Cabiria la donna pollo

Cabiria

Le notti di Cabiria è un film drammatico diretto da Federico Fellini che festeggerà, a maggio, 60 anni dall’uscita nelle sale. Il film è stato il frutto di un complesso lavoro del regista e dei suoi collaboratori ed è il risultato di un’accurata inchiesta che ha scavato minuziosamente nelle periferie romane e che ha visti coinvolti i veri protagonisti della vita notturna dei sobborghi romani.

Il personaggio di Cabiria, interpretato nel film dal Giulietta Masina, attrice e moglie del regista, potrebbe essere nato per la prima volta nel 1947, quando Fellini, Rossellini e Tullio Pinelli erano alla ricerca di un soggetto per una novella cinematografica da abbinare all’episodio de La voce umana.

Fu allora, infatti, che Fellini propose di narrare l’avventura grottesca e patetica di una prostituta.

I primi appunti non ebbero immediatamente seguito ma delineavano la figura di un’ingenua prostituta di periferia che «cammina sulla punta dei piedi per non sporcare il pavimento lustro e parla sottovoce per disturbare il meno possibile il suo divo…»; divo stesso già un abbozzo di quello che verrà raffigurato poi, anche se con diverse note caratteriali, ne Le notti di Cabiria, ovvero Alberto Lazzari.

Nel 1951, quattro anni dopo, nella sceneggiatura de Lo sceicco bianco comparve la figura di Cabiria, prostituta chiamata nella sceneggiatura “La piccola”, in contrasto con “La grassa” con cui la prima si accompagna, la quale, figura empatica e pietosa, tenta inutilmente di consolare il ragionier Cavalli, affranto per l’abbandono da parte della moglie.

A sinistra, il primo disegno di Cabiria eseguito da Fellini ai tempi del film Lo sceicco bianco. Nelle altre due immagini, Cabiria in tenuta invernale e da pioggia (disegni di Pietro Gherardi).
A sinistra, il primo disegno di Cabiria eseguito da Fellini ai tempi del film Lo sceicco bianco. Nelle altre due immagini, Cabiria in tenuta invernale e da pioggia (disegni di Pietro Gherardi).

In questa sequenza notturna, il personaggio di Cabiria dimostra delle caratteristiche più marcate rispetto al suo prototipo nascente del ’47, oltre effettivamente alla compassione avuta per il ragioniere, indice del suo animo buono, vi è un aspetto che la vede fantasticare e volare con l’immaginazione pensando a un possibile rapimento in in Cina della moglie di Cavalli, un altro aspetto ancora che la scorge ammirata a guardare con incanto i giochi di prestigio di un girovago passato di lì e un ultimo aspetto, non meno importante, che la vede vestita con cappello a bombetta e stivaloni di gomma, delineando, se non dipingendo, il carattere del personaggio sotto una luce quasi fumettistica.

Alla Cabiria de Lo sceicco bianco mancava però ancora una dimensione concreta, una prospettiva spirituale e di un aggancio umano, elementi indispensabili, secondo Fellini, al fine di una costruzione poetica.

“Cabiria, con questo costume, sembrava un baco di Disney”. Citazione e disegni di Pietro Gherardi.
“Cabiria, con questo costume, sembrava un baco di Disney”. Citazione e disegni di Pietro Gherardi.

Tempo dopo, Fellini, nel pieno dell’inchiesta sull’ambiente dei bidonisti, si trovò ad attraversare un lungo periodo di crisi, che, tuttavia, portò ad affacciarsi nella fantasia del regista due presenze candide: una suorina che vive a contatto con il soprannaturale, derisa dagli altri per la sua carica umana e una prostituta lercia e spettinata che vive in una botte.

Queste figure così in contrasto tra di loro erano però entrambe connotate da una “segreta forza vitale”.

Le figure riposarono nella mente del regista, impegnato nella realizzazione de Il bidone, fino a quando, proprio mentre girava alcune inquadrature di baracche all’acquedotto Felice, una prostituta gli gridò sul viso: «Aho!, che bella faccia da fro… che te ritrovi!…».  Fellini affermò in seguito che fu allora che riconobbe nella donna il personaggio, in carne e ossa, di Cabiria.

Dopo questo incontro la figura di Cabiria venne sempre più concretizzandosi mentre quella della suorina si affievolì fino a scomparire per poi essere sostituita, nella sua valenza sacrale, da altri personaggi e da altre situazioni nella sceneggiatura finale del film.

Al momento dell’inchiesta il personaggio di Cabiria era stato sempre più rimaneggiato dalle fantasticherie di Fellini, così come il personaggio di Wanda che andava affiancandosi alla protagonista. L’inchiesta vide il regista e i suoi collaboratori impegnati per molto tempo in passeggiate notturne alla ricerca di sempre nuovi dettagli, spunti di riflessioni e oggetti veri e propri, vestiti e altri articoli personali comprati al mercato di Porta Portese o dalle stesse donne, pagandoli talvolta a prezzi anche proibitivi.

Fellini e il suo scenografo e architetto Gherardi, dopo le loro incursioni tra i robivecchi e tra le donne disposte a vendere le loro cose, facevano degli schizzi approssimativi dei personaggi per poi vestire le attrici, le quali furono sottoposte a diversi provini fotografici per stabilire nei dettagli l’abbigliamento più fotogenico e più adatto.

Fellini si dimostrava particolarmente esigente nella scelta del vestiario e, anche in questo processo, nulla venne lasciato al caso: basti pensare anche solo che il giubbetto indossato da Cabiria, acquistato al mercato di Porta Portese, è fatto di penne di pollo, allusione allegorica al carattere del personaggio. Era nata Cabiria.

Alessandra Ravelli
Alessandra Ravelli

Mi chiamo Alessandra Ravelli, ho 23 anni, sono nata a Pavia e attualmente vivo a Torino per frequentare l'università. In me convivono due anime; una più tradizionalista e concreta che mi porta ad avere i piedi per terra e un'altra ribelle e contestatrice che mi stimola a innovarmi continuamente e a uscire dagli schemi precostituiti inseguendo nuovi traguardi. In questo equilibrio un po' instabile, di una cosa sono certa: nelle mie scelte ho sempre seguito il cuore e le mie passioni come quella della buona scrittura, della lettura dei classici, del teatro, della sceneggiatura. Per questo ho intrapreso studi classici, mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi sperimentale su “I Tableaux Vivants tra cinema, teatro e arti visive”. Ricavo ispirazione dal flusso di immagini, fisse e in movimento, dall’arte, espressa in qualsiasi forma e dalla musica, musa della mia creatività che costituisce l'essenza principale del mio essere.