musica atwood lockdown

La musica ci tiene uniti anche in questi tempi

La quarantena che tutti noi abbiamo trascorso in questa surreale primavera del 2020 ci ha cambiato sotto molti aspetti, dando ad ognuno la possibilità di prendersi una pausa dagli affanni quotidiani per concentrarsi sulle cose essenziali, le uniche indispensabili a renderci sereni. In questo strano gioco non tutti riescono, non tutti hanno il coraggio di riflettere sul presente e la pazienza di convivere con quel che ne scaturisce: ansie, dubbi, ispirazioni, cambiamenti interiori, crescita spirituale.

Molti di noi sono stati costretti a trascorrere intere giornate tra quattro mura, per infinite settimane, e qui le menti più fantasiose non si sono scoraggiate, ma anzi, hanno tratto vantaggio da quella che poteva essere una condanna che inesorabilmente, se non volta a proprio favore, ci avrebbe trascinato verso la tristezza, la paura e l’abbandono.

Ho voluto curiosare tra le vite di alcuni artisti, che hanno fatto della musica la loro arte prediletta, per capire come hanno affrontato la loro quarantena. La musica è socialità, senso di comunanza, l’arte che forse meno va d’accordo con la solitudine, ma nonostante questo molti di loro sono riusciti a portare avanti i loro progetti, semplicemente in modo alternativo e sorprendentemente originale.

Molti di voi hanno visto scorrendo le pagine dei social network, il video creato da numerosi musicisti famosi, che hanno riprodotto la canzone dei Foo Fighters Times Like These semplicemente attraverso la tecnica dello split screen, registrando ognuno presso il proprio studio o casa una parte di canzone. Il montaggio finale ha dato risultati sorprendenti e emozionanti.

Troviamo anche numerosi progetti non solo nel pop ma anche nella musica classica e nel rock: forse il senso di vicinanza e comunanza non è mai stato così forte come in questi mesi.

La tecnologia è stata una preziosa amica, permettendoci di accorciare, anche solo in astratto, le distanze. Anche per me è stato così, ho potuto “conoscere” Lorenzo D’Erasmo, percussionista dalle influenze orientali, e gli Atwood, gruppo alternative rock composto da Daniele Mammola, bassista e chitarrista, e Alice Grupallo, cantante. Vicini fisicamente (entrambi di Milano), ma lontani artisticamente, in tempi e contesti diversi, hanno saputo darmi una chiara visione del loro impegno e della loro volontà anche in momenti avversi, grazie alla passione che nutrono per la musica, rispondendo a tre semplici domande:

1. Come avete gestito tecnicamente la vostra produzione musicale in questi ultimi mesi (ispirazione, idee a confronto, passare dall’astratto al concreto)?

Atwood: Dal lato ispirazione, per fortuna per noi non è cambiato molto, nel senso che preferiamo partire da idee singole e poi svilupparle insieme, perciò abbiamo adattato il lavoro in sala su Skype. Ci confrontiamo sempre molto, su ogni singola idea, perciò abbiamo passato molto tempo in videochiamata, a sessioni di sei ore per volta!

Lorenzo: Tecnicamente la mia produzione musicale è stata gestita da un grande approfondimento. L’isolamento del lockdown, concepito da molti come una sorta di “prigione in casa” per me è stato al contrario redditizio e di molta ispirazione. La mia ragazza è turca ed è rimasta “bloccata” a Istanbul dalla famiglia e la mia famiglia vive in un’altra casa a Milano, quindi mi sono ritrovato da solo nel mio monolocale con davanti un serie molto lunga di giornate libere, e quindi ho fatto quello che mi riesce meglio: studiare, suonare, ricercare e approfondire.

2. Come avete interagito in questi mesi con le persone che abitualmente vi seguono? I social come vi sono stati di aiuto?

Atwood: In questi mesi abbiamo interagito con i fan cercando di creare contenuti interessanti e frequenti. I social sono uno strumento importantissimo a prescindere da tutto, e che noi teniamo in grande considerazione perché giocano un ruolo fondamentale nella costruzione del rapporto con la fan base.

Lorenzo: A livello di interazione pubblica ho avuto una grande fortuna che mi è capitata all’inizio della quarantena. Un mio amico che è parte del cuore organizzativo di Macao mi ha proposto di tenere una trasmissione mattutina che si chiamava e si chiama tutt’ora Buongiorno Mondi (vado in onda ogni mattina dal Lunedì al Venerdì dalle 10:00 alle 11:00). Per 1 ora di trasmissione suono in radio il mio abituale “riscaldamento” “warm-up” sugli strumenti. È lo stesso metodo di pratica usato dai suonatori di Tabla del Nord dell’India. Tramite un registratore (nel mio caso una app) viene trasmessa una melodia ostinata (il che vuol dire ripetuta, senza cambi, sempre identica) e il percussionista crea il suolo ritmico. La possibilità di avere una melodia ostinata è una qualcosa di fantastico perchè permette di praticare in modo molto vasto.

L’altra cosa che facevo era pubblicare diversi video su Instagram montati su split-screen. Suonando una famiglia di strumenti che si possono trovare in moltissime zone del mondo ho contattato (e sono stato contattato) su Instagram da diversi percussionisti per eseguire dei video in split screen di composizioni ritmiche nostre o di altri.

3. La vostra opinione personale (emotiva) riguardo il portare avanti progetti e attività creative che necessitano di confronto e rapporto sociale diretto in un momento in cui abbiamo dovuto creare una barriera intorno a noi stessi.

Atwood: Domanda davvero interessante, grazie. Al di là della personalità di ognuno, è innegabile che sia stato difficile, perché in fin dei conti il collante di una band è il poter lavorare insieme. Certo, l’abbiamo fatto da remoto, e comunque siamo riusciti a completare obiettivi che ci eravamo prefissati, ma non è la stessa cosa. Sicuramente questa situazione ha reso ancora più evidente quanto la musica sia un elemento che richiede le persone e la loro collaborazione.

Abbiamo però deciso di vedere il bicchiere mezzo pieno, e vivendo in un’epoca dove è necessario essere sempre collegati e reperibili, abbiamo sfruttato il periodo per comporre materiale nuovo, invece di sentirci “rinchiusi”. Ci siamo imposti di non darci per vinti e di sfruttare il tempo a disposizione anche per pensare a lungo termine, e magari occuparci di aspetti minori che normalmente verrebbero messi leggermente in secondo piano.

Lorenzo: La Musica, come tutte e forme di espressione artistica, come la natura e tutti i fenomeni naturali del mondo non hanno problemi ad arrivare a tutti. Non hanno un filtro che decide chi può guardarla, osservarla o percepirla. Il vento arriva sulla pelle di tutti, il suono arriva nelle orecchie di tutti. La grande possibilità che ci dà un’espressione, sia artistica che meno, è la possibilità di un dono che non chiediamo. Io personalmente non ho creato una barriera attorno a me stesso, dopo la quarantena anzi, ero ancora più felice di avere persone accanto.

L’aspetto che mi ha dato sconforto è stata la dimenticanza totale per il settore artistico nel nostro Paese in un periodo di crisi così grande. Io non credo nella politica, non sono interessato, quindi non sono neanche d’accordo a scioperi di musicisti o di artisti e cose del genere. Io mi definisco un Artigiano, quello che mi permette di vivere è la Musica e gli affetti che ho vicino. Portare avanti progetti per creativi e artistici a mio parere è bello se si ha qualcosa da dire, e in questo momento di cose da dire ce ne sono tante.


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