A tutti sono noti i dipinti di Raffaello, ma solamente pochi conoscono la sua attività nelle vesti di architetto, trascurata maggiormente anche dalla critica. Questo indubbiamente è segno di quali siano gli interessi primari degli storici dell’arte, ma sull’argomento ci sono anche problematiche ancora aperte, dovute soprattutto alla scarsezza di evidenze materiali: gran parte delle sue fabbriche sono infatti state modificate nel tempo oppure mai del tutto realizzate, mentre quasi l’intero corpus dei suoi disegni progettuali è andato perduto. È inoltre probabile che, in campo architettonico, Raffaello, ancor più che per le opere pittoriche, delegasse ai collaboratori gli aspetti più pratici della progettualità. E tutto questo è avvenuto con certezza anche per la più grande commissione che Raffaello ricevette: la prosecuzione dei lavori per la prima chiesa del mondo cattolico, la Basilica di San Pietro.
Per questo cantiere, l’artista scelse di progettare una pianta a croce latina, ovvero a corpo longitudinale. Ma che cosa lo spinge ad operare questa scelta? Raffaello aveva studiato gli edifici antichi a pianta centrale, aveva disegnato il Pantheon. Conosceva le opere di Bramante, suo predecessore nel cantiere, e di Francesco di Giorgio Martini. Conosceva probabilmente i disegni a pianta centrale di mano di Leonardo. Lui stesso disegna, a più riprese, piante centrali in opere pittoriche; lui stesso è architetto anche di edifici a pianta centrale. Siamo in un’epoca in cui la pianta centrale era considerata simbolo per eccellenza della perfezione divina. Perché dunque non realizzare una pianta a corpo centrale?
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo brevemente ciò che accade nella Basilica prima di Raffaello.
San Pietro, sede della tomba di uno dei primi martiri del mondo cristiano, nonché primo papa e fondatore della Chiesa, era originariamente una basilica paleocristiana a corpo longitudinale, di enormi dimensioni, con cinque navate. Già dalla fine del Quattrocento l’antica basilica si trovava in pessime condizioni conservative e i lavori di risistemazione si erano interrotti a metà Quattrocento. Servì il grande mecenatismo di papa Giulio II per far riavviare i lavori nel cantiere: nel 1499, infatti, Bramante lascia Milano, dove lavorava per Ludovico il Moro, e diventa capomastro del cantiere romano.
Nel 1505, Bramante realizza il progetto di riedificazione per la Basilica di San Pietro, a pianta centrale. Gli archetipi dei suoi progetti sono indubbiamente i martyria paleocristiani, in particolar modo gli edifici che aveva potuto vedere a Milano negli anni al servizio del Moro – una fra tutte la Basilica di San Lorenzo (V secolo) – e poi, più tardi, a Roma; qui ebbe modo anche di conoscere tutti gli edifici classici, tra cui il Pantheon. Bramante lesse inoltre Vitruvio e conobbe quindi i principi di teoria architettonica del mondo antico.
La sua prima prova in terra milanese di modello a pianta centrale è la Chiesa di Santa Maria Presso San Satiro; sarà proprio questa pianta che fungerà per lui come archetipo per la futura progettazione della nuova Basilica di San Pietro: una pianta a croce greca in un quadrato iscritto in un cerchio, con uno sviluppo su tre piani.
In questi anni, al fianco di Bramante, soggiornava a Milano anche Leonardo, che disegna numerosissimi edifici a pianta centrale, anche molto complessi e utopistici; si trattava di progetti puramente teorici che non saranno mai realizzati, progetti che si ispirano al Trattato di Filarete e alle opere di Bramante stesso. I suoi disegni, a loro volta, influenzeranno i futuri progetti di Bramante a pianta centrale, tra cui San Pietro stessa. Se infatti si confrontano alcuni disegni leonardeschi datati al 1489 con la medaglia coniata per l’inaugurazione di San Pietro su progetto bramantesco, sono evidenti talune consonanze.
Del suo progetto oggi abbiamo solamente pochissime testimonianze: un disegno, oggi conservato agli Uffizi, e una medaglia coniata per commemorare la posa della prima pietra, il giorno 18 aprile 1506.
Bramante muore nel 1514, prima di poter vedere i suoi progetti realizzati. Tuttavia, la sua pianta per la Basilica pietrina fu motivo ispiratore di altri numerosi edifici, realizzati sotto la sua supervisione o dai suoi successori. Tra queste la più significativa è la Chiesa di Sant’Eligio degli Orefici a Roma, in cui a collaborare al fianco di Bramante è, a partire dal 1509, proprio Raffaello.
