Cabeza, rodilla, muslos y cadera: Residente in 10 canzoni

Residente

Ascolta la nostra playlist con le canzoni di Residente

 

È un giorno afoso nel quartiere di Trujillo Alto, dalla radio arrivano gli ottoni squillanti di una salsa di Rubén Blades: una donna cerca di recuperare l’attenzione del figlio, perso dietro a una nuvola o Dio sa cosa fuori dalla finestra.

Forza René, torniamo a studiare: ti faccio una domanda e tu mi rispondi, ok?

Con che parte del corpo giocavano a palla gli indios taìno?

René rispondi, dai che è facile… aspetta, aspetta, guardami: con che parte del corpo pensa!  giocavano a palla gli indios taìno?

Ho capito: adesso te la canto, così la impari poco per volta.

Testa, ginocchio, cosce e bacino… testa, ginocchio, cosce e bacino… cabeza, rodilla, muslos y cadera… cabeza, rodilla, muslos y cadera…

1. Se vale to-to

La música urbana se trata de respeto, se trata de quien escribiendo es el que domina mejor el alfabeto.

René Perez Joglar nasce il 23 febbraio del 1978 in un ospedale di San Juan, la capitale di Porto Rico – l’ultima colonia degli Stati Uniti d’America. Suo padre è un avvocato dal passato da brigatista in Nicaragua e a Cuba, sua madre invece è un’attrice, nipote di Gilberto Concepción de Gracia, il fondatore del Partito Indipendentista di Porto Rico.
Poco dopo la sua nascita i genitori divorziano e la madre trova un nuovo compagno con un figlio della stessa età di René, Eduardo Cabra Martinez: è con lui che qualche anno dopo scalerà le classifiche. Con la nascita della terza figlia, Ileana Cabra Joglar, la famiglia si trasferisce a Trujillo Alto, appena fuori San Juan e i tre fratelli crescono insieme sul campo da baseball, alternando la passione per la musica e le arti alla vita di strada; finita la scuola le loro strade sembrano dividersi: René va a studiare arti visive all’estero, prima a Savannah, in Georgia, poi a Barcellona dove segue un corso di cinema.

Nei suoi mesi all’estero però ha cominciato a scrivere riflessioni, poesie e canzoni, quindi quando torna a Porto Rico comincia ad alternare il lavoro di grafico con la stesura di canzoni in forma di rap: si trasferisce nel quartiere storico della Perla, dove sono nate madre e nonna, e avvia una collaborazione stretta con il fratello Eduardo, che nel frattempo è diventato un musicista polistrumentista.

Grazie a un’imbeccata del quarto fratello, Gabriel, i due mandano un demo alla White Lion, la stessa casa discografica di Tego Calderón, un rapper a cui René si era ispirato molto: il presidente della White Lion vede subito il potenziale in questi due ragazzi bizzarri e investe in un primo singolo corredato di video, che viene lanciato a inizio 2005.

Se vale-to-to è una canzone leggera e ballabile, scritta su una base di reggaeton orecchiabile che la fa subito atterrare in tutte radio dell’isola; il video è popolato da freak e personaggi bizzarri e René è lontano anni luce dai rapper latini dell’epoca, seriosi e machisti: autoironico e sferzante, dinisibito e a tratti provocatoriamente grottesco, si pone fin da subito in contrasto con il solco in cui ha scelto di inserirsi.

E la scelta pagherà.

2. Atrevete-te-te

Mi música no es para las discotecas, mi musica es pa´sembrar una semilla en un par de cabezas huecas.

Il primo singolo ha cominciato a rendere noto il duo di Trujillo, ma sarà una coincidenza politica a lanciare il loro nome in cima alle testate dell’isola caraibica: il 23 settembre 2005 viene ucciso in un raid dell’FBI Filiberto Ojeda Ríos, leader del gruppo indipendentista dei Macheteros. La sua morte scatena una rivolta popolare, perché le circostanze appaiono da subito sospette: Calle 13 ci mette giusto un paio di giorni a lanciare in radio Querido FBI, una traccia militante e schietta, in cui René incita alla rivolta contro gli oppressori statunitensi e rivolge parole di fuoco contro l’FBI e il governo della Casa Bianca.

