La paurosa proposta dei Simpson: Il corvo di Edgar Allan Poe

Il corvo di Allan Poe

Chiunque si aspetta qualcosa da una festa, soprattutto se la sua fama è stata costruita su leggende raccapriccianti… come nel caso di Halloween.

Tuttavia, molti di noi ad Halloween si ritrovano ad attendere una sola puntata di neanche 30 minuti che va ad incastrarsi nella lunga catena de La paura fa Novanta, lo speciale annuale dei Simpson circa l’inquietante festività. E a favore di questa iniziativa vorrei trasformare una vecchia citazione di Vanity Fair, «Tutto quello che sappiamo su Halloween, o quasi, lo abbiamo imparato a Hollywood» in «Tutto quello che sappiamo su Halloween, o quasi, lo abbiamo imparato dai Simpson».

Un’affermazione che trova la propria dimostrazione, per quanto riguarda l’ambito letterario, nella prima edizione de La paura fa Novanta, terzo episodio contenuto nella seconda stagione dei Simpsons, attraverso la poesia Il corvo (The Raven) di Edgar Allan Poe. Viene considerato il testo originale, seppur non integrale[1] e con l’aggiunta di due frasi tipicamente simpsoniane: “Ciucciati il calzino” e “Tu, piccolo…”; per quanto riguarda il narratore, esso trova voce in James Earl Jones (ovviamente in lingua originale) e per quanto riguarda il cast, ad interpretare il personaggio protagonista è Homer, a cimentarsi nel ruolo del corvo è Bart, dell’amata Leonore è Marge e nella parte dei serafini sono Lisa e Maggie.

Il corvo è una poesia scritta da Edgar Allan Poe nel 1845, utilizzando l’ottametro trocaico[2]. Tuttavia la stabilità del metro si contrappone ad un climax di tensione ed ansia, all’atmosfera gotica e sovrannaturale dovuta al linguaggio, alle allitterazioni, alle rime e dunque alla forte musicalità e inoltre si contrappone alla stessa cupa vicenda, con le tematiche e con la ripetizione del verso chiave “Nevermore”, tradotto in “Mai più” e fonicamente molto simile al verso del corvo.

Tutte queste caratteristiche rendono la poesia affine all’animo hallowiniano, ma a rendere terrificante la storia è l’interpretazione di essa e l’assenza di una morale o di qualsiasi scopo didattico (infatti Poe definisce la didattica come la peggiore delle eresie nel suo saggio Il principio poetico) .

Il narratore ha perso la propria amata Leonore, una morte senza una spiegazione, che si colora di misticismo, in quanto il protagonista è terrorizzato dall’attesa di una visita, già prima che il corvo si palesi. In un primo momento, antecedente all’arrivo del corvo, la disperazione viene concretizzata dal terrore fisico del narratore e dalle sequenze disturbanti a livello psicologico; situazione che verrà amplificata nel momento in cui il corvo entra nella stanza ed incomincia a ripetere “Mai più”, anche quando gli vengono poste domande alle quali si potrebbe rispondere in maniera positiva (“C’è del balsamo in Galaad?” “Incontrerò Lenore nell’Ade?”).

Gustave Doré, illustrazione per Il corvo di Edgar Allan Poe
Gustave Doré, illustrazione per Il corvo di Edgar Allan Poe

Il corvo, dunque, strappa il protagonista dalla solitudine e lo tortura estraendo dal proprio animo qualcosa di già esistente, in sintesi avvia un processo di masochismo che lo logora. Infatti il narratore, in un primo momento diviso tra il desiderio di dimenticare e il desiderio di ricordare, decide di unirsi al ricordo dell’amata sino ad annientarsi (“la mia anima fuori di quell’ombra che giace ondeggiando sul pavimento non si solleverà – mai più!”).

Proprio il processo di masochismo esplica la sostanza terrorizzante dell’accaduto, ma soprattutto del narratore, che è affascinato dalla risposta ripetitiva dell’animale tanto da far quasi percepire che lui speri in un altro “no” e non in un “sì”. Invero la perversione e l’auto-tortura alimentano l’intera poesia, animata dal desiderio di autodistruzione e dal senso di colpa, indifferente all’etica sociale che caratterizza il giusto separandolo dallo sbagliato.

I Simpson, pur tagliando diverse strofe, danno corpo alle atmosfere rendendole affini ad Halloween e colorandole di giallo, tanto da far risuonare ripetitivamente in me, sino alla tortura, “veramente solo certi poeti del male mi sanno cantare”[3]?


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Rebecca Restante
Rebecca Restante

Sono nata a Roma nel 1999. Diplomata al liceo linguistico e studentessa dell'università La Sapienza. Sono in cerca della mia manifestazione tramite la letteratura