Benedetta Tobagi, la resistenza delle donne

Museo Nazionale Resistenza Donne

È trascorso da un mese il 25 Aprile, e da qualche anno è considerata una ricorrenza scomoda per una parte del Paese, che non si riconosce più nei valori espressi dalla resistenza alle forze nazi-fasciste. Per questo ringrazio Benedetta Tobagi per aver scritto questo meraviglioso libro, La Resistenza delle Donne, edito da Einaudi, vincitore del Premio Campiello 2022, in cui a parlare di resistenza sono le donne con le loro storie e con i loro volti.

È stata una cosa naturale. Ho fatto quello che c’era da fare.

Rispondono quasi tutte con queste scarne parole, le donne impegnate nella Resistenza dopo l’8 settembre del 1943, quando vengono intervistate. Ce lo fa notare la Tobagi fin dalle prime pagine del libro, perché suona strano quel termine, naturale, riferito a una guerra combattuta con ogni mezzo e ogni arma, detto dalle donne. Non certo quelle eroiche dell’immaginario epico, ma le contadine, operaie, intellettuali, religiose e tranquille signore borghesi. Sono di tutte le classi sociali che, dopo la firma dell’armistizio e la reazione violentissima dell’esercito tedesco, sentono arrivato il momento di scendere in campo, per difendere i loro uomini, i loro figli.

Imbracciano armi, pedalano sulle biciclette con forza, su strade impervie e piene di pericoli per portare dispacci, armi, cibo e vestiti ai combattenti, che cuciono con stoffa rimediata, s’improvvisano infermiere e medici chirurghi le semplici infermiere, salvando migliaia di vite. Partecipano alle riunioni di partito e studiano per allargare i loro orizzonti.

Nella Resistenza, la donna si scopre non solo libera, ma piena di risorse e capace di farsi valere.

Valentino Petrelli, "Gappiste a Milano". Foto propagandistica scattata in via Brera a Milano
Valentino Petrelli, Gappiste a Milano. Foto propagandistica scattata in via Brera a Milano, divenuta simbolo della Resistenza.

Alle donne del popolo non era consentito di studiare oltre la terza elementare, la Resistenza fu un’occasione per ricominciare a studiare, tanto che molte di loro, dopo la guerra, hanno potuto migliorare la condizione sociale e lavorativa. Lo studio, l’impegno e la cultura sono i presupposti per la costituzione di uno Stato democratico e libero. Sono i grandi ideali che ha incarnato la Resistenza e che a giusta ragione la Tobagi viene a riproporre, visti e vissuti dalla parte femminile, in questo momento delicato della nostra storia presente, fatto di guerre diffuse e di democrazie in grave affanno.

La conoscenza è impegno, è consapevolezza ed è in questo clima che le donne troveranno per la prima volta la forza di unirsi, di ribellarsi e di sfidare il loro tempo.

E noi cosa stiamo facendo per il nostro di tempo?

Leggendo questo libro, sembra quasi che queste donne ci esortino a uscire fuori dalla nostra acquiescenza borghese, molle come le nostre pingui carni.

Le donne furono protagoniste, da subito, di molteplici forme di lotta.

Benedetta Tobagi, storica e scrittrice, fa giustizia a tutte queste eroiche combattenti, cui dobbiamo la nostra libertà, in questo periodo storico dove sembra aver perso valore, solo perché svilita da un consumismo capitalista, che la mercifica.

Partigiani a Firenze dopo la Liberazione
Partigiani a Firenze dopo la Liberazione

Non ho conosciuto donne che dalla città abbiano scelto di unirsi alle bande di montagna… ho conosciuto invece un diffuso protagonismo femminile che, senza nemmeno mai impugnare un’arma, creò un nuovo modo di interpretare la presenza delle donne.

A raccontare questo è Bianca Guidetti Serra, una partigiana, intellettuale e a capo dei Gruppi di difesa della donna, che diede un contributo essenziale alla lotta, i cui racconti ritornano spesso nei vari capitoli del libro, insieme a quelli di Teresa Vergalli e Ada Gobetti.

Quante storie abbiamo letto sui partigiani, quanti scrittori illustri ci hanno appassionato con i loro racconti. Poco o nulla hanno scritto le donne che, finita la sbornia della Resistenza, dopo il 25 aprile hanno fatto ritorno alla loro vita di sempre, confinate ai margini della storia. Mentre gli uomini sfilavano in prima fila e si raccontavano nei modi più svariati, le donne hanno dovuto attendere le lotte femministe della fine degli anni Settanta, per cominciare a rialzare la testa.

Non che non vi fossero personalità femminili di spicco, il libro della Tobagi ci racconta storie ammirevoli e ammirabili, scritte da donne, alcune delle quali hanno caratterizzato la politica parlamentare, l’imprenditoria e la cultura del secondo dopoguerra. Alcune di loro furono elette come membri dell’Assemblea Costituente e non è un caso che abbiamo una Costituzione perfetta, che è il nostro bene più prezioso e tanto in pericolo.