Il direttore della White Lion approfitta subito del polverone e nell’arco di un mese fa uscire Calle 13, il loro primo album, che sarà un successo commerciale notevole grazie ad un’altra mossa estremamente astuta, perché il lavoro schizza subito alla sesta posizione della Billboard Top Latin, ma rimane celebre nella sola Porto Rico. Nell’estate del 2006 allora sfoderano l’asso nella manica: prendono la canzone più orecchiabile dell’album, girano un video in piena estetica anni ‘00 e lo promuovono in tutte le radio latinoamericane in contemporanea con l’uscita della loro collaborazione con Nelly Furtado.

Atrevete-te-te è un successo commerciale e di immagine, tanto che è facilissimo sentirla anche oggi nelle radio latine e contribuisce a rendere il duo il gruppo di punta della musica latina: vincono tre Latin Grammy, vanno in tour con Nelly Furtado, il loro nome è sulla bocca di tutti. Meglio battere il ferro finché è caldo.

3. Un beso de desayuno

Caminando en una tómbola de estrellas, un trayecto con clima perfecto: regalame una sonrisita con sabor a viento.

I due infatti non perdono tempo e nel 2007 lanciano l’album Residente o Visitante, sotto l’etichetta della Sony stavolta, che vanta la collaborazione di artisti rinomati nel panorama urbano latino e riesce addirittura a scalzare Jennifer Lopez dalla posizione numero uno: all’album partecipa per la prima volta anche la sorellina Ileana, che diventerà membro stabile dei Calle 13 con il nome di PG-13[2] perché all’epoca era ancora minorenne.

Ma perché Residente o Visitante?

Fin da subito i due fratelli si sono scelti un nome d’arte, ma è solo con il secondo album che diventa chiaro il perché; dopo la separazione dei loro genitori, Eduardo aveva continuato a frequentare attivamente casa Joglar nella Calle 13, casa che aveva una buffa peculiarità: il portiere all’ingresso sottoponeva tutti quelli che cercavano di entrare ad un controllo sicurezza: «Residente o visitante?» chiedeva e solo dopo essersi dichiarati si poteva entrare tranquillamente.

Con quest’album i Calle 13 consolidano il loro status di rapper alternativi, un fenomeno nuovo in America Latina e che riscuote un inaspettato successo. Come mai?
Innanzitutto perché non hanno un vero e proprio genere: è vero, i primi singoli sono stati scritti su una ritmica dem bow, tipica del reggaeton più sfrontato, ma quale altro reguetonero poteva vantare ritornelli al clarinetto come Atrevete-te-te o campionamenti di classe come Les jours tristes di Yann Tiersen stesa su un tappeto di percussioni afro-latine ne La jirafa?

Le influenze musicali nel secondo album si fanno ancora più ampie, ma quello che colpisce di più sono le tematiche: Residente parla moltissimo di sesso e in modo spinto ma non è mai misogino, né omofobo; Residente parla di politica e di religione e, se spesso lo fa con toni populisti, non ha però paura di dire quello che pensa, andando in contro anche alla censura; Residente se la tira pochissimo, è auto-ironico, istrionico, adora mescolare stile ricercato e grottesco, riferimenti letterari e pop, senza risultare né raffinato né banale.

