due sessioni, una notturna e una diurna, direttamente dalla terrazza della casa di Sissoko, nel quartiere Ntomikorobougou di Bamako. Se ascoltate con attenzione, potrete sentire una moltitudine di suoni accompagnare la musica: il rumore lontano di un motore, il grido di un uccello, il fruscio di un tappeto da preghiera ripiegato, il belato delle pecore del musicista maliano. Chiudendo gli occhi pare di essere lì, pubblico invisibile e beato, in una calda notte di pace.

Consigliato a chi cerca la colonna sonora perfetta per una notte d’estate da passare in solitudine, possibilmente su una veranda con un bicchiere in mano, ma va bene anche il divano.

3. Stevie Wonder: Hotter than July, 1980

Qualche anno fa – più di quanti mi piaccia ammettere, ad essere onesti – il capo dell’agenzia pubblicitaria dove lavoravo ha portato al lavoro alcuni suoi vecchi dischi, chiedendo se a qualcuno potessero interessare: io ho selezionato Highway 61 Revisited di Bob Dylan, una registrazione di Abbado e dei Berliner di Das Lied von der Erde di Mahler, e Hotter than July di Stevie Wonder. Li ho piazzati nello stereo e ben presto ho finito per ascoltare solo Stevie: non è colpa di Dylan, né di Abbado (forse un po’ di Mahler sì), è che era luglio e le canzoni del disco erano scritte per essere ascoltate in quel momento. Hotter than July è un album torrido e colorato, a partire dalla copertina arancione e oro con il faccione di Stevie Wonder in primo piano, a ricordare quasi una divinità egizia, ma è anche intriso di una sottile e persistente malinconia.

Un ottimo esempio ne è l’apparente festosa Happy Birthday: colonna sonora di metà delle storie di Instagram a tema compleanno, è in realtà una canzone simbolo della lotta che il cantante stava portando avanti per far riconoscere il compleanno di Martin Luther King Jr. come festa nazionale statunitense. Ma forse questa malinconia di fondo è una sensazione retroattiva, dovuta alla consapevolezza che è con quest’album che si chiude ufficialmente il periodo d’oro di uno dei più grandi innovatori musicali del XX secolo. In soli dieci anni Stevie ha cambiato le regole della musica afroamericana e della musica pop, in un trionfo di creatività dirompente, che poi è andata a spegnersi.

La musica però rimane, quindi se state per salire in auto e sentite che il sole oggi splende un po’ anche per voi, fate partire Master Blaster (Jammin’) a un volume oltraggioso e preparatevi all’ascolto di un album più bollente del mese di luglio. 

Consigliato a chi preferisce i finestrini abbassati all’aria condizionata.

Bonus – Paul Simon: Graceland, 1986

Questo per me è l’album estivo per eccellenza, immortale nell’olimpo della musica occidentale, ma siccome ne ho già parlato a sufficienza qui, vi rimando alla lettura dell’articolo e lo consiglio solo in coda.

Buona estate. Divertitevi e suonate sui tetti di notte.

Andrea Poletto
Andrea Poletto

Sono nato una mattina del 1992: qualche ora dopo è morta Marlene Dietrich. Sono sicuro che il destino voglia dirmi qualcosa con questo, ma cosa di preciso non l’ho ancora capito. Ho cambiato più lavori che paia di scarpe prima di arrivare a insegnare lingue, ma ora intendo continuare a camminare su questa strada. Scrivo storie, articoli e canzoni, ma niente di serio.