Cenni su Pericle: le macerie di ieri e di oggi

Pericle copertina

Pericle, uomo politico del V secolo a. C, fu a capo del partito democratico di Atene dal 461 a. C e per un trentennio fu la guida della più potente polis greca, caratterizzandone così tanto la vita politica e culturale da dare il suo nome ad un intera epoca: l’Età periclea.

Sin dalle origini, l’opera di Pericle ha suscitato reazioni e giudizi contrapposti: Tucidide, storico vissuto nella seconda metà del V secolo a.C., gli riconosce qualità superiori alla totalità degli uomini politici del tempo e una viva attenzione  per gli interessi dei propri cittadini. Aristotele, filosofo del IV secolo a.C., ne critica la forma di governo adottata: la Democrazia Radicale, una realtà nella quale, benché indirizzati da un leader, sono gli stessi cittadini ateniesi a comandare.

Al di là del fiume di parole scritte su Pericle, sulla sua figura e il suo operato, ciò che mi preme sottolineare è l’amore di un uomo per la propria patria, l’interesse per il bene dei cittadini che si concretizza nell’istituzione di una paga per i diversi operatori statali, l’importanza riconosciuta al teatro, mezzo di diffusione culturale di primaria importanza in Grecia, il suo essere alieno alla corruzione pur in un mondo politico permeato da interessi, il più delle volte esclusivamente economici e di fazione.

Certo sono presenti anche degli elementi negativi nel suo operato: pur non essendo un demagogo, pur non essendo un tiranno, il potere rimase concentrato nelle sue mani e fu così sino a quando il popolo di Atene lo accettò come figura portante della sua città, in un governo che lo stesso Tucidide (e più tardi Plutarco, biografo di età romana) riconosceranno come suo, come il governo del migliore. Renderà Atene così potente da sgretolare il fragile equilibrio del mondo greco, distrutto e spento dal conflitto più grande combattuto dai greci contro altri greci: la Guerra del Peloponneso.

Thomas Cole, Il corso dell'impero - Il compimento dell'impero, 1836
Thomas Cole, Il corso dell’impero – Il compimento dell’impero, 1836.

I paragoni con la situazione politica attuale, italiana ed estera, sono molto difficili da fare, perché la realtà in cui operò Pericle, il sistema di valori e i principi morali, sono molto diversi. Rimangono tuttavia alcune costanti: l’agire politico di Pericle mirava al benessere dei cittadini e a rendere grande e potente la propria città, obiettivo che sembra smarrito dall’attuale classe dirigente italiana

È vero: Plutarco ci dipinge un uomo quasi totalmente scevro da difetti, forse un po’ troppo rigido, certo un modello da stimare e imitare e tace quasi totalmente i suoi rapporti poco chiari con i suoi rivali politici, la durezza che in determinate occasioni dimostrò, sottolineandone dunque solo la grande onestà politica e la coerenza dell’agire.

La supremazia ateniese sarà tuttavia ottenuta a caro prezzo: guerre, battaglie contro più nemici tingeranno di rosso il mediterraneo orientale come oggi è lordata di sangue la striscia di Gaza, l’Iraq e quasi tutto il Medio Oriente.

La guerra è un’altra costante di questi due mondi così lontani nel tempo, mai soffocata in Grecia durante l’egemonia ateniese come mai realmente cessata in Medio Oriente da più di un secolo a questa parte. Sicuramente la guerra vestì un ruolo importante nell’agire politico pericleo così come la politica culturale che l’ateniese perseguì durante il suo regno: è difatti questa l’età dello storico Erodoto e del tragico Sofocle e di molti altri di cui non serbiamo memoria. Nonostante le ostilità e le violenze che assediavano l’Ellade, Pericle mantenne alto il vessillo della cultura, fiero di essere istruito, colto e ateniese (a discapito della rivale Sparta, dedita esclusivamente al culto guerresco).

Leo Von Klenze, Acropoli di Atene, 1846
Leo Von Klenze, Acropoli di Atene, 1846

A mio avviso cultura e guerra non possono coesistere, convivere negli stessi luoghi o nello stesso petto, ma è così da sempre: sono due facce dell’uomo, due facce opposte e contrastanti. La cultura è infatti amore per gli uomini e per le loro opere, per la bellezza, per la pace (e sicuramente per molto altro).

Pericle rese eterna Atene anche per la sua cultura e per le idee che in essa circolavano, idee di carattere politico e filosofico. Oggi, in Italia, la cultura stenta a crescere, a diffondersi e a sommergere tutto e tutti nel suo mare così dolce. Colpa del Governo? Di scelte poco felici prese negli ultimi anni? Di Riforme dell’istruzione che hanno sempre più abbassato la qualità dello studio? Non saprei rispondere pienamente a queste domande, ma di una cosa sono certo: il primo cambiamento deve avvenire in noi, in NOI deve nascere l’int/eresse e l’amore per tutto ciò che è cultura, per la nostra storia, le nostre tradizioni e le nostre radici.

Oggi, nell’immediato presente, girovagando tra siti archeologici decadenti, tra le domus della pietrificata Pompei o le sterpaglie dell’incolta Selinunte, potremmo scorgere, tra l’incuria, la sporcizia e le macerie, Pericle, uomo innamorato dell’arte, incredulo e sgomento per il disastro culturale che sta divorando le bellezze italiane.

 

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In copertina: Thomas Cole, Il corso dell’impero – Distruzione, 1806


Per approfondire:
Plutarco, Vite parallele- Pericle e Fabio Massimo, cura e traduzione di Anna Santoni, testo greco  fronte, BUR

Redazione: Salvatore Ciaccio
Salvatore Ciaccio

Nato a Sciacca in provincia di Agrigento nel 1993, ho frequentato il Liceo Classico nella mia città natale per poi proseguire gli studi a Pavia, dove mi sono laureato in Lettere Moderne con una tesi dedicata all'architettura normanna in Sicilia.