Un Beso de desayuno ne è un buon esempio: è una canzone d’amore dai connotati quasi onirici, che si sviluppa teneramente su una base dagli echi di bossa nova, ma che assume risvolti quasi inquietanti con la presenza degli insetti che brulicano sui corpi delle ragazze nel video. Residente stesso ha detto che ha tratto ispirazione da Lucía y el sexo, un film indipendente spagnolo, per la canzone e per il video: «ho cominciato con un’idea che poi si è trasformata in qualcosa di più schizofrenico, perché è come se vedessi una ragazza come un insieme di tante ragazze, il che potrebbe voler dire che quella di cui parlo è così completa che è tutte quelle ragazze in una».    

Insomma, non c’è da stupirsi se Residente risponde malissimo quando lo paragonano a Pitbull.

4. La Perla

No vale el tiempo pero valen las memorias, no se cuentan los segundos, se cuentan historias.

Sono anni in cui il gruppo è vorace, non ha intenzione di fermarsi un momento: nel 2008 esce il loro terzo lavoro, Los de atrás vienen conmigo, un album che vanta collaborazioni illustri e che si caratterizza per una marcata svolta folk: se i dissing agli artisti del reggaeton di bassa lega e gli attacchi alla cultura filostatunitense si moltiplicano, emerge anche una vena di ricerca strumentale e tematica della realtà latina, che troverà il suo compimento nell’album successivo.

La canzone che più colpisce dell’intero album è La Perla, un omaggio alla cultura caraibica e al suo barrio d’origine e d’elezione a San Juan: per la prima volta Residente ci porta con sé nella sua città e ci racconta della sua infanzia, della storia dell’isola e dei Caraibi. Non risparmia le frecciatine ai gringos ma il clima è festoso e gioioso, la musica è un trionfo di suoni e ritmi caraibici; la vera ciliegina sulla torta però è l’idolo della sua infanzia, il re della salsa Rubén Blades, che non solo presta la sua voce calda al ritornello, ma contribuisce con due lunghe strofe in cui si diverte anche a buttare giù rime sulla base.

È questa forse la prima canzone del gruppo in cui si respira un sentimento latino comune, un senso di unità e di complicità che sarà un punto chiave della loro carriera futura.

5. Latinoamérica

Soy, las ganas de vivir, las ganas de cruzar, las ganas de conocer lo que hay después del mar.

 

Questa canzone è molto importante per me, perché quando l’ho scritta, stavo cercando di connettere Porto Rico con l’America Latina, perché non appena ho cominciato a viaggiare per il continente mi sono reso conto che non sapevo nulla: la storia che mi hanno insegnato a scuola era quella degli Stati Uniti e un pochino quella di Porto Rico. […] Questa canzone l’ho iniziata a scrivere in Nicaragua su un aereo: all’inizio non sapevo come metterla giù senza cadere nei cliché o suonare come una guida turistica, perché non volevo fare niente di molto drammatico o di romantico, niente che scadesse nell’autocommiserazione… volevo raggiungere un equilibrio tra passato, presente e futuro. Alla fine è uscita Latinoamérica, quella che considero la canzone più importante che ho scritto.

Ho voluto lasciar parlare Residente per introdurre questa canzone: vi sfido ad ascoltarla guardando il video e restare indifferenti. È così che ho scoperto questo gruppo e ho passato un’estate ad andare a correre con Entren los que quieran l’album da cui è tratta nelle orecchie, perché al netto dell’invettiva politica facile e dei dissing, è un album con una carica emotiva molto potente, con canzoni di una delicatezza nuova che presentano un Residente maturato e riflessivo ma non per questo meno capace di ironia caustica o leggerezza.

Prima di lanciare quest’album a fine 2010, il gruppo si è preso il tempo per compiere un lungo viaggio alla ricerca delle radici sudamericane, passando dal Nicaragua al Perù, dal Venezuela alla Colombia: un viaggio tutto fuor che turistico, riportato passo a passo nel documentario Sin mapa, ripreso con una semplice camera a mano. Questa ricerca personale dal sapore universale si riflette nella musica, che spazia dalla cumbia, al merengue ai ritmi andini, e si riflette nelle parole di canzoni come La vuelta al mundo e soprattutto Latinoamérica, un vero e proprio inno panamericano, impreziosito dalle voci storiche di Susana Baca e Totó La Momposina e annunciato da un presentatore in quechua, la lingua degli Inca ancora largamente parlata sulle Ande del nord.

