Kofi Awoonor, la sua poesia, l’ombra del terrorismo

Piet Mondrian Albero rosso

Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone: tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali siete discordi.

(Corano, Surah 5, versetto 48)

«Scriviamo»

«Scriviamo. Cosa scriviamo?»

«….»

«Stanno già scrivendo tutti. Hanno già scritto tutti. Cosa scriviamo, pure noi? E poi… Ci sarebbe da parlare di molto altro… Si finirebbe per fare politica. Dai retta a me, non scriviamo»

«Ma non ti ricordi?»

«?»

«Sì, dai, non ti ricordi che la letteratura serve proprio a questo?»

«La letteratura… sembra una cosa finta, adesso… un passatempo»

«Forse. Ma te lo ricordi Ungaretti? Il primo Ungaretti, quello della pietra del S. Michele? È questo, la poesia. Il setaccio della Storia. Il fiume passa, ma qualcosa rimane. E questo qualcosa si ferma nel setaccio della poesia, il poeta lo raccoglie»

Bataclan
Un pianista suona davanti al Bataclan dopo l’attentato del 13 novembre

«È quello che, a prescindere dalle epoche e dalle mode, rimane… è ciò che ci rende umani»

«Di più, viventi. Ricordi?»

«Sì, ricordo. Ora sì. Ma come… di che cosa…? Io non ho la testa, in questo momento, non ci sono… stavo leggendo le poesie d’amore di Jiménez, per sfuggire a tutto questo…»

«Male. Molto male. Non si legge per consolarsi. Si legge per sapere che si può ancora amare. Non so se ti ricordi, il 21 Settembre 2013. No, eh? Eh, ci si ricorda sempre quello che si vuole. E poi… ad un certo punto, eccoci qui, e tu ti chiedi perché, ma non capisci. Non capisci perché di Beirut, dello Yemen cosa sai… ti sei perso le puntate precedenti… eh, sì, scusa, hai ragione, sono una brutta bestia e dovrei zittirmi, che poi sconfiniamo altrove… Ma questo nome, Kofi Awoonor te lo ricordi? No? Davvero? Forse questa poesia può aiutarti.

La cattedrale

Su questa terra sporca
un tempo sorgeva un albero
che diffondeva incenso sul granturco appena nato:
i suoi rami si estendevano attraverso un paradiso
rischiarato dagli ultimi fuochi di una tribù.
Poi mandarono geometri e costruttori
a tagliare l’albero
e piantare al suo posto
un’immensa insensata cattedrale della sventura.

(AA VV, Viaggio nell’anima nera – frammenti d’Africa in poesia, Associazione culturale Senegal, 2014, p.41)

Je suis Charlie

Ah, adesso ti ricordi? Eh, bravo, bravo… Sì, Kofi Awoonor, il grande poeta ghanese. È forse la sua poesia più celebre. La senti? Lo senti, dentro, cos’è la poesia? L’albero, come quella bella frase di Marguerite Yourcenar: “Le radici affondate nel suolo, i rami che proteggono i giochi degli scoiattoli, i rivi e il cinguettio degli uccelli; l’ombra per gli animali e per gli uomini; il capo in pieno cielo. Conosci un modo di vivere più saggio e foriero di buone azioni?”, e poi la cattedrale, costruita da spettrali e hitleriani geometri, in nome di un ordine disumano, di una falsa speranza di civiltà. Ecco. Kofi Awoonor era in Kenia, per un grande festival di letteratura. Si trova in mezzo ad un attentato da parte di Al-Shabab, un gruppo terroristico affiliato ad Al-Qaida. Viene ferito, morirà in ospedale.»

«Profetico»

«Già»

«Dici che devo scrivere di questo? Dell’ISIS… una grande cattedrale della sventura… questo hanno fatto della religione…»

«Questo hanno fatto del sacro, ancor più della religione. Il sacro: quel rapporto di arcano mistero con ciò che ci circonda. Questo li condannerà per sempre. Noi lo sappiamo, quanto il sacro è importante. E ci sono dei valori che sono sacri, e non si toccano. Chi li viola, chi viola ciò che ci rende vivi, che poi è questo il vero miracolo, la vera divinità…  chi viola tutto questo, è condannato per sempre. Noi, che scriviamo, viviamo nel sacro, la poesia è il sacro. Come l’albero. Come i fuochi della tribù, gli ultimi fuochi che si stanno spegnendo»

«…e loro, loro, questi bastardi, sono solo loro la causa di tutto questo…»<

Sguardo occhi negli occhi. L’altro lo guarda tristemente.

«Ne sei sei proprio sicuro?»

«…»

Gabriele Stilli
Gabriele Stilli

In tenera età sono stato stregato da quelle cose che si scrivono andando a capo spesso, e gli effetti si vedono ancora. Mi sono rassegnato, da diversi anni, a includere l’arte tra le discipline umanistiche e non nel rigoroso ambito delle scienze. Nutro ancora qualche dubbio, però.