5 promemoria per il prossimo decennio

5 promemoria per il prossimo decennio

Ebbene sì, gli Anni Venti sono tornati. Ruggenti o meno, i prossimi dieci anni saranno un periodo di grande cambiamento. Come viverli?  Secondo noi l’arte e la cultura sono una bussola indispensabile per orientarsi. Prima ancora di essere degli “oggetti”, delle “cose belle”, i libri sono un equipaggiamento per affrontare la vita e la realtà. È così che ci sono venute in mente le Lezioni Americane di Calvino, il cui titolo originale è Sei promemoria per il prossimo millennio. Poiché non siamo Calvino, il nostro progetto è molto più modesto: cinque promemoria contenenti alcuni consigli per affrontare il prossimo decennio pronti e ben equipaggiati. Buona lettura! 

1. La via danese verso la felicità

di Ilaria CalòHygge 1
Per il nuovo decennio mi sento di consigliarvi più di un libro, una bibliografia per conoscere a fondo ciò che leggerete nelle prossime righe.

Per chi di voi ha già legami con la cultura del nord Europa non sarà nulla di nuovo, gli altri potrebbero trovare la formula segreta per evadere dalla quotidianità stressante che oggi assilla un po’ tutti.

Sto parlando della Hygge (da pronunciare come hugga). Si tratta non solo di uno stile di vita ma di un sentimento profondo che soprattutto i danesi provano e applicano nei loro comportamenti, per sentirsi meglio. Il termine raccoglie tutte quelle abitudini che consentono alle persone di trascorrere momenti in compagnia di amici stretti e familiari, in ambienti illuminati da candele e costellati di divani, coperte, cuscini e bevande calde. Una cultura nata in un paese dove il senso di comunità e fratellanza è molto sentito e dove le ore di luce naturale sono poche e arricchite da ambienti interni luminosi e accoglienti. Il termine Hygge in lingua danese significa comodità, sicurezza, accoglienza, parola che in Occidente pochi possono permettersi di ricordare, molti la considerano nemica della produttività e dello sviluppo, mentre la regola less is more è sempre molto efficace.

Certo, di primo impatto uno stile di vita simile sembra impossibile da realizzare, ma credo che con determinazione potremmo far entrare l’Hygge nelle nostre case, nelle nostre vite, così da poter vivere giornate di qualità e convivendo positivamente con la frenesia del lavoro, della scuola e degli impegni, a cui nessuno è sottratto, danesi inclusi.

A voi alcuni titoli interessanti sul tema:

  • Meik Wiking è forse il più conosciuto autore su questo tema, ci sv-ela ogni segreto per raggiungere il benessere interiore tramite l’Hygge nel libro Hygge – La via danese per la felicità.
  • Louisa Thomsen Brits ci accompagna allo stesso modo alla scoperta di questo interessante mondo con il libro Hygge – Il metodo danese per il piaceri quotidiani.
  • Infine abbiamo Il metodo danese per vivere felici di Marie Tourell Soderberg e Il metodo danese per crescere bambini felici di Jessica Alexander e Iben Sandahl. Buona lettura!

2. Immaginare al tempo del collasso

di Salvatore CiaccioNeghentopia 1
Immaginate di stare partecipando ad un gioco, un gioco difficilissimo dove ogni partita influenza le altre, dove le regole si accumulano, si annullano tra di loro, dove l’esperienza acquisita può risultare del tutto inutile oppure può essere la premessa indispensabile per un salto di livello. Un gioco dove esistono tre fattori in stretta relazione tra loro: ecologia, cultura, tempo; dove lo scopo di ogni singola partita è duplice: scoprire da una parte quali fattori portano una civiltà al collasso e, dall’altra, scoprire quale modello eco-socio-economico può sembrare il più adatto per la sopravvivenza della stessa.

Per il momento questo gioco, un gioco a cui noi tutti come specie stiamo partecipando da 150.000 anni, si chiama La grande estinzione e il suo autore, Matteo Meschiari, insegnante di antropologia e geografia all’università di Palermo, ce ne parla in un libro esilissimo edito da Armillaria qualche mese fa.

Le parole di Meschiari sembrano quelle di un guru, di un profeta che, terribilmente consapevole della situazione drammatica in cui ci troviamo – cioè sull’orlo del baratro, prossimi alla Fine – cerca di proporre delle soluzioni che ci permettano di salvarci tutti e non, come capita sempre nelle numerosissime narrazioni distopiche che abbiamo letto/visto e continuiamo a vedere/leggere negli ultimi anni, di rassegnarci ad un cataclisma di varia natura che ridurrà l’umanità ad un fossile.

Tutte le soluzioni prospettate dall’autore pongono al centro l’immaginazione e il ruolo fondamentale che questa ha assunto nella storia dell’uomo attraverso la narrazione di storie nelle forme più varie: dai poemi epici alle ballate irlandesi medievali, dal Gilgamesh alla Storia dei Longobardi di Paolo Diacono. Un ruolo che l’immaginazione deve ritornare a ricoprire attraverso opere che non si riducano ad essere puro intrattenimento – come purtroppo molto spesso accade – ma che al contrario ci consentano di costruire un futuro alternativo partendo proprio da uno dei fattori del gioco di cui si parlava all’inizio: la cultura.