Date un’occhiata alla storica performance ai Latin Grammys del 2011 per darvi un’idea della portata di un brano del genere per l’America Latina: i tre sono addirittura riusciti a scomodare l’Orquesta Sinfónica Simón Bolivar de Venezuela e il maestro Gustavo Dudámel, due tra i soggetti più richiesti al mondo nell’ambito della musica classica.

6. Multi_Viral

Mis respuestas pueden ser tan agresivas que hasta las letras me huyen porque tienen miedo que las escriba.

Il successo di un album come Entres lo que quieran è prevedibilmente eccezionale, tanto che riescono a ricavarne ben nove singoli e sette video: forti del loro status decidono di non rinnovare il contratto con Sony e fondare un’etichetta indipendente, El Abismo.

L’album che ne esce è più cupo e personale del precedente: il primo singolo che viene lanciato nel 2013 è quello che dà il nome all’album, Multi_Viral, un attacco diretto alla disinformazione, che vanta la collaborazione di Tom Morello, il chitarrista dei Rage Against The Machine, della cantante palestinese Kamilya Jubran e di Julian Assange. Il video lancia un potente messaggio pacifista, tanto da venire ripreso da Amnesty International, ma le parole sono crude, come sono crudi e ancora più diretti di prima gli spunti personali: Adentro è una confessione in bianco e nero, in cui Residente sembra mettersi a nudo di fronte alla telecamera, arrivando a criticare il suo passato e a rinnegare alcune posizioni estreme prese anni prima, senza però tirarsi indietro nel prenderne di nuove. Il lavoro che ne esce, corredato dalla solita traccia iniziale programmatica stavolta affidata alla voce profonda di Eduardo Galeano è il compimento di un percorso cominciato una decina di anni prima: non c’è più traccia di reggaeton, anche se un paio di ballabili rimangono, ma è tutto un amalgama di stili e generi musicali e poetici all’insegna della contaminazione. Come Residente stesso dice in Gato que avanza, perro que ladra[3]:

Nosotros somos la fusión
somos una combinación diferente que provoca discusión
Para darles una definición general
la Calle 13 es transexual
es la mezcla de más de un genero musical.
donde nuestro formato literario pretende
hacer cuentos cortos en forma de rap
que todo el mundo entiende.

Noi siamo la fusione, siamo una combinazione differente che provoca discussione, per dare una definizione generale, la Calle 13 è transessuale, è il miscuglio di più di un genere musicale, dove invece il nostro formato letterario intende fare racconti brevi in forma di rap che tutto il mondo capisce.

Un manifesto chiaro e definito, che dà la forma finale a un gruppo destinato a sciogliersi.

7. Somos Anormales

Para mí lo más importante de un proyecto artístico es el concepto. El concepto de este proyecto es bien sólido.

Finita la tournée del disco Multi_Viral, il trio annuncia la separazione: è come una doccia fredda per i fan di tutto il mondo che si chiedono cosa sia successo. Non ci è dato saperlo e francamente mi interessa anche poco, l’importante è che i tre continuano a lavorare in modo separato: la prima è Ileana che, abbandonato il soprannome vietato ai minori, lancia subito il suo primo notevole album solista con il nome di iLe; Eduardo invece continua il lavoro di produttore per altri artisti, già cominciato negli ultimi anni. E René?

René si mette in viaggio: ha in mente un progetto dalle proporzioni epiche e ci tiene a farcelo sapere, disseminando indizi e indiscrezioni sui social e sul suo nuovo sito.