…l’educazione impartita loro all’epoca – nemmeno fascista, ma addirittura ottocentesca, dicono – le rendeva tremendamente inibite.

donne nella resistenza

Questo libro ci fa conoscere tante eroiche donne, che hanno messo a repentaglio la loro vita o che l’hanno persa brutalmente. Donne che ci rendono fiere di appartenere al genere femminile, perché sono riuscite a vincere e superare difficoltà inimmaginabili per noi. Pedalare in strade di montagna con la neve con la gonna, i calzettoni e scarponi consumati dal tempo, noi che non sopportiamo freddo o caldo, abituate ai nostri microclimi fasulli. Correre imbracciando un mitra fra rovi e dirupi scoscesi con gonne e scarponi rimediati, i capelli tagliati alla meglio e le gambe piene di graffi, poi sorridere davanti al fotografo con la bellezza e la fierezza della gioventù.

Noi, che oggi abbiamo il problema della perfezione della bellezza, che fa girare fiumi di denaro, spesi da ragazze giovanissime alle prese con bisturi e punture di botulino o simili, dovremmo fermarci a guardare queste foto, le dovremmo ingrandire nelle classi. Dovremmo mettere le nostre adolescenti tutte unghie, trucchi e parrucchi a guardare con attenzione le foto di queste ragazze dal volto fiero senza trucco, senza null’altro che la voglia di vivere la propria giovinezza e di lottare per la libertà.

Ragazze che hanno dovuto sopportare la prevaricazione patriarcale e il pregiudizio. È molto interessante il capitolo nel quale la Tobagi racconta della drammatica questione degli stupri, che sono rimasti per lo più sottaciuti. È esaltata la purezza e il sacrificio estremo anche nei dispacci del partito comunista, mentre si sottovaluta il dramma della violenza carnale, che purtroppo rimane una piaga sempre sanguinolente.

Gli uomini non riusciranno mai a capire perché alcune di noi, di fronte alla violenza carnale, ci immobilizziamo. Quella mancanza di reazione è alla base del pregiudizio che ha sempre accompagnato le vittime di stupro, che solo nel 1996 è stato considerato reato. La non reazione significa acquiescenza, forse pure piacere ed è per questo che molte donne non hanno denunciato e non denunciano tuttora, perché ci vuole coraggio ad affrontare questo mondo tutto declinato al maschile.

Tu non vieni sennò ti prendiamo a calci in culo! La gente non sa cosa hai fatto in mezzo a noi e noi dobbiamo qualificarci con estrema serietà.

benedetta tobagi la resistenza delle donne

Questo è quanto dissero alla partigiana garibaldina Trottolina, che anima diverse pagine del libro, alla fine della guerra, nel momento di scendere a gustare il sapore dolce della vittoria e della libertà.

Erano state preziose ma ora non servivano più, anzi erano quasi uno scandalo e allora come intitola il capitolo Benedetta: Zitte e buone. Ada Gobetti, moglie di Piero, grande partigiana, intellettuale descrisse questa situazione con le parole migliori:

Confusamente intuivo che incominciava un’altra battaglia: più lunga, più difficile, più estenuante, anche se meno cruenta…

Ci sono voluti quasi vent’anni dalla fine della Resistenza, perché si cominciasse a parlare della partecipazione attiva delle donne. In questi anni a forte influenza clericale e centrista, le intellettuali partigiane hanno lavorato per portare avanti l’emancipazione femminile con l’U.D.I. (Unione Donne Italiane), nato sulle ceneri dei Gruppi di Difesa delle Donne.

La nutrita presenza di fotografie, frutto di un lavoro certosino della nostra Benedetta, arricchisce la narrazione che, nonostante l’argomento piuttosto spinoso, è piacevole e a tratti divertente.

 


Benedetta Tobagi, classe 1977, figlia del giornalista Walter vittima del terrorismo, è laureata in Filosofia e Storia, ha condotto trasmissioni radiofoniche per la Rai e collabora con il quotidiano La Repubblica. Si occupa di progetti didattici e di formazione del corpo docente sulla storia del terrorismo. Ha all’attivo sempre per Einaudi altri libri tra storia, filosofia, etica e sentimento la Tobagi studia il suo tempo da protagonista e con le sue parole ci appassiona e ci incoraggia così come lo fa con il suo sorriso aperto e franco.

Se l’articolo ti è piaciuto, leggi anche L’amore poderoso, di Oria Gargano.

Silvia Leuzzi
Silvia Leuzzi

Ho un diploma magistrale e lavoro come impiegata nella scuola pubblica da oltre trent'anni. Sono sposata con due figli, di cui uno disabile psichico. Sono impegnata per i diritti delle persone disabili, delle donne e sindacali. Scrivo per diletto e ho al mio attivo tre libri e numerosi premi di poesia e narrativa.