Al margine del primo consiglio di lettura per gli anni Venti, l’ultimo decennio secondo gli scienziati in cui potremmo evitare – forse – il collasso eco-socio-economico, vi propongo un esempio del gioco di cui vi ho parlato, ovvero Neghentopia, un romanzo scritto sempre da Matteo Meschiari e illustrato da Rocco Lombardi.

Questo volumetto è un esempio molto interessante di quanto sta succedendo negli ultimi anni in ambito narrativo/fictionale. Si tratta, infatti, di una distopia che richiama da una parte le atmosfere de La strada di McCarthy e dall’altra l’elemento fiabesco del Piccolo Principe di Saint-Exupéry, col suo protagonista bambino, con gli animali e gli oggetti parlanti, simboli bruciati dal passaggio dell’uomo sulla terra.

Una distopia fiabesca scritta come una sceneggiatura – con tanto di indicazioni sulla musica da ascoltare durante la lettura – le cui pagine sono intervallate da bellissime tavole dal tratto turbinoso e franto un po’ come lo stile dell’autore, spezzettato in tante frasi brevissime, concitate che, richiamandoci gli uomini delle caverne, ci illuminano su un nostro possibile, nefasto futuro.

3. Tutti pronti per una Nuova Era Oscura?

di Giovanni Luca Molinari

nuova era oscura 1
La conoscenza è luce. Siamo talmente abituati ad utilizzare questa metafora all’interno del nostro linguaggio quotidiano che spesso nemmeno ce ne accorgiamo. Leggiamo articoli “illuminanti”, cerchiamo di “fare luce” su questioni irrisolte, ci si “accende una lampadina” in testa ogni volta che abbiamo una buona idea. “Età dei lumi” è il nome del periodo storico legato all’Illuminismo, un’epoca in cui gli uomini cercarono diffondere scienza e cultura come mai prima di allora. Allo stesso modo si era soliti chiamare il Medioevo “Secoli bui”, anni associati ad un profondo regresso della società europea, a ignoranza e, per l’appunto, oscurantismo.

Secondo questa lettura, la nostra dovrebbe essere l’epoca più luminosa della storia dell’uomo. Scienza e tecnologia hanno raggiunto traguardi impensabili fino a pochi decenni fa e l’Internet ci permette di scambiarci grandi quantità di informazioni alla velocità della luce. E allora perché ci sentiamo così insicuri? Perché sembriamo avere abbandonato la fiducia in un futuro radioso e viviamo avvolti da ansie e paure a cui spesso nemmeno riusciamo a dare un nome?

L’artista e scrittore James Bridle cerca di dare una risposta a queste domande nel suo ultimo libro: Nuova era oscura (New Dark Age in originale).

Le moli gigantesche di dati processate dagli algoritmi alla base delle nuove tecnologie con cui interagiamo quotidianamente non generano certezze, ma possibilità. Questo si vede bene dall’evoluzione del modello atomico: l’atomo, un tempo rappresentato come un grappolo di particelle attorno al quale ruotano alcune sfere in numero variabile, gli elettroni, oggi ha cambiato forma. Per la fisica quantistica è impossibile identificare con certezza la posizione di un elettrone in un dato momento, e allora ciò che possiamo visualizzare non è una sfera perfetta, che ruota come un satellite attorno al nucleo, ma una nuvola di possibilità, gli infiniti punti nello spazio che un elettrone può occupare nello stesso momento.

Nell’era contemporanea la conoscenza non è luce, è una nuvola. È il Cloud, spazio astratto di proprietà di grandi compagnie americane in cui salviamo i nostri progetti e le nostre informazioni più intime, ma è anche la nebbia che sembra avvolgere ogni cosa, rendendo sfocati i contorni degli oggetti e nascondendo attori invisibili. Chi sposta milioni di dollari sui mercati internazionali alla velocità di migliaia di operazioni di trading al secondo? Chi crea su YouTube video terrificanti in cui personaggi dei cartoni animati subiscono torture di ogni tipo? Il futuro che ci attende è abitato da nuovi mostri acquattati nell’ombra, entità inumane che influenzano la nostra vita più di quanto possiamo immaginare. Ma anche da miti e leggende, che prendono il nome di “teorie del complotto”, attraverso cui persone comuni cercano di dare senso ad un mondo che il senso sembra averlo perso.

Una lettura spaventosa per prepararsi al prossimo futuro.

4. Un’epoca tremenda e meravigliosa

di Gabriele Stilli

Babele 56

Come riconciliarsi con il presente, con questa realtà che ci appare ostile? Intanto facendo un bel respiro, e prendendosi un po’ di tempo per una passeggiata. O, al massimo, prendere l’autobus e fare un po’ di conversazione con i passeggeri. È più o meno quello che aveva fatto lo scrittore Giorgio Fontana quando, nel 2007, prima di divenire famoso, scrisse Babele 56, un libro proprio su un autobus di Milano, la 56, appunto, che corre lungo via Padova, la “via del mondo”, come viene chiamata. Solo un libro come questo poteva raccontare questa via, questo intreccio di gente di paesi diversissimi, eppure un grande paese, in cui tutti si conoscono, tutti si intrecciano, tutti hanno la loro storia e le storie si aggiungono alle storie.