Ai primi di gennaio del 2017, lancia il suo primo singolo con il nome di Residente: Somos anormales. La prima cosa che vediamo nel video è un’enorme vagina, una madre primordiale da cui escono una serie di figli che avrebbero fatto la felicità di un freak circus del secolo scorso: il messaggio è chiarissimo, Residente vuole parlarci della diversità.

E lo farà attraverso la genetica.

Al singolo segue un concept album accompagnato da un documentario di quasi due ore dal nome programmatico: Residente, a sottolineare l’indipendenza, la continuità con il passato e soprattutto il carattere estremamente personale dell’album. Ma qual è il concetto che sta dietro al progetto? Qualche anno prima Residente ha deciso di fare un test del DNA, di quelli estremamente accurati, per rivelare le sue origini genetiche: ora, se un test del genere lo facessi io probabilmente non andrei molto più in là del Mediterraneo, ma un boricuo[4] nato nell’isola-porta dei Caraibi ha un patrimonio genetico capace di far impazzire l’antropologo più brillante. Residente decide di visitare tutti i luoghi chiave della sua mappa genetica e trasformarli in musica. E così fa: Russia, Ghana, Francia, Cina, Burkina Faso, Spagna, Niger, Georgia e Armenia si fondono con le radici caraibiche e creano un racconto che si svolge uniforme nella sua collezione di diversità.

8. Guerra

La guerra pierde todas sus luchas cuando los enemigos se escuchan.

Quello che rende così ben riuscito quest’album probabilmente è la sua collaborazione in senso stretto con artisti di tutti i tipi, dai nomi più conosciuti alle cantanti di night club di Pechino. L’album viene aperto dal solito intro, narrato stavolta da nientemeno che Lin-Manuel Miranda, uno degli attori e produttori di spicco di Broadway e della Disney è lui ad aver scritto il musical Hamilton e le canzoni di Oceania. Tutto molto bello, ma cosa c’entra una persona del genere con Residente? È suo cugino. Pare che non lo sapessero nemmeno loro fino a qualche anno fa, ma una sera che Lin-Manuel era andato a sentire un concerto dei Calle 13, li aveva raggiunti nel backstage ed era stato immediatamente riconosciuto dalla mamma del trio: «Tu devi essere il nipote di Wisin Miranda! Come faccio a saperlo? Ma se hai la sua stessa faccia!». Alle madri non sfugge nulla.

E così dopo l’intro da brivido rappato dal cugino, si snodano una serie di storie create sul posto con le persone del luogo, pensate per raccontare la loro storia: si parla di amore, di identità, di futuri distopici e presenti di lotta, passando dagli organi delle cattedrali spagnole alle diplofonie mongole, per finire con una bellissima canzone dedicata a Porto Rico.

Il brano forse più potente è Guerra: il titolo la dice tutta, Residente ha deciso di scrivere la canzone con la collaborazione di tre popoli in guerra tra di loro, rischiando anche parecchio durante la registrazione. Nella canzone possiamo sentire un coro ceceno sommarsi ai tamburi dell’Ossezia del Sud e alla bandura georgiana; il tutto accompagnato da un video dal forte impatto emotivo, diretto come tutti gli altri da Residente stesso.

9. Sexo

Esto es dedicado para Sigmund Freud y Judith Butler: pa’ que la meneen.

Dopo il grande lavoro di Residente, René non ha più lavorato a un album intero, ma ha fatto uscire una serie di singoli molto interessanti: alcuni come Mis disculpas e La catedra nati come puro dissing e sfoggio di eloquenza, altri dal carattere politico, come Afilando cuchillos. Ma i meglio riusciti secondo me sono quelli che parlano di sesso, uno dei temi preferiti dall’artista: fin da quando studiava a Barcellona infatti, aveva indagato il rapporto delle persone con il sesso, vincendo il secondo premio ad un festival di cinema indipendente a Madrid con un corto dal nome eloquente, S=emp2 (sexo = energía x masa x placer2).

