Paolo Cognetti, Le otto montagne

Le otto montagne, di Paolo Cognetti

Mi sono approcciata a Le otto montagne senza nessun tipo di aspettativa. Non sapevo cosa avrei trovato tra le pagine del libro di Cognetti: un romanzo? Un compendio su come ci si comporta in montagna? Il resoconto di un’esperienza di qualcuno realmente esistito? Non avevo letto la trama né mi ero mai dedicata ad altri libri dell’autore. L’unica cosa che sapevo era che tutti quelli che conoscevo e che l’avevano letto ne erano rimasti sinceramente entusiasti. E così mi ci sono dedicata anche io, come dicevo senza nessuna aspettativa stilistica o narrativa, ma con la sincera speranza di non rimanerne delusa. E così è stato. Wow. Dopo le prime pagine appare subito chiara una cosa: Le otto montagne è un libro sull’amore. L’amore viscerale che ti lega a una terra, che sia quella natale o quella incontrata per caso nel corso della vita; amore per uno stile di vita, per un sogno nel cassetto, amore per la propria storia.

Pietro vive a Milano con i suoi genitori. È un ragazzino solitario, senza tanti amici, che cresce con i racconti del padre e della madre e con il loro amore per la montagna, dalla quale sono dovuti andare via anni prima in cerca di una vita migliore. Proprio questa passione porta la famiglia a trovare una piccola casa in un paesino vicino al Monte Rosa, Grana. Pietro ci va per obbligo, per volere altrui, non sa ancora che proprio lì tra quelle montagne passerà alcuni dei momenti più intensi della sua vita insieme a una delle persone per lui più importanti, Bruno, amico d’infanzia più volte ritrovato anche se mai veramente perso. I due crescono e spesso prendono strade differenti, sorte dettata anche dalla diversa vita che i ragazzi conducono e delle rispettive famiglie. Ma nonostante tutto, anche a distanza di anni, è sempre lì all’ombra del Monte Rosa che i due si incontrano ed è sempre lì che all’età di trent’anni si troveranno a lavorare insieme a un progetto che li unirà indissolubilmente e per tutta la vita.

Pietro e Bruno, Bruno e Pietro. Così simili e allo stesso tempo così diversi, l’intellettuale che si professa alternativo e che cerca di guadagnarsi da vivere girando documentari e rifiutandosi di seguire la strada che il padre avrebbe voluto per lui, e il montanaro che per le sue cime morirebbe e che non potrebbe immaginarsi in nessun altro posto.

Paolo Cognetti Le otto montagne

Pietro non si sente come i suoi genitori e come Bruno, eppure per un motivo o per l’altro si ritrova sempre li, alle pendici di quel monte che contiene così tanti ricordi e che ogni volta lo attrae come un magnete. Forse vorrebbe non fosse così, eppure anche lui ama quelle montagne anche se in un modo diverso dalle persone a lui più care. È un modo di amare tutto suo, dettato dal sentirsi diverso e fuori posto, dalla sua voglia di distinguersi e sentirsi se stesso.

Il romanzo, diviso in tre sezioni, ripercorre la vita del protagonista come un diario segreto e personalissimo, arrivando addirittura ad essere qualcosa di più: una sorta di Bildungsroman contemporaneo che mostra tutta la fragilità di un bambino, di un ragazzo, di un uomo, che lotta con tutto se stesso per trovare la propria strada e il proprio io, per arrivare a scoprire poi che per ottenerlo doveva andare meno lontano di quello che pensava.

Pietro come incarnazione dell’uomo moderno, che vuole emanciparsi delle proprie origini e sradicare le proprie radici ma che allo stesso tempo capisce che il segreto della vita è tutto lì, in quel principio genuino e naturale da cui si cerca di scappare.

Un libro semplice e profondo, dolce e amaro, leggero e complicato.

Un libro che si fa leggere tutto d’un fiato e che solo alla fine si svela per quello che è, una metafora della vita.

Nella scorrevolezza e genuinità della prosa di Cognetti si nasconde quindi qualcosa di più complesso, un cammino nel quale è facile per tutti immedesimarsi, poco importa che si ami la montagna o si preferisca il mare.

Ho letto l’ultima frase e girato l’ultima a pagina, sono tornata indietro sfogliando tutto il libro mentre riflettevo sul mondo racchiuso in quelle 200 pagine. L’unica speranza che avevo era stata decisamente rispettata.

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