È evidente che ci siano delle consonanze tra questo progetto e l’architettura dipinta della Scuola di Atene, realizzata proprio in questi anni: la scena raffigurata nel grande affresco è dunque probabilmente collocata in un edificio corrispondente ai progetti di Bramante per San Pietro; progetti che, del resto, Raffaello doveva conoscere con certezza, dal momento che lui ne sarà il diretto successore.
Un altro modello per la costruzione architettonica della Scuola di Atene potrebbe essere anche l’Incisione Prevedari, realizzata da Bramante nel 1481 a Milano. Non abbiamo certezza che Raffaello avesse potuto vedere direttamente quest’opera, ma echi della sua costruzione prospettica sono evidenti anche nella Cacciata di Eliodoro dal Tempio delle Stanze Vaticane.
Ereditata dunque l’impresa bramantesca, Raffaello progetta una pianta di tipo longitudinale, latina, non seguendo lo schema dettato dal suo predecessore e ponendosi in piena controtendenza con il tempo. Dei suoi progetti ci rimangono oggi solamente alcuni disegni parziali, mentre la pianta progettuale è riportata nella sua interezza all’interno del Terzo Libro del Trattato di Sebastiano Serlio.
L’urbinate aveva tutte le motivazioni per ispirarsi ad una pianta di tipo centrale: conosceva anzitutto i progetti a pianta centrale di Bramante per San Pietro, a cui fa esplicito riferimento in un suo disegno; a Sant’Eligio degli Orefici progetta insieme al maestro una chiesa a pianta centrale; nello Sposalizio della Vergine (Pinacoteca di Brera) del 1504, l’edificio che immagina sullo sfondo è un tempo esadecagonale, dunque centrale; lui stesso progetta la pianta centrale della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo a Roma nel 1513; aveva forse inoltre una qualche conoscenza dei disegni di Leonardo e, certamente, conosceva gli edifici classici romani, tra cui il Pantheon, a pianta centrale.
Eppure decide di affidarsi, per la più prestigiosa chiesa dell’intero mondo cattolico, ad una pianta longitudinale: perché?
È probabile che l’indicazione di realizzare una pianta a croce latina sia arrivata da papa Leone X o dalla sua cerchia: un edificio religioso a pianta longitudinale presenta difatti numerosi vantaggi di tipo liturgico, per le processioni, e per accogliere pellegrini da tutto il mondo cattolico; si tratta dunque di una scelta dettata da motivazioni essenzialmente pratiche.
Ma c’è di più. Nel 1513, quando Leone X era appena stato eletto pontefice, Martin Lutero, monaco e docente di Teologia a Wittenberg, inizia a mettere in discussione tutti i dettami della dottrina cattolica. Nel 1517 Lutero affigge le sue 95 Tesi sulle porte della Chiesa del Castello di Wittenberg; nei successivi tre anni le Tesi furono stampate e circolarono in tutta la Germania. Questo costrinse il papato a prendere provvedimenti, che arrivarono solamente nel 1520 con la bolla Exsurge Domine.
L’unità della Chiesa cattolica era dunque messa profondamente in crisi e si era forse manifestata la necessità da parte del papato di richiamarsi ai valori originari della Chiesa stessa. Recuperare i valori tradizionali significava dunque rifondare la chiesa delle origini: la basilica di dimensioni colossali a pianta longitudinale eretta da Costantino.
Non credo sia irrilevante, inoltre, che tutto questo avviene esattamente negli stessi anni in cui Raffaello progetta la Stanza di Costantino; si trattava dell’ultima stanza vaticana, la sala di rappresentanza pontificia, e Raffaello la dedica interamente agli episodi salienti della vita di Costantino. Si sta forse operando dunque una scelta di recupero, un vero e proprio omaggio alla figura di Costantino e alla sua politica in un momento di profonda crisi per la Chiesa di Roma.
Raffaello dunque, nella scelta “rivoluzionaria” di una pianta longitudinale, sembra essere stato spinto da una duplice motivazione: da un lato rifarsi ai modelli paleocristiani della Chiesa delle origini e dall’altro realizzare un edificio in grado di accogliere un maggior numero di fedeli da tutto il mondo, proprio in un momento difficile per l’unità della Chiesa cattolica.
Ciò che cambia tra il progetto bramantesco e quello di Raffaello è forse quel cruciale intervallo di tempo tra gli anni 1513 e 1517, anni protagonisti di un importantissimo avvenimento storico, anni che muteranno per sempre le sorti della Chiesa.
In copertina: Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504
Bibliografia per approfondire:
Raffaello 1520-1483, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 5 marzo – 30 agosto 2020) a cura di M. Faietti, M. Lanfranconi e con F.P. Di Teodoro e V. Farinella, Milano, 2020.
MURRAY Peter, L’architettura del Rinascimento italiano, Roma, 2000.
FROMMEL Christoph Luitpold, RAY Stefano, TAFURI Manfredo, Raffaello architetto, Milano, 1984.