Quello che mi piace del suo modo di trattarlo non sono tanto i dettagli volutamente scabrosi che era pronto a fornire in gioventù, ma l’aspetto autoironico e scanzonato con cui lo propone, lontanissimo dai tropi del reggaeton e della trap latina. Già nel documentario Sin mapa aveva denunciato la ridicolizzazione degli omosessuali in un programma peruviano, ma in brani come Sexo, scritto a quattro mani con il produttore internazionale Dillon Francis, o Hoy, uscito appena settimana scorsa, lo vediamo trasmettere un messaggio universale: nei suoi video c’è rappresentazione di genere, di colore, di fisico e di orientamento sessuale senza la pedanteria tipica di alcuni attivisti di settore; ci sono corpi di tutte le forme che si sommano in un rituale che viene privato di ogni connotazione morale o di potere.

Nel singolo estivo del 2019, Bellacoso, sceglie poi di collaborare con una delle figure più rivoluzionarie all’interno del mondo trap contemporaneo: l’amico Bad Bunny, personaggio tanto ambiguo e lontano dagli stereotipi di genere, quanto perennemente sulla cresta dell’onda negli ultimi anni. Bellacoso, accompagnato da un video davvero curato, è un inno all’eros divertente e divertito, che ci ricorda che l’unica regola è il consenso: «como inodoro público, un perreo asqueroso, bien bellacoso, pero sin acoso»[5].

10. René

Quiero volver a sentir, a cuando no tenía que fingir, yo quiero volver a ser yo.

Qualche mese fa però, René ha fatto uscire dal nulla una narrazione audiovisiva: un video che sembra un cortometraggio, una canzone che sembra una confessione. Se un assaggio di forte introspezione ce l’aveva dato qualche anno fa con Adentro, con René sembra mettersi completamente a nudo.

Lasciata da parte l’autoironia e la militanza, questo uomo ormai di mezz’età ripercorre la sua vita in musica: le difficoltà, i successi, la morte del suo migliore amico d’infanzia, ucciso in circostanze mai chiarite dalla polizia; il suo divorzio e i suoi problemi di depressione che lo portano a passare dall’entusiasmo alla disperazione senza soluzione di continuità; ma anche il sorriso del figlio e il sostegno costante della madre, che accompagna la canzone con la vecchia litania cabeza, rodilla, muslos y cadera, cabeza, rodilla, muslos y cadera…

Anche un anziano Rubén Blades, protagonista via radio della sua infanzia e ora amico e collega, sottolinea la drammaticità del momento con un finale da brivido.

È chiaro che il video e la canzone sono pensati per commuovere e smuovere, perché Residente nasce regista e si vede. Ma guardandolo non posso fare a meno di pensare che sono pochi gli artisti davvero in grado di usare la propria vita, nel bene e nel male, e di trasformarla in un’opera d’arte dal sapore così diretto e sincero.

Io personalmente continuo a pensare che non siano in pochi ad essere capaci di fare buona musica, musica raffinata e ben pensata, ma che la capacità di colpire e di smuovere – al netto di sbavature e cadute di stile – sia più rara.

Ed è per questo che oggi vi ho raccontato di René Perez Joglar, in arte Residente.

 

P.S. Come per gli articoli precedenti, vi lascio con un’undicesima canzone: Muerte en Hawaii, un esercizio di stile fresco e simpatico che riesce contemporaneamente a burlarsi delle hit estive ed essere una di quelle. Da ascoltare obbligatoriamente guardando il video.

 

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Andrea Poletto
Andrea Poletto

Sono nato una mattina del 1992: qualche ora dopo è morta Marlene Dietrich. Sono sicuro che il destino voglia dirmi qualcosa con questo, ma cosa di preciso non l’ho ancora capito. Ho cambiato più lavori che paia di scarpe prima di arrivare a insegnare lingue, ma ora intendo continuare a camminare su questa strada. Scrivo storie, articoli e canzoni, ma niente di serio.