E, in mezzo a via Padova, sempre lei, la 56, avanti e indietro, portando sudamericani sempre indaffarati, indiani e cingalesi mentre vanno al lavoro, italiani, egiziani, vecchi milanesi che abitano lì da sempre, ragazze trans, di chi è sospeso fra due mondi. È su questo autobus che nel 2007 viaggiava Giorgio Fontana, intervistando, ad ogni fermata, un abitante di questo quartiere. Tredici anni dopo non ha perso niente di quella gioia di vivere che dà conoscere le vite degli altri e affezionarsi ad esse: quella ragazza che è proprio come la ragazza che hai appena salutato prima di tornare a casa, il barista che c’è ancora, e tutte le mattine ti fa il caffè, l’orchestra semisconosciuta che si ritrova quasi al capolinea, dove finiscono l’autobus, la via e il naviglio, che porta le sue foglie morte verso il centro città in autunno.

Le parole degli intervistati da Giorgio Fontana sono le parole dei milanesi di oggi, degli italiani di oggi; parole dure come lame di ghiaccio, parole confortanti, parole di speranza. C’è tutta la contraddizione di una città come Milano, ma forse di tutto il nostro paese, e la nostra epoca: una «nuova era oscura», ma anche un’epoca di metamorfosi, di cambiamento.  Impossibile da cogliere in un solo sguardo, è esaltante e annichilente insieme: le enormi possibilità della tecnologia  e del sapere ci schiudono davanti un mondo senza punti cardinali, e insieme una realtà microscopica, fatta di piccole cose, di frustrazioni e gioie, di piccole e grandi catene da spezzare giorno per giorno. Un’epoca deiné, meravigliosa e tremenda, folgorante, come direbbero gli antichi

E forse, per affrontare quest’epoca da equilibristi, sul filo di lama, è bello portarsi dietro qualcuna delle storie di questa grande babele chiamata via Padova, in quel cosmo che è Milano.

5. Liberare il presente dall’impossibile

di Rebecca Restante

Quel che resta del giorno 1

Dalla vostra lista del “non ho mai” per il nuovo decennio, bisogna presto depennare la voce “lettura di Quel che resta del giorno“.

Quest’ultimo è un romanzo scritto da Kazuo Ishiguro nel 1989. Tratta del primo viaggio di un maggiordomo, in seguito al cambio di gestione della sua country house: il passato riapparirà e si scontrerà con il presente, e cosa ne trarrà il futuro?

I capitoli del romanzo seguono il protagonista Stevens nei suoi spostamenti, descrivendo giorno (in toto sono sei, anche se il quinto verrà escluso dal racconto), luogo e periodo della giornata. Stevens, che aveva già notato il mutamento di Darlington Hall, dovrà fronteggiare un nuovo mondo, in cui l’aristocrazia non ha nessuna influenza sulla politica e in cui la dignità di un maggiordomo non ha più lo stesso valore. Il contesto storico è uno dei tratti più interessanti dell’opera: fa luce su un lato filonazista inglese durante il primo dopoguerra, sul peso politico dell’aristocrazia e infine presenta un’Inghilterra post-coloniale, la cui ricchezza è subordinata ad una borghesia americana.

Tuttavia il capolavoro di Ishiguro si illumina in Stevens, attraverso l’introspezione psicologica del protagonista: uno dei personaggi più belli e più complessi che io abbia mai letto. La sua morale, i suoi silenzi, i suoi valori, la sua dignità ed infine il suo amore impossibile vi terranno incollati ad ogni riga.

Dunque un libro che mette d’accordo gli amanti dei romanzi rosa, storici, psicologici e di narrativa, forse ancor di più… peró perché consigliarlo per il nuovo decennio? Solo per la sua bellezza? Solo per la grandezza della penna di Kazuo Ishiguro? Motivazioni che di per sé basterebbero, tuttavia ce ne è un’ultima da sottolineare:

Ma che senso vi è nel continuare all’infinito a far congetture su che cosa avrebbe potuto accadere se tale o tal altro momento si fosse risolto in maniera diversa? In questo modo, forse, si può condurre se stessi alla follia.

Non fatevi bloccare dal passato, liberate il presente dall’impossibile e dal malessere, fatevi guidare dal futuro: buon nuovo decennio!

Ps: non vale vedere il film di James Ivory (1993) per poi depennare… comunque ci trovereste un Anthony Hopkins magistrale, aggiungetelo alla lista, intanto avete un intero decennio per completarla!

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Redazione

Amiamo la letteratura, la poesia e l'arte. Ma da centocinquant'anni i poeti circolano senza aureola, e quanto alla letteratura, dicono che non si senta troppo bene. Sarà vero? Intanto, prepariamo ironicamente le nostre esequie per un'arte ancora lungi dall'